Episodi inquietanti e sensazione che la città sia diventata più pericolosa. Le statistiche dicono di no ma i colpi di pistola esplosi in aria, in pieno centro, sono segnali chiari. Come la volontà di tenere tutto sotto silenzio. Altrimenti la situazione diventa imbarazzante
Una delle scene cult di Gomorra, la serie televisiva, ispirata all’omonimo romanzo di Roberto Saviano, probabilmente più famosa, vista e dibattuta, in Italia negli ultimi 10 anni, è quella nella quale Sangue blu, interpretato dall’attore Napoletano Arturo Muselli, il capo della banda dei ragazzi emergenti, che vuole prendersi le piazze del centro di Napoli, e Forcella in modo particolare, per lo spaccio della droga, prima di andare a dormire, decide di dare un segnale ai confederati (la camorra vecchio stampo) che avevano gestito per anni quelle piazze prima di loro.
Attraversando via Toledo, il cuore di Napoli, con i loro scooter, cominciano a sparare decine e decine di colpi di pistola in aria, e contro i palazzi. Per dare un segnale. A tutti. Da quella sera, il centro di Napoli era diventata “roba loro” e tutti dovevano saperlo e rispettarli.
Sta succedendo lo stesso anche a Frosinone? Qualcuno, esplodendo colpi di pistola di giorno o di notte, manda dei messaggi di supremazia? Di padronanza territoriale a qualcun’altro?
Colpi di pistola e messaggi da mandare
La domanda è lecita. E la risposta non è scontata. Però è certo che a Frosinone qualcosa di anomalo da qualche tempo sta accadendo. Tanto anomalo che nelle ore scorse si è riunito in Prefettura il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica. È il massimo organo sulla pubblica sicurezza sul territorio.
Al di là delle dichiarazioni di facciata e delle promesse di intensificare i controlli, buone solo per tentare di rassicurare la popolazione. Ci sono due realtà oggettive che non possono essere negate. La prima: la criminalità sul territorio frusinate non è più la stessa di venti o trenta anni fa; al suo posto ce n’è un’altra che non nasce da sacche di disagio o dall’eterna contrapposizione tra guardie e ladri. Oggi la criminalità urbana di Frosinone è plasmata dai modelli televisivi e cinematografici ai quali ragazzini senza esperienza e senza stoffa si sono formati.
Tanto per essere chiari: se trent’anni fa qualcuno avesse sparato in aria nel centro di Frosinone, la questione sarebbe stata sistemata nel giro di poche ore. Non dalla formazione rivale. Ma da tutte. Che avrebbero mandato chiari ed inequivocabili segnali agli autori. Agitare le acque, compiere show, sollevare polveroni quando non serve è esattamente il contrario di ciò che voleva la vecchia mala. Perché è il silenzio l’alleato migliore. E se tutto sta in ordine nemmeno c’è bisogno di mettere troppe pattuglie in giro la notte.
Proprio Gomorra ricorda quei due ragazzini che iniziarono a fare rapine senza appartenere ad alcun gruppo, nella speranza che i clan si accorgessero di loro e li assoldassero; non avevano paura e spararono ad un poliziotto in borghese che avevano tentato di rapinare mentre era in auto con la fidanzata. I clan se ne accorsero, capirono che quei due facevano troppa caciara ed erano pericolosi per il sistema. Intervennero e sradicarono il problema. Per sempre.
Segnali che tardano ad arrivare
Per contro, va detto che il sistema di controllo del territorio oggi non è quello di trent’anni fa. A qualcuno appare più funzionale ed efficace questo. Fatto di telecamere ultra sensibili, capaci di registrare la targa che nessun carabiniere o poliziotto farebbe in tempo a leggere e memorizzare. Basato su reti di intercettazioni nelle quali ormai nessuno ascolta più nessuno: come insegna Giovannino Genchi, uno dei massimi esperti, si intrecciano i numeri e si capisce chi frequenta chi e solo dopo si va ad ascoltare cosa hanno detto. Spesso facendo tana.
Ma con la scusa che le telecamere e gli algoritmi fanno risparmiare risorse ci sono in campo sempre meno uomini per fronteggiare una criminalità sempre più diffusa ed estesa.
Trent’anni fa, dopo il primo sparo esploso nel centro di Frosinone, sarebbe partito il Reparto di Prevenzione da Roma ed avrebbe setacciato tutta la città andando a ficcare il naso proprio dove nessuno avrebbe voluto andassero. O sarebbe arrivato il Battaglione dei carabinieri per fare una rete di posti di blocco con cui paralizzare ogni movimento che non fosse più che rispettoso di ogni cavillo del Codice.
Oggi ci accontentiamo di avere le informazioni dalla vigilanza privata e lo passiamo come un grandissimo risultato. Come se non fosse già un dovere civico a prescindere da codificazioni che aggiungono solo altri codicilli ed appigli per fare o non fare.
Le indagini con la suola delle scarpe
In queste ore è stata tolta la polvere a tutte le vecchie carte. per poter dire che prima si stava peggio ed oggi ci sono meno reati. C’è chi è andato a spulciare la relazione dell’Antimafia e chi si è fatto scudo di quella della Dia: come se dicessero cose diverse. Sono l’una la copia dell’altra dal momento che si basano sempre sulle stesse relazioni di servizio.
C’è chi è andato a ritrovare in edicola l’Indice della criminalità in Italia 2022 elaborato dal Sole 24 ore, sui dati delle denunce per furti e rapine registrate nell’anno precedente. La classifica finale dell’indice di criminalità, vede la provincia di Frosinone, ergo il Capoluogo, al 96mo posto su 106. Ed ancora 85mo posto per furti. All’82mo posto per furti in negozi. Addirittura all’88mo posto per le rapine. Mentre è al 71mo posto per furti nelle auto in sosta. E ancora: 73mo posto per furti nelle abitazioni.
Numeri che sono come la copertina di Linus. Buoni per poter dire che qui la criminalità non c’è. Balle. Solenni balle. Comprensibilissime balle con cui tranquillizzare la gente. Balle alle quali non volle uniformarsi uno che veniva da terra di mafia: il prefetto Ignazio Portelli prima d’andare via disse che questo territorio era permeato dalla malavita organizzata che qui faceva i comodi suoi come meglio voleva.
Quelli che stanno in silenzio
Ma se un prefetto inizia a dire queste cose poi la politica deve muoversi e reclamare più carabinieri, più poliziotti, più finanzieri, più agenti della penitenziaria. Esattamente quello che manca. Perché le indagini si fanno con la suola delle scarpe: camminando tra la gente.
Serve la pressione dello Stato. Che non c’è. Da tempo si infila la polvere sotto al tappeto e tutti zitti altrimenti ci si brucia la carriera. A cominciare dalla politica: che altrimenti si ritroverebbe a doversi occupare di qualcosa di concreto anziché trascorrere la giornata a spingere eroicamente un bottone
Questa terra è stata per anni la cerniera tra le terre dei clan e quelle che non lo erano. Ora è saltato tutto. E tra poco salterà l’ultimo diaframma. Quei colpi trent’anni fa non sarebbero stati esplosi.
Frosinone non è Scampia, ma solo perché finora qualcuno ha voluto che non lo diventasse.