I Ferragnez ed il Governo ai titoli di coda: grazie a Putin ed al Veneto

La regione più ricca ed ambita del Paese e la strategia per sottrarla al Carroccio. Con il terzo mandato che per Salvini è stato un laccio

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Quelli più scafati nel decrittare le faccende di gossip come Dagospia e Signorini ci hanno messo sette secondi netti a leggere in mood infido la faccendaccia brutta dei Ferragnez. Lo hanno fatto insinuando (il modalità gossip non si asserisce, si insinua e basta, poi il resto vien da sé) una cosa molto plausibile. Premessa: in queste cose la plausibilità è la sola unità metrica e il giornalismo in purezza non vale. La tesi gossippara è che i Ferregnez la loro separazione fisica l’abbiano un po’ vissuta ed un po’ sceneggiata.

Questo per far tornare stabili ed in upgrade le fortune social di una coppia finita nei guai giudiziari grossi ancorché ipotetici delle donazioni. Ecco, a voler fare un parallelismo irrituale ma non troppo, a contare che i Ferragnez hanno scalzato “slava ukraini” su ogni testata di “rango”, il Governo Meloni sta messo un po’ così. Cioè un po’ in rotta nei suoi elementi costituitivi ed un po’ in ambascia sottolineata apposta per prendersi l’orto grosso e fecondo di Luca Zaia.

La goccia, il vaso e quel che c’era prima

Perché sì, nella faccedaccia brutta dell’aria che tira a Palazzo Chigi dopo la bocciatura del terzo mandato c’entra il Veneto. E c’entra pure Putin. Partiamo da quest’ultimo tenendo conto del fatto che Matteo Salvini si sta intraversando rispetto agli alleati praticamente da sempre e su tutto.

La morte di Alekseji Navalny da noi ha fatto non solo sistema etico, ma politica interna. Perché ha riesumato la mistica tutta Ue di un Vladimir Putin autarca ed ammazzatore di dissidenti.

Una mistica su cui Salvini non ha perso occasione per fare la mosca bianca e distinguersi. Via il preambolo morale, la lettura è politica: il leader della Lega decotta si è ancora una volta messo di traverso sulla rotta Ue che Giorgia Meloni ed Antonio Tajani perseguono. Quella su cui a giugno chiederanno il voto.

Matteo che proprio non sa tacere

Matteo Salvini a Firenze

L’occasione era troppo ghiotta, a contare che sul terzo mandato c’erano già differenze grosse come una casa. E il Veneto? Lì la keyword è Zaia, Luca Zaia, presidente leghista ma governista, salviniano ma non troppo e addirittura prog in certe cose. Quello che ha le chiavi di una regione che per FdI e Fi è come l’ultima frolla in pasticceria.

In Commissione Affari Costituzionali al Senato l’emendamento sul terzo mandato è stato bocciato da FdI e FI e ci sono state due Leghe che hanno ingoiato il rospo. Attenzione ai ruoli: Paolo Tosato vice presiede la Commissione, è uno di Luca Zaia e, come spiega Il Messaggero, alfiere della battaglia. E ha detto subito dopo la manovra di ampio respiro per disinnescare il Carroccio: “Noi ci fidiamo dell’unico giudizio che conta in democrazia, cioè, il voto popolare”.

Tosato e il segnale politico ignorato

Che significa? Che la Lega sta provando ad andare oltre il segnale politico che le è arrivato e che la butta in mistica di democrazia diretta. La Lega “official” invece, quella con cui Salvini manda sempre avanti o Andrea Crippa oppure Massimiliano Romeo, l’ha messa giù in sportività british. Ed ha “apprezzato come il governo non abbia espresso parere contrario al nostro emendamento”. Falsofalsissimo ma indicativo.

Andrea Crippa

Indicativo del fatto che Salvini non è ancora pronto a fare le barricare ed a certificare la crisi. Gli mancano la Sardegna, dove sotto sotto tifa come un matto per Todde dopo che gli hanno fatto fuori il sardo-padano Solinas, e le Europee. “La proposta è stata bocciata in commissione poi se ne parlerà nell’Aula del Parlamento, che è sovrana e i cittadini sapranno come scegliere.

Latte, miele e curaro insomma, rigorosamente in quest’orine. E con un timing molto simile a quello degli sfasciati Ferragnez, che sui social la buttano giù di aforismi scemi da bacio Perugina per non dire che sono quasi alla fase “ognun per sé e Balocco per tutti”.

Giorgia come Chiara, ma solo per finta

Giorgia Meloni con Matteo Salvini

Il dato è che Giorgia Meloni adesso deve fare la parte di quella Chiara Ferragni che ha messo in croce ad Atreju. Quella della donna paziente che ce l’ha messa tutta, per far ragionare il compagno (metaforico, qui Giambruno nn ci sta neanche in fantasy) livoroso e colpevolista per i guai giudiziari. E che alla fine ha capito che la logica delle coppia che affronta compatta i marosi non regge.

Perciò vai di segnale: nessuna coppia e qui tengo duro, il terzo mandato te lo scordi. E il Messaggero spiega che FdI, che il caso lo voleva trattare dopo le Europee, “si prepara già ad alzare un muro contro il puntiglio leghista di chi vorrebbe ripresentare l’emendamento non appena il Dl Elezioni arriverà nell’aula del Senato.

Fedez se n’è andato a Miami a mugugnare, e Salvini? Se ne sta olimpico in giro, fiutando la mala aria di una Meloni che con firma sul voto di fiducia falcerebbe via ogni emendamento al testo e casserebbe definitivamente la faccenda. Per ora è una minaccia concettuale, ma il solo fatto che aleggi mette il Capitano in cassero di preallarme.

Dl elezioni e minaccia del voto di fiducia

Mario Abbruzzese

Il dato è che in queste ore a Palazzo Chigi si sta lavorando scientemente per inertizzare o quanto meno piallare le ambizioni di una Lega che non è mai stata vulnerabile come adesso. E che per questo motivo ha fatto una richiamata alle armi a personaggi che aveva messo in naftalina, spedendoli nei quartieri dello Stato Maggiore a puntellare e consolidare l’organizzazione del Partito. Gente che oltre al mestiere ha il consenso: tanto per dire un nome, i 14mila e passa voti con sù scritto il nome di Pasquale Ciacciarelli alle scorse Regionali del Lazio. Presi non a Milano o Roma con i loro milioni di abitanti ma in una Ciociaria che di votanti ne fa circa 300mila appena.

Sta tutta qui la candidatura Europea di Mario Abbruzzese. Che il 2 marzo la annuncerà ufficialmente dalle Terme di Pompeo a Ferentino. Ci sarà il sottosegretario Claudio Durigon e ci sarà il Segretario regionale Davide Bordoni. Impiego in prima linea che è segnale chiaro: mai come adesso la Lega sarà pronta a pagare amara cambiale al suo schierarsi in Europa con Identità e Democrazia.

Perché quella scelta di campo apre una casella considerata blindata: quella del Veneto. Perché se lì Zaia non avrà diritto al terzo giro di giostra si schiuderanno praterie meno identitarie sul Partito in purezza.

Il gioiello veneto di Zaia torna in lizza

Luca Zaia (Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

E gli alleati potrebbero giocarsela per prendersi uno dei gioielli della corona leghista con più carati. E blindare un equilibrio che piace molti sia a Meloni che alla maggioranza “Ursula” di cui Meloni è stampella foderata di raso. Magari conLuca De Carlo o con l’azzurro Flavio Tosi.

O con un terzo uomo che dei due partiti sarebbe crasi. Matteo Zoppas, attuale presidente dell’Ice”. Non per far scorrere tutti i titoli di coda, ma solo per scrivere una nuova sceneggiatura ad un film che aveva bisogno di nuove storie. Come con i Ferragnez.