Il Pd e l’occasione persa di non candidare Ignazio Marino alle europee

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La vicenda dell’ex sindaco di Roma ha aperto la strada al Movimento Cinque Stelle e al declino Democrat. Forse non avrebbe accettato ma valeva la pena di rischiare. O di recuperare alle politiche…

Simona Bonafè capolista, poi David Sassoli, Roberto Gualtieri, Camilla Laureti, Pietro Bartolo (protagonista del documentario Fuocoammare, medico di Lampedusa), Beatrice Covassi, Nicola Danti, Alessandra Nardini, Angelo Bolaffi, Lina Novelli, Mamadou Small (sindacalista), Alessia Centioni, Massimiliano Smeriglio (vicepresidente della Regione Lazio, ideologo di Piazza Grande, proveniente da Sel), Olimpia Troili, Bianca Verrillo.

Sono i candidati del Pd alle europee, nella circoscrizione Centro, quella che comprende Lazio Toscana, Umbria e Marche. È la squadra che ha scelto il neo segretario Nicola Zingaretti, che ha puntato su Smeriglio. Sulle candidature alle europee i renziani si sono astenuti, ma in Parlamento molti di loro hanno fatto riferimento a liste che “sembrano quelle del Pci”.

Conterà il risultato: se il Pd supererà il 20%, allora Zingaretti potrà continuare ad andare avanti con il suo progetto. In caso contrario inizierà a “ballare” anche lui. Perché il Pd è un Partito che divora i propri leader: Veltroni, D’Alema, Bersani, Letta, Renzi.

Ha prevalso, nel varo delle liste per le Europee, una situazione di compromesso, tra le istanze nuove di Zingaretti e la necessità di non provocare strappi con i renziani.

Ma perché il Pd non ha avuto il coraggio di candidare l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino? Non per motivi di propaganda politica, ma per ripartire da un punto preciso. Ignazio Marino, sindaco di Roma, è stato politicamente scaricato dal Pd di quel determinato momento storico, quello di Matteo Renzi. Fu un errore. Non soltanto perché adesso la Corte di Cassazione ha detto chiaramente che Marino nulla ha commesso in merito alla vicenda degli scontrini, ma perché quella vicenda ha aperto la strada. (leggi qui «Marino venne incaprettato dal Pd, Orfini fu il regista»)

Sì, perché il dimissionamento di Ignazio Marino ad opera del Pd renziano e orfiniano ha aperto la strada alla vittoria a Roma dei Cinque Stelle e di Virginia Raggi. Inoltre, sempre da quel momento il Pd a iniziato la discesa, fino al 4 marzo 2018, quando i Cinque Stelle sono andati al governo sull’onda lunga di un risultato elettorale enorme, mentre i Democrat sono scesi sotto la soglia del 20%. Il peggior risultato della sinistra italiana.

Ripartire da una candidatura di Ignazio Marino (probabilmente non avrebbe accettato, ma una classe dirigente sta lì anche per convincere e ricucire gli strappi) poteva significare chiudere un cerchio. Invece no. Non ancora. Chissà, alle politiche…