Il contrattacco di Isabella: ecco il ricorso, lo notificherà pure ai sindaci

Il ricorso è pronto. Isabella Mastrobuono ha completato il dossier da consegnare ai giudici del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio per impugnare la sua cacciata dalla Direzione Generale della Asl di Frosinone. Dimostrare che non è stata silurata per non avere saputo raggiungere gli obiettivi che le erano stati assegnati. Ma che è stata un’imboscata politica.

Gli elementi che la professoressa mette in fila sono tanti. E chiari. Vuole che tutti sappiano. Per questo, invierà una copia del ricorso ai 91 sindaci della provincia di Frosinone. Soprattutto i 60 che le hanno votato contro, dando l’avvallo politico al suo affondamento.

Cosa sostiene quel ricorso. Una parte dei concetti sono gli stessi che l’altro giorno hanno indotto il consigliere regionale e già capogruppo del M5S Davide Barillari a parlare di “una forte opacità su tutta la procedura” E ancora: “si sono utilizzati criteri non oggettivi. C’e’ poco di tecnico riguardo gli obiettivi assegnati, ma c’e’ molto di politico… si utilizzano pesi e misure diverse, a seconda del direttore generale da valutare” (leggi qui la denuncia politica del Movimento 5 Stelle sul caso Mastrobuono).

In pratica, nel ricorso al Tar si sostiene che a) gli obiettivi assegnati al Direttore Generale Isabella Mastrobuono sono stati raggiunti in una misura tale che le consentiva di superare in maniera positiva la valutazione al pari di tutti gli altri suoi colleghi delle altre Asl del Lazio b) i risultati raggiunti non sono stati valutati in maniera omogenea per tutti i manager ma in modo differente a seconda dei casi c) l’organismo indipendente di valutazione non ha avuto il tempo ed il modo di ponderare in maniera approfondita l’enorme mole di dati prodotta.

C’è poi il caso della presunta ‘violenza privata’ di cui la professoressa sarebbe stata vittima negli uffici della Regione Lazio e dalla quale sarebbe iniziata la guerra contro di lei (leggi qui il precedente): una lite talmente accesa da avere un malore ed essere soccorsa dalla dottoressa Flori De Grassi che si trovava in un ufficio vicino. Nessuno confermerà mai che nel corso di quella discussione uno dei temi centrali erano stati i pagamenti di alcune fatture in favore di una società della sanità privata, dei quali la prof. ha seguito l’iter fino ad un certo punto ma poi non ha voluto più saperne, delegando ogni cosa al suo direttore amministrativo.

Se avesse studiato la storia del suo predecessore Mauro Vicano, esautorato dopo una tumultuosa telefonata al culmine della quale disse che non avrebbe mai firmato il mandato di pagamento, forse avrebbe avuto qualche elemento di riflessione in più.