La distanza tra Elly e l’ordinata rivoluzione del Lazio

C'è una differenza profonda tra il Pd che sceglie Ciani come vice capogruppo al posto di De Luca ed il Pd che nel Lazio vara una ordinata rivoluzione interna. Capace di avere ripercussioni sullo scenario nazionale

Carlo Alberto Guderian

già corrispondente a Mosca e Berlino Est

C’è una evidente differenza tra il Partito Democratico che sta prendendo forma a Montecitorio e quello che sta nascendo nel Lazio. Ed una sostanziale distanza tra le parole dette da Paolo Ciani nell’accettare la carica di vice capogruppo Pd alla Camera con quelle pronunciate più o meno nelle stesse ore in Regione da Francesco De Angelis nel formalizzare la nascita di Rete Democratica.

Non sono concetti contrapposti, non sono posizioni in conflitto: sono due visioni che fanno parte di un Partito che nasce proprio per contenere tante sensibilità. Ma è impossibile non notare la radicale diversità: nell’approccio, nei percorsi seguiti, nei vocabolari utilizzati.

Su un fronte sembra di assistere alla più sciacallata delle assemblee al liceo, sull’altro c’è la più ordinata e razionale riorganizzazione di Partito messa in atto tra sensibilità diverse.

Qui Montecitorio

Vincenzo De Luca

A Montecitorio va in scena la più incomprensibile delle strategie. Talmente insensata che si fatica a rubricarla come tale. Viene scelto di revocare l’incarico di vice capogruppo a Piero De Luca. Cioè al figlio del Governatore della Campania Vincenzo De Luca: uno che le elezioni le ha stravinte sempre da solo; è lui ad avere fatto un piacere al Pd caricandosene il simbolo in questi anni, non è stato il Pd a fare un piacere a lui. Tra poco si va alle elezioni Regionali in Campania. E con questa mossa il Pd può cominciare a cancellarla dalla mappa dei luoghi che governa.

In politica, come nel gioco degli scacchi, ci sono spesso rinunce dolorose: un cavallo in cambio di una regina, un alfiere al posto di una torre. Qual è la ragione del sacrificio della Campania?

Il tutto è meno comprensibile se si tiene conto di chi è il sostituto di De Luca a Montecitorio. È Paolo Ciani, uno che non ha la tessera del Pd, che è il leader di un Partito diverso dal Pd, che orgogliosamente rivendica il suo essere d’un Partito diverso per il quale continuerà a chiedere voti e fondi. E che vota in maniera diversa da come fa il Gruppo del Pd. Praticamente: il Partito Democratico ha un Segretario nazionale che è stato eletto dai non iscritti al Pd, la quale nomina come vice capogruppo alla Camera uno che non è del Pd ma fa votare un altro Partito. 

Nemmeno vicini

Paolo Ciani (Demos). Foto © Benvegnu’ e Guaitoli / Imagoeconomica

Ma almeno Ciani è un fedelissimo del Segretario Elly Schlein? I due non possono essere politicamente più differenti. Uno è cattolico e contrario all’utero in affitto, l’altra è laica ortodossa e a favore della maternità surrogata. Lui non ama le battaglie ideologiche e lei alle questioni di principio etico ci sta praticamente incollata sia pur con un mezzo bordo sollevato su Kiev. Uno sta nel Pd me senza essere del Pd e l’altra… pure ma con una tessera presa in zona Cesarini.

Paolo Ciani può essere la prova provata che il Nazareno sia ricco di vedute. Ma francamente era questa l’unica certezza che finora si era avuta. Non c’era bisogno di conferme.

Qui addirittura ci va oltre: siamo in presenza di un corpo estraneo. Eletto grazie ad un seggio gentilmente messo a disposizione dal Pd. E che mette subito in chiaro quanto “di sciogliere Demos e prendere la tessera del Pd come hanno fatto quelli di Articolo 1 non se ne parla”. Messa più chiara: “No, è un Partito a tutti gli effetti, chiederemo il 2xMille. E non mi iscrivo al Pd, a differenza dei colleghi di Articolo 1“. Quando rimarcare le differenze con gli altri diventa più pressante che indicare le affinità magari non suona ancora un campanello di allarme, ma di certo il batacchio inizia ad ondeggiare. Pigro ma lo fa.

Eppure Ciani del Partito non è “semplice esponente”, ora è il numero due del gruppo a Montecitorio, in uno step istituzionale cioè dove le posizioni del Pd diventano cruciali e dettano la linea, a contare che il governo si muove soprattutto con decreti suoi o fiducia e che l’opposizione deve fare dell’attività parlamentare un punto di orgoglio. E della sua nomina ha detto: “Sicuramente è stato un segno di attenzione da parte della segretaria ai cattolici in generale, ma io non sono del Pd, quindi non posso dire: ora i cattolici si sentono a casa nel Pd“.

Coerenza avrebbe imposto di ringraziare e declinare.

Qui Pisana

A questo andamento epilettico e con chiari profili psichiatrici fa da contraltare ciò che sta accadendo nel Lazio. E sia detto in premessa: non in antitesi con Elly Schlein ma in maniera del tutto ibrida da ogni ragionamento correntizio nazionale.

Nel Lazio va in scena la più ordinata e ragionata riorganizzazione del Partito Democratico. Roba come non se ne vedeva almeno da un lustro. Con tutte le teste pensanti che si mandano segnali e contribuiscono a costruire un nuovo sistema di equilibri sui quali poggiare il futuro del Partito Democratico.

Con altrettanta chiarezza: nulla a che vedere con gli inciuci. Ma equilibri, costruiti al termine di una nuova conta: approfondita e non sanguinaria. Perché non ci saranno stavolta vincitori e vinti ma una maggioranza ed una minoranza che si legittimeranno a vicenda, riconoscendosi e dandosi i reciproci spazi. Si legge così l’intesa che porta alla nascita di Rete Democratica presentata ieri in regione, si legge così il dialogo leale con Area Dem di Daniele Leodori.

Un dialogo che porterà alla sua elezione a Segretario Regionale con una conta che sarà poco meno di un’acclamazione. Porterà a definire subito dopo il nuovo Segretario Pd di Roma che prenderà il posto di Andrea Casu: i numeri dicono che sarà espressione della componente di Claudio Mancini e quindi di Rete Democratica. (Leggi qui: De Angelis in campo: traina la Rete Democratica nel Pd).

Dalle parti di Elly Schlein direbbero che questa è la Rivoluzione dei Caciucchi: dalle parti del Pd vedono finalmente un Partito che torna a fare il Partito, riorganizzandosi in maniera ordinata e senza assemblee da liceo.

La saggezza del patriarca

Francesco De Angelis

In questi anni abbiamo votato molto e discusso molto meno. Non si può far finta di nulla dopo una sconfitta elettorale così evidente”: le parole con cui ha esordito ieri sera Francesco De Angelis hanno un valore maggiore se si tiene conto del valore liturgico del linguaggio. Perché c’era un tempo in cui ogni analisi del Partito doveva partire necessariamente dall’autocritica. Mentre in questo Pd non si fa analisi da tempo ed i tappeti, a furia di nascondere polvere, stanno assumendo la quota da collina.

Il fondatore di Pensare Democratico ha attraversato tutte le stagioni della sinistra: dalle più floride alle più aride. Alla luce di questo dice: “Dobbiamo ripartire dalla nostra carta d’identità, definendo bene chi siamo e che cosa vogliamo fare. Abbiamo bisogno di ridefinire il profilo ideale, sociale e culturale del Pd, riscoprendo una sintonia vera, concreta con il Paese, altrimenti le persone ci vedono lontani da loro”.

Scorrere i nomi dei presenti aiuta a dare una dimensione dell’impresa. Con lui ci sono tutti i calibri da 90: il capogruppo del Pd in Regione Mario Ciarla (Roma), il consigliere regionale e vice Segretario regionale del Partito Sara Battisti (Frosinone), i consiglieri regionali Salvatore La Penna (Latina) ed Eleonora Mattia (Valmontone), gli onorevoli Patrizia Prestipino (Roma), Marco Vincenzi (già presidente del Consiglio Regionale) e Claudio Mancini (l’uomo forte del Pd a Roma).

Sosterranno al Congresso regionale Daniele Leodori, ma il loro progetto “guarda più a lungo, anche a livello nazionale”. Perché l’assemblea del liceo ha i suoi indubbi vantaggi: sprigiona idee, libera energie, allarga i confini. Ma arriva un momento in cui occorre chi imponga un pò di ragionamento.