Le “anime morte” di De Luca e il Pd di Frosinone che a morire non ci sta

Il dem meno allineato di tutti e la sua battaglia un po' stucchevole contro un Partito che per lui è "il peggio di Pci e Dc". Ma nel quale è sultano del consenso e lo sa.

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Saltiamo a pie’ pari dal salotto tv di Fabio Fazio alla letteratura italiana contemporanea e facciamoci aiutare dalla Trilogia di Magdeburg di Alan Altieri. In un brano da far mettere sull’attenti i pelucchi sull’avambraccio si legge roba bellissima. “Memoria corta conte… la mia bipenne è al tuo fianco, non ai tuoi ordini”. A pronunciare quella frase che pare sputata paro paro da un film Usa di reaganiana memoria è l’eretico Wulfgar.

Il guerriero macellaio e peritissimo che usa anche una “daikatana” la scandisce, greve di voce bassa. Lo fa all’indirizzo del comites principe Rehinardt Von Dekken, comandante della Legione Nera (eh sì, nera) durante la Guerra dei Trent’anni.

Sì, ma che c’entra Vincenzo De Luca con la guerra dei 30 anni? Molto, e per molte cose.

Cosa c’entra “Vicienzo” con la Guerra dei 30 anni

Il governatore della Campania Vincenzo De Luca

C’entra innanzitutto perché De Luca è in “guerra” col suo Partito Democratico ormai da un numero tale di anni da fare Storia e non più cronaca. Poi perché De Luca sembra proprio l’eretico Wulfgar: fuori dalle regole, potentissimo ma talmente auto-codificato in virtù delle sue straordinarie skill da dover sempre ricordare una cosa su tutte. Quella cosa greve per cui pare che sia De Luca a fare un favore al Pd nell’essere del Pd, ma che lui al Pd è tangente a parità di gerarchia, non organico in punto di rispetto della stessa.

Poca tigna e molto pensiero occidentale, insomma, e con uno straordinario buon senso che unito ad un decisionismo da capataz fanno di De Luca un asso pop in purezza.

Insomma, il governatore della Campania si trova da sempre in una condizione vagamente ossimora. Stato perenne che non sempre riesce a motivare con la sua straordinaria verve e con la sua cultura da austero notabile giolittiano, che è obiettivamente immensa.

Voce fuori dal coro o fuori dalla parrocchia?

Nicola Zingaretti a ‘Che Tempo che fa’ di Fabio Fazio quando era in Rai, Foto © Vince Paolo Gerace / Imagoeconomica

Una condizione per cui ci sono volte in cui si ha la netta impressione che lui non sia una autorevole voce fuori dal coro, ma che sia proprio cantore di parrocchie foreste. E questo accade anche a fare la tara alla precondizione per cui i dem da sempre sono in predicato di debolezze, svarioni, cadute ed ipocrisie che poco aiutano la loro integrità politica.

Il Pd ci è nato così, al Lingotto e ormai da più di tre lustri. Tuttavia questa sua caratteristica “genetica” e le incontestabili gaffes legate al nuovo registro massimalista della segreteria Schlein non sono e non saranno mai prova provata. Di cosa?

Della legittimità per cui essere critici del Pd debba trasformarsi nell’essere il “Mastro Titta” del Pd. De Luca è insomma un politico di rango altissimo ed un uomo di scorza culturale immensa che però nei suoi toni usa registri che non cadono più da tempo nella vena delle iperboli volute. No, lui a volte sembra proprio un “nemico” di questi dem, più che un pungolo didattico. C’è uno storico ed è a conoscenza dell’universo mondo.

Via Piero dal ruolo alla Camera, i guai crescono

Elly Schlein (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

La decisione di Elly Schlein di rimuovere Piero De Luca dal ruolo di vicecapogruppo dem a Montecitorio e il caso-tessere pesano come ghisa. Ma a ben vedere ogni Partito ha le sue guerre e guerricciole tra bande e nessuna formazione politica italiana è immune dalle planate dei falchi, né dalla contraerea delle “doppiette ortodosse”. Da Fazio, De Luca invece ha calato briscole brevi come la bipenne di Wulfgar. “Il Pd ha raccolto il peggio del Pci e il peggio della Dc”.

Lo ha detto nel presentare il suo libro che stra tra programma e proclama: “Nonostante il Pd”. E ha spiegato: “Il mio libro è un messaggio di gratitudine ai dirigenti del Pd che ho conosciuto in 10 anni, sono anime morte, spesso distanti, spesso avversari. Sono tanti dirigenti non una comunità complessa che resta importante”.

Ovvia, scontata ma non tanto la domanda perciò, di quelle che fanno le mamme ai figli teen quando urlano che a casa non li capisce nessuno.

Un libro sul “peggio di Pci e Dc”

Vincenzo De Luca nello studio di Che Tempo che fa con Fabio Fazio

“Resto nel Pd perché è una grande comunità, comunità di militanti, realtà di amministratori che spesso combattono da soli nei territori. Ci sono cose su cui De Luca è imbattibile ed è molto di più della sua sola verve fumantina. “Il Pd è nato quando sono finite le ideologie del ‘900, nasce per governare una realtà complessa, nasce per governare l’Italia ancora segnata da fratture sociali, culturali, umane”.

Ma “ha raccolto il peggio del Pci e il peggio della Dc, deve riprendere il cammino per l’Italia che ancora non c’è”. E in chiosa di sturbo della modalità Coriolano: “Io segretario Pd? Dobbiamo fare un programma per l’Italia, ho tanti di quei guai da risolvere in Campania. Eppure un Pd che “fa cose” c’è e come, e val la pena ricordare che esistono territori in cui i dem hanno avuto il coraggio di settare un nuovo registro.

In Provincia di Frosinone la nuova linea tracciata dal Segretario provinciale Luca Fantini dopo il Congresso Regionale sa di quella obiettività praticona che a De Luca piacerebbe ad esempio. O che gli piacerebbe malgrado il De Luca caustico. Frosinone è sempre stata considerata politicamente con sufficienza, come la Campania: salvo poi calare puntualmente il carico da 12 nel momento cruciale della partita; fu così nel congresso che elesse Segretario regionale l’indimenticato Bruno Astorre è stato così ora con il Congresso che ha eletto suo successore Daniele Leodori. Non è un caso se oggi Francesco De Angelis è Presidente Pd del Lazio: è il riconoscimento di quella massa di voti portata al Congresso dicendo noi ci siamo, esistiamo, contiamo e vogliamo contare. Esattamente il ragionamento che ora fa don Vicienzo ma sul piano nazionale.

Il duro attacco al governo Meloni

Gennaro Sangiuliano

L’impressione generale (e confutabilissima) è che Vincenzo de Luca abbia ben chiaro il suo ruolo di sultano del consenso di una regione vitale per il Nazareno. E che in virtù di quella cruciale skill faccia mulinare quell’ascia esattamente per ricordarlo a terzi, terzi “di casa”.

Perciò che abbia scritto quel libro acerrimo e sagace – “Nonostante il Pd” – pienamente conscio del fatto che il Pd non potrà mai scrivere un libro omologo, “Nonostante De Luca”. Non per adesso, almeno, con le Europee alle porte e con FdI che punterebbe a blindare Gennaro Sangiuliano in candidatura campana.

E che lui, “Vicienzo”, come tutti i giolittiani di pelle concia e dura, su questa condizione di irrinunciabilità tutta numerica e di carisma alla sua franca ruvidezza, un po’ ci marci. A volte un po’ troppo.