Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 1 marzo 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 1 marzo 2023.

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 1 marzo 2023.

TOP

VINCENZO DE LUCA

Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca Foto: Marco Cremonesi / Imagoeconomica

Lanciafiamme, iperboli e dialettica da notabile risorgimentale e parte, a volte “ci azzecca” e senza mezzi termini. Vincenzo De Luca è uno di quei tipi di uomo da cui vanno potate spesso e volentieri certe intemperanze. Soprattutto è un politico che sta al Pd molto meglio di quanto un certo Pd non creda. Ed infine è un governatore “Iron man” che non le manda a dire e le fa spesso prima ancora di dirle.

Tuttavia, tolta la paccottiglia del personaggio, spesso emerge la solida sostanza dell’uomo di buon senso. Non perché sia canuto o palesemente conservatore di indole, ma perché sensate sono le cose che dice. Sensate come quella per cui ha urlato ai quattro venti di abolire ”il numero chiuso a medicina, difendiamo la sanità pubblica“.

De Luca si è intestato la titolarità di una semplice equazione: se in Italia mancano i medici e l’università li sforna a rate allora vuole dire che l’Italia o una sua parte è “scema” sapendo di esserlo. Certo, dall’equazione manca la seconda incognita, quella di pagarli meglio o metterli in condizioni di lavoro degne della loro professione, i medici che servono, altrimenti a migrare non sono solo cervelli, ma mani che salvano vite e danno cure.

Se c’era una cosa che ci avrebbe dovuto insegnare il Covid, ma che non ha fatto visto che in Veneto per sopperire le carenze di organico pagano fino a 800 euro a turno camici bianchi arruolati su piattaforme apposite, è che sulle pandemie non di blaterano promesse di rivoluzione. Non lo si fa, la rivoluzione la si fa e basta altrimenti i guai tornano e i sistemi complessi si fanno trovare di nuovo a braghe basse.

Abbiamo ancora il numero chiuso mentre oltre 10mila ragazzi vanno a laurearsi all’estero perché non hanno superato i quiz (spesso con domande assurde!) e nei nostri pronto soccorso mancano i medici. Assurdo“. Poi la fustigata: “È chiaro che se aboliamo il numero chiuso oggi, i primi risultati li avremo fra sei anni, ma almeno cominciamo a muoverci. Diamo (subito) incentivi per i medici dei Pronto Soccorso. Evitiamo che se ne vadano all’estero o se ne vadano a lavorare nel comparto privato dove sono pagati meglio”.

Ecco, di De Luca forse davvero in pochi hanno capito la skill più sfavillante. Non il piglio da arringatore, non la verve del Catone Censore, non il mood burbero che rende da sempre simpatiche canaglie certe persone, neanche quel frasario da “studiato classico” screziato dell’idioma bellissimo di Partenope che fa di lui un istrione nato.

No, De Luca ha un altro asso nella manica: lui, pur non essendo più un giovanotto, sa guardare al futuro. E mettere a fuoco una prospettiva di campo largo che sopravviva anche al suo ruolo ed al suo arco di “vita pubblica”. Che poi è esattamente la stessa differenza che passa fra uno statista in pectore ed un politico conclamato. “Vicienzo” questo lo sa benissimo e non perde occasione di farlo sapere. Anche a quelli che lo sapevano già ma che preferiscono ignorarlo.

Governattore.

NICOLA OTTAVIANI

Nicola Ottaviani (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Ci sono cose che appartengono alla natura dell’ovvio e dello scontato. Ma ci sono anche situazioni in cui convenienza e superficialità rendono straordinarie anche le cose più ovvie. Come nel caso delle elezioni Comunali che a metà maggio chiameranno alle urne una serie di Comuni in provincia di Frosinone. Ma nessuno nel centrodestra ha avvertito la necessità di fare una cosa ovvia: riunire i Partiti dell’alleanza e sciogliere i nodi che bloccano il pettine.

Eppure si vota in centri di non secondaria importanza per il territorio. Come Ferentino, enclave del centrosinistra ormai da un quarto di secolo. O Anagni, governata per cinque anni da un centrodestra sul quale non tutti all’interno esprimono giudizi lusinghieri. Ma anche Fiuggi con un sindaco di centrodestra capace di sbrogliare una matassa intricatissima e portare alla privatizzazione la gestione di Acqua e Terme. O Arpino dove pensano di candidare Vittorio Sgarbi e lasciare come suo vice l’attuale sindaco Renato Rea.

Ci sono nodi. Che rientrano nel novero delle piccole invide personali, delle incompatibilità di paese, dei tentativi di affermare la propria supremazia politica su quella amministrativa. Che rischiano di rendere più complessa una tornata di voto sostanzialmente semplice. Sta qui il compito dei vertici provinciali d’intervenire al fine di rendere fluido ciò che si sta intorbidendo. Consapevoli che si potrebbe andare anche al braccio di ferro su alcune situazioni, alla necessità di impugnare la pialla per lisciare superifici ruvide.

Ad assumersi l’onere di convocare il tavolo è stato l’onorevole Nicola Ottaviani, coordinatore provinciale della lega. Nelle ore scorse ha ricordato agli alleati che tra un mese e mezzo vanno depositate le candidature, corredate dalle firme a sostegno. Il tempo stinge. Lui intanto si è portato avanti: ha commissariato Ferentino (spianando la strada al suo Luca Zaccari), e Ceccano, mandando un warning su Anagni. Tanto per evitare problemi dopo. (leggi qui: Terremoto Lega, Commissario a Ferentino per il via libera a Zaccari).

Alleanza avvisata, mezza salvata.

FLOP

PAOLO GENTILONI

Paolo Gentiloni (Foto: Daina Le Lardic via Imagoeconomica)

La finestra sul cortile è per molti il vero capolavoro di Hitchcock ed in assoluto uno dei film da salvare. Lo è per tanti di quei motivi che enunciarli tutti sarebbe stancante, ma vale la pena di sottolinearne uno forse passato sotto tono. Quel thriller ha una prospettiva unica, che è quella di un uomo vittima di un incidente alla gamba costretto a vagare in casa su una sedia a rotelle che inganna il tempo a spiare i vicini dalla finestra con binocolo e macchina fotografica.

Ecco, qui le analogie simboliche finiscono perché il protagonista del film assiste ad un delitto e invece Paolo Gentiloni ha dovuto constatare che delitto non c’è stato. Quale delitto? Quello che lui, affacciato alla “finestra” europea e dopo l’incidente da premier in Italia, si aspettava dal governo Meloni in quanto a mood anti Bruxelles.

Gentiloni ha riconosciuto che l’esecutivo in carica anti-europeista non lo è affatto. Ed ha ammesso che tutto sommato ci siamo dai. Per la precisione ha detto: “Il governo italiano è molto meno anti-europeo di quanto molti ambienti europei si aspettavano“. Diciamo che Gentiloni, uomo di generone romano aduso ad eleganze e sofismi, non ha dato un 8 all’inquilina di Palazzo Chigi ma ha riconosciuto che il 6 è stato abbondantemente meritato.

Il commissario europeo all’Economia poi ha avvertito che però, per confermare quel voto in casella “bisogna vedere cosa succede nei prossimi mesi. C’era attesa di un governo italiano molto aggressivamente anti-europeo. I primi mesi hanno fatto ricredere chi aveva questi timori. È vero che, almeno fin qui, il governo ha preso decisioni molto utili e importanti“. E sarà anche vero che in un sistema necessariamente complesso come quello attuale, dove l’Europa è e resta condizione istituzionale di raffronto imprescindibile, Bruxelles è come l’uomo per i filosofi sofisti, “la misura di tutte le cose”.

Tuttavia Gentiloni ci ha messo un po’ troppo saccentismo nel dire che il governo del suo Paese è tutto sommato promosso da quello dell’organismo a cui grazie al suo paese è arrivato. Certe cose vanno fatte e non dette, altrimenti si corre il rischio di tracimare nella retorica ex post. Quella che piace tanto al generone romano da cui il nostro proviene.

Pronto per X Factor.

ANTONIO TIBERI

Ogni epoca ha le sue sensibilità. E talvolta le vecchie consuetudini diventano inconciliabili con le nuove scale dei sentiment mainstream. Tanto per fare un esempio: alzi la mano chi da piccolo non ha scavato piste nel terreno per giocare con le biglie in vetro da mandare in buca superando gli ostacoli ed eliminando gli avversari; o non ha trasformato nell’anticamera di una bisca l’ingresso delle Elementari per giocarsi i doppioni delle figurine dei Calciatori.

In quel tempo, c’erano anche i cacciatori di lucertole: venivano prese al laccio usando un particolare tipo di erba; i più attrezzati affinavano la mira usando il fucile a piombini in attesa di essere abbastanza grandi da ricevre in spalla la doppietta paterna.

Ma certe cose si potevano fare alla fine degli Anni 60 e all’inizio degli Anni 70, quando si avevano dieci o dodici anni al massimo. Farlo oggi a 21 anni rischia di costare una carriera nascente. E sicuramente ha fatto rimediare una figura barbina ad Antonio Tiberi, ciclista di gavignano che è stato sospeso dalla sua squadra professionistica Trek-Segafredo. Lo ha sollevato dall’attività agonistica per un mese: il che gli farà saltare il Laigueglia, la Tirreno-Adriatico, la Parigi-Nizza, la Milano-Sanremo.

Già campione del Mondo a cronometro tra gli juniores, Tiberi lo scorso 21 giugno ha imbracciato una carabina ad arica compressa e fatto fuoco su un gatto. Uccidendolo. Cose che mezzo secolo fa avrebbero suscitato ammirazione per l’ottima mira. ma oggi il sentiment è del tutto diverso. E infatti il ciclista è stato multato di 4mila euro. In più la società lo ha sospeso ed ora rischia pure di essere lasciato a piedi.

Bene. Ma c’è un dubbio. Sul peso che ha assunto la vicenda c’entra anche il fatto che il micio lasciato stecchito appartenesse a Federico Pedini Amati? E cioè al ministro del Turismo della Repubblica di San Marino, di cui è stato anche Capitano Reggente (cioè il capo dello Stato)?

Impallinato.