La lezione ancora attuale di Henry David Thoreau (di H.D. Toro)

Henry David Thoreau, filosofo per due terzi omonimo del nostro prof di Frosinone, nell'Ottocento ha espresso una serie di concetti. Che per tutto il secolo successivo hanno ispirato grandi leader. Ed oggi grandi registi. Ora, inizia ad essere il caso che iniziamo a leggerlo anche noi. Ecco perché

Henry David Toro

Preside frusinate in prestito all'Emilia

Il filosofo Henry David Thoreau, di cui mi onoro di condividere virtualmente (benché indegnamente) quasi due terzi del nome, è stato un personaggio alquanto singolare e originale nel panorama statunitense del XIX secolo.

Nato a Concord in Massachusetts nel 1812, studia matematica e letteratura laureandosi ad Harvard, vicino casa. Fonda poi una scuola privata, la Concord Academy, diventando amico del filosofo trascendentalista Ralf Waldo Emerson (1803 – 1882). Il quale sosteneva, in contrapposizione agli empiristi inglesi, che il mondo fosse “il tempio mistico dello spirito”. Qualcosa di inviolabile per noi ed “il punto fisso di riferimento in base al quale possiamo misurare i nostri erramenti”.

 

Affascinato da queste riflessioni, le quali ponevano in primo piano la coscienza contro i dati materiali, la purezza e indipendenza di spirito contro i pregiudizi, finanche quelli più nascosti (“non volevo vivere quella che non era una vita […] ma succhiare tutto il midollo di essa, vivere da gagliardo spartano”), Henry David decide di allontanarsi volontariamente dalla pressione della società e dall’ipocrisia e gli obblighi della vita nella sua cittadina per ritirarsi presso le rive del lago Walden, sulle alture intorno a Concord.

 

Presa a prestito un’ascia abbatte alcuni pini bianchi e si costruisce, in completa solitudine, una capanna nella quale vive due anni, due mesi e due giorni. Parte il 4 luglio 1845 – giorno dell’Indipendenza –, tornerà a Concord nel 1847.

Le riflessioni maturate durante questa esperienza solitaria e indipendente confluiscono nell’opera diaristica, ormai un classico della letteratura statunitense, che risponde al nome di “Walden, ovvero vita nei boschi”, stampata nel 1854.

 

Il rifiuto di pagare le tasse per finanziare la guerra degli USA contro il Messico lo conduce in carcere, dove rimane una sola notte, dato che la tassa viene pagata a sua insaputa da una zia.

La vicenda costituirà lo spunto per l’altro capolavoro thoreauviano, “La disobbedienza civile”, in origine una orazione tenuta al Concord Lyceum. Anche qui riflessioni profetiche e originali, quali la convinzione che “il governo migliore sia quello che non governa”, ma che sia giusto pagare le tasse invece quando servono alla manutenzione delle strade statali.

 

Noto per il suo estremo individualismo, per la sua predilezione per una vita semplice e austera, sviluppa però una saggezza profonda, sia per ciò che riguarda il rapporto tra uomo e natura, sia per ciò che concerne il ruolo del singolo individuo nella società.

Uomo di grande cultura (forse snob? – abita nel Massachusetts e si laurea ad Harvard) era alla costante ricerca di una vita più semplice e di rinuncia ad una parte dei propri beni materiali, anche quelli culturali (“Non lessi libri, la prima estate: zappai fagioli” – scrive in Walden – “non solo, spesso facevo di meglio. A volte non potevo permettermi di sacrificare a nessun lavoro, sia mentale che materiale, il fiore del momento presente”).

Nemico dei governi oppressivi (come riteneva quello statunitense alla metà del XIX) e fiero polemista quando c’era una buona causa da difendere, è convinto tuttavia che gli uomini non siano nulla di fronte al complesso spettacolo dell’universo, per cui una buona dose di modestia e una sana tolleranza di sapore orientale sarebbero buone norme di comportamento per tutti.

 

Thoreau influenza grandi uomini quali Lev Tolstoj, Gandhi e Martin Luther King; registi importanti come Peter Weir che a lui si ispira per il suo “L’Attimo fuggente” (“Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto”). E Sean Pean, autore di “Into the Wild” (“Datemi la verità, invece che amore, denaro o fame. Sedetti a una tavola imbandita di cibo ricco, vino abbondante e servi ossequiosi, ma alla quale mancavano la sincerità e la verità; partii affamato da quel desco inospitale”).

 

Forse il suo più grande insegnamento oggi nell’epoca degli urlatori e degli odiatori è quello di non dimenticare mai che come essere umani abbiamo enormi responsabilità verso la società e verso i nostri figli, in ogni istante della nostra vita. E che nel mondo contemporaneo la sfida più impegnativa è quella di mantenere la calma e l’equilibrio durante le nostre frenetiche attività: imparare a vivere qui ed ora con realismo, rifuggendo inutili utopismi senza essere però riformisti che chiudono tutti e due gli occhi di fronte al presente.

Essere filosofi, insomma, quanto più è possibile. Poiché essere filosofi – afferma ancora Henry David – “non significa soltanto avere pensieri acuti, o fondare una scuola, ma amare la saggezza tanto da vivere secondo i suoi dettami: cioè condurre una vita semplice, indipendente, magnanima e fiduciosa”.

°