Miele amaro: “Processi lunghi, toghe presuntuose, norme confuse”

Il dirompente intervento del presidente della Corte dei Conti del Lazio durante l'inaugurazione dell'Anno Giudiziario. Il dito puntato sulle norme che creano impunità, sui giudici presuntuosi, sulle norme confuse e contraddittorie

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Banale non lo è mai stato, scomodo invece si. Pronto a dire quello che pensa: a costo di pagarne poi il prezzo. Il presidente della Corte dei Conti del Lazio Tommaso Miele non ha fatto eccezione nemmeno per l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2022.

Ha puntato il dito contro i provvedimenti che potrebbero “creare sacche di impunità per chi è chiamato a gestire le risorse pubbliche alimentate con il sacrificio dei cittadini”; denunciato che i tempi dei giudizi sono ancora troppo lunghi. Ha ricordato ai suoi colleghi che un giudice è pur sempre un essere umanoe non deve giudicare con l’alterigia del migliore”. Non ha esitato a parlare di norme “complesse, poco coerenti, contraddittorie”.

Un pensiero all’Ucraina

Il pianto disperato del bambino descritto dal giudice

Un pensiero alla toga ed uno all’Ucraina, uno alla guerra contro gli sprechi ed uno al conflitto in corso ad Est: il presidente della Corte dei Conti del Lazio Tommaso Miele ha inaugurato l’Anno Giudiziario 2022 con un’immagine. Una “fra le tante immagini crudeli e strazianti che ho visto su questa guerra atroce ed assolutamente inspiegabile. Ho visto un padre ucraino che salutava la sua bambina senza sapere se l’avrebbe mai più rivista. Nel salutarla le ha detto: ‘Ricordati di studiare. E ricordati di me’ ”.

Prima dei numeri, prima dei reati, prima delle criticità, il presidente Miele ha voluto rivolgere “un pensiero commosso al popolo ucraino che sta subendo una guerra crudele e sofferenze che mai avremmo potuto pensare potessero accadere nel cuore dell’Europa nel XXI secolo”.

Guardia alta c’è il Pnrr

Tommaso Miele

Il primo punto nella relazione del presidente: bisogna tenere assolutamente i conti in equilibrio perché stanno per arrivare i miliardi del Pnrr. E non possiamo permetterci di sprecarli. Perché dal modo in cui verranno investiti ricaveremo le risorse per restituirli all’Europa. Per questo “in questa fase la salvaguardia degli equilibri dei dei conti pubblici e la corretta gestione delle risorse pubbliche sono di fondamentale
importanza
”.

C’è chi chiede, al contrario, più elasticità nel timore che le somme restino inutilizzate. Per il presidente “non si può assolutamente abbassare la guardia nei confronti degli amministratori e dei funzionari pubblici che gestiscono risorse pubbliche. E meno che mai possono essere create sacche di impunità per chi è chiamato a gestire le risorse pubbliche alimentate con il sacrificio dei cittadini”.

Tommaso Miele ha un ruolo nazionale, fino a poco tempo fa è stato presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Contabili: il dibattito su un tentativo di ammorbidire i controlli lo deve avere intercettato se dice “credo che il ruolo e le funzioni della Corte dei conti, piuttosto che essere indeboliti, debbano essere salvaguardati e valorizzati. Né può invocarsi l’efficienza dell’amministrazione e il
rilancio dell’economia del Paese per introdurre una vera e propria irresponsabilità di quanti sono chiamati a gestire risorse pubbliche
“.

Nell’emergenza favori ai furbi

Il dito non è puntato a caso. Ma su un aspetto ben preciso. Durante la pandemia sono state introdotte modifiche alle norme per allentatare i controlli: lo scopo era quello di evitare ritardi ed inerzie nel fronteggiare l’avanzata del Covid-19. Ma “hanno oggettivamente reso più difficile l’efficace svolgimento della funzione giurisdizionale della Corte dei conti. Reso più difficile l’azione di contrasto alla cattiva gestione delle risorse pubbliche, alla cattiva amministrazione, al malaffare e alla illecita percezione di finanziamenti pubblici”.

La lingua batte su un punto preciso: il nuovo regime della responsabilità erariale. È stato introdotto fino allo scorso 31 dicembre con il Decreto semplificazioni: prevede che “la responsabilità è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta”. Significa – tanto per fare un esempio – che se ho fatto un danno milionario perché sono stato superficiale nel comprare una partita di mascherine dalla Cina non posso essere condannato. Posso essere condannato solo se l’ho fatto apposta.

La preoccupazione del presidente della Corte è che un principio temporaneo possa introdurre “il rischio concreto di un complessivo abbassamento della soglia di ‘attenzione amministrativa’ per l’oculata gestione delle risorse pubbliche. Tale scelta suscita perplessità, anche alla luce dell’esigenza di assicurare l’effettività della tutela per le risorse fornite nell’ambito del Pnrr”.

Tempi ancora troppo lunghi

I tempi del Giudizio sono ancora troppo lunghi. È un tema di civiltà sul quale il giudice Tommaso Miele era già intervenuto lo scorso anno.

Un giudizio troppo lungo diventa un anticipo di pena, anche se l’imputato non è ancora stato condannato. Il giudice non deve dimenticare che dietro le carte di un processo, dietro ad un fascicolo pieno di carte, ci sono persone – e famiglie – che soffrono ‘la pena del processo’, soprattutto se innocenti. Persone a cui vanno date risposte in tempi ragionevoli, in tempi quanto più possibile brevi”.

Il tempo che scorre è già una condanna. Specie se già il solo fatto di essere sottoposti ad un processo viene comunque strumentalizzato, attraverso una micidiale macchina del fango, sui media e sui social network” sottolinea l’alto magistrato.

Che rivolge un invito alla categoria. “Nell’esercizio della sua funzione, il giudice non deve mai considerarsi estraneo al tormento di colui che è chiamato a giudicare. E giammai deve porsi nei suoi confronti con l’alterigia del migliore, con la presunzione del sapere, con la stolta certezza di chi si ritiene depositario del giusto e del vero, con il vacuo compiacimento del potere. Il giudice deve accostarsi con umiltà alle responsabilità del suo servizio, e deve sapere che ogni suo giudizio, anche il più convinto e meditato, è solo un tentativo di squarciare i veli di una verità che resta pur sempre, ed in ogni caso, relativa”.

Normativa confusa

C’è poi il tema delle Leggi: troppe. Diventa sempre più difficile stargli appresso. E capire dove vogliano andare a parare dal momento che talvolta si contraddicono.

Il presidente Tommaso Miele lo dice con chiarezza: “Non può non essere rimarcata e denunciata l’eccessiva proliferazione normativa e la non eccellente qualità della regolazione. Anche nel corso del 2021 abbiamo assistito ad una legislazione spesso ipertrofica e confusa nelle prescrizioni”.

Il fenomeno non è solo di questi giorni. “È da diversi anni che la legislazione nazionale tende ad essere sovrabbondante, complessa, poco coerente e finanche contraddittoria. Tale tendenza si è amplificata durante la crisi pandemica, con la proliferazione e l’affastellamento di regimi speciali e le deroghe. Hanno dato luogo a un diritto dell’emergenza, senza avere la minima cura della qualità delle regole, già carente prima della pandemia”.

Agli stessi giudici diventa difficile stare appresso a queste norme. Il presidente non ha esitato a parlare di “addetti ai lavori che per trovare e stabilire il regime regolatorio di una fattispecie devono muoversi in uno slalom fatto di norme primarie contraddittorie, norme secondarie, leggi, leggine, decreti-legge che si succedono in contraddizione prima ancora che vengano convertiti in legge, statuti, regolamenti, circolari, linee guida, assurte nelle intenzioni di qualcuno a soft law, atti di indirizzo”.

Senza sconti. Ed a voce alta, affinché non ci siano dubbi: proprio nel giorno dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario.