Monna Lisa, la parente di San Tommaso d’Aquino

Costanza d'Aquino, discendente di San Tommaso, a lungo è stata tra le possibili 'Gioconde' di Leonardo. Gli studi che conducevano a lei. Cosa coincide e cosa no. Fino al 2005 quando...

Fernando Riccardi

Historia magistra vitae

Chi è la misteriosa signora che Leonardo da Vinci ha immortalato nel suo capolavoro esposto nel Museo del Louvre, a Parigi? E’ davvero, come scrive l’aretino Giorgio Vasari alla metà del XVI secolo, Monna Lisa Gherardini, moglie del ricco mercante fiorentino Francesco del Giocondo che avrebbe commissionato l’opera a Leonardo?

Nel 2005 Lisa Gherardini venne definitivamente identificata come la donna del dipinto di Leonardo. A certificarne l’identità al di là di ogni ragionevole dubbio fu uno studio condotto dall’università di Heidelberg, nella Germania del sud. Merito del dottor Armin Schlechter: durante la catalogazione di una stampa del 1477 in possesso della Biblioteca dell’ateneo fece un ritrovamento.

Si tratta di un’edizione di Cicerone stampata nel 1477: reca una nota a margine del funzionario fiorentino Agostino Vespucci. In cui si paragona Leonardo da Vinci ad Apelle, grande pittore dell’età classica. E riferisce il fatto che Leonardo stava lavorando a un ritratto di Lisa del Giocondo nel momento in cui scrivoLa nota di Vespucci risale all’ottobre 1503.

Il mondo accademico ritiene che sia la prova definitiva.

Le altre Lisa

Fino a quel momento l’identità della donna ritratta da Leonardo veniva messa in dubbio. Tante le ipotesi avanzate. Tra le più famose: Pacifica Brandani di Urbino, l’amante di Giuliano de’ Medici; la sorella minore Isabella Brandani, Isabella Gualandi, nobildonna napoletana altra “amica” di Giuliano de’ Medici (grande tombeur de femmes); Isabella d’Este, figlia del duca di Ferrara Ercole I e moglie di Francesco II Gonzaga, marchese di Mantova; Isabella d’Aragona, moglie di Gian Galeazzo Maria Sforza, duchessa di Bari, che avrebbe addirittura avuto una storia d’amore e dei figli con Leonardo, e così via di seguito.

Ce ne sono altre, poi, molto fantasiose. C’è chi ritiene, infatti, che Monna Lisa sia un autoritratto al femminile di Leonardo oppure la mamma dello stesso artista di Anchiano, Caterina Buti del Vacca. Qualcun altro, invece, propende per una donna immaginaria e ideale, partorita dalla fervida fantasia del grande artista.

L’elenco delle pretendenti, dunque, è stato quanto mai corposo fino al ritrovamento di quella nota, individuata dal professore catalogando l’antica stampa in possesso dell’ateneo nello stato federato del Baden-Württemberg sulle rive del fiume Neckar.  Che ha confermato l’ipotesi del Vasari.

La parente di San Tommaso

Ulisse Giocchi ‘San Tommaso d’Aquino in preghiera davanti al crocifisso’. (1616-18) Santa Maria Novella, Firenze

Scavando nelle pieghe sinuose della storia, però, viene fuori qualcosa di sorprendente che c’interessa molto da vicino. Nel 1590 Giovanni Paolo Lomazzo, pittore manierista milanese, in un suo saggio dal titolo “Idea del Tempio della pittura”, elencando i dipinti di Leonardo da Vinci, morto ormai da una settantina d’anni, parla di una “Mona Lisa Napoletana.

Dice che il quadro è conservato nel castello di Fontainebleu, a sud est di Parigi, la dimora dei sovrani francesi. Prendendo spunto dalla notizia del Lomazzo, Adolfo Venturi, insigne accademico e noto storico dell’arte, negli anni venti del secolo scorso giunge alla conclusione che la nobildonna napoletana ritratta da Leonardo potesse essere la duchessa di Francavilla, Costanza d’Avalos d’Aquino. Ipotesi che a quel tempo non era affatto ritenuta peregrina, tanto che venne poi ripresa anche da Benedetto Croce.

Chi era Costanza

Costanza D’Avalos e Vittoria Colonna, particolare di un dipinto del XVI sec. Ischia, Convento di S. Antonio.

Soltanto un’altra pretendente fra le tante? Quantomeno una molto particolare. Perché questa donna è una discendente diretta di San Tommaso d’Aquino.

Costanza (1460-1541), infatti, era figlia di Antonella d’Aquino e Inigo d’Avalos, un nobile spagnolo. E quando fu celebrato il matrimonio, Antonella chiese e ottenne che i discendenti avrebbero dovuto portare il duplice cognome d’Avalos d’Aquino, proprio per assicurare la continuità della sua schiatta, che poteva vantare, primo fra tutti, “il gran Thomaso lor sangue”, ma che rischiava di estinguersi non avendo eredi maschi.

Le fonti di Venturi

Adolfo Venturi

Ma che fondamento ha l’intuizione del Venturi? Innanzitutto va detto che si tratta di uno studioso serio e tenuto in molta considerazione. E l’elemento forte si chiama Enea Irpino, poeta parmense della prima metà del XVI secolo, che rivela di essersi perdutamente invaghito di Costanza d’Avalos d’Aquino, ammirando un suo ritratto. Proprio Enea racconta che Leonardo da Vinci avrebbe dipinto un ritratto della nobildonna.

Da qui ha preso le mosse una corrente che vede nella duchessa di Francavilla (indicata dalle fonti come “la Davala”), la celebre quanto misteriosa Gioconda di Leonardo, il sorriso più famoso del Rinascimento italiano.

Venturi, dunque, avvia uno studio con cui verificare l’attendibilità di quanto sostenuto secoli prima da Enea Hirpino. Ed individua una serie di elementi molto solidi. Innanzitutto c’è il particolare del vestito: la donna indossa un abito nero, il colore del lutto, e, guarda caso, Costanza era vedova per aver perduto il marito, Federico del Balzo, conte di Acerra, nel 1483.

Non coincide il dove ed il quando

Il Castello d’Avalos d’Aquino ad Ischia

Presi per buoni tali postulati diventa però indispensabile individuare sia il luogo dove fu realizzato il dipinto sia il periodo. Sul luogo l’Irpino non fornisce indicazioni: però avendo il parmense frequentato a lungo la corte di Costanza ad Ischia, potrebbe essere proprio l’isola del golfo di Napoli la maggiore indiziata. Se così fosse si dovrebbe ipotizzare che Leonardo sia stato ad Ischia, ospite di Costanza; cosa niente affatto improbabile considerato il gran numero di poeti, letterati e artisti che frequentavano l’isola e il castello aragonese. E qui, colpito dalla sua bellezza, grazia ed eleganza, avrebbe pensato bene di immortalarla in una tela “ad oglio”. Riscontri? Nessuno. Elementi troppo deboli. Si continua ad investigare.

Il ritratto potrebbe anche essere stato realizzato a Roma, durante uno dei tanti soggiorni di Costanza presso la famiglia Colonna. Ischia o Roma, dunque: ma in che anno? E soprattutto c’è coincidenza con gli spostamenti di Leonardo?

In genere si pensa che la Gioconda sia stata realizzata tra il 1503 e il 1506: almeno questo è ciò che si deduce dal Vasari. Il soggiorno di Leonardo a Roma, invece, è datato 1513-1516, esattamente dieci anni dopo. Quanto a Napoli, almeno fino ad oggi, non risulta che il genio di Anchiano ci sia mai stato.

A questo punto bisognerebbe concludere che la supposizione del prof. Venturi (e poi di Benedetto Croce) non trovi la corrispondenza temporale e perda, perciò, gran parte della sua attendibilità. Ma qui subentra un altro fattore.

La diversa datazione

Il professor Carlo Pedretti a Capri nell’ottobre 1992 alla presentazione della mostra internazionale “I ponti di Leonardo”.

Il professor Carlo Pedretti, storico dell’arte bolognese è uno dei maggiori esperti delle opere di Leonardo da Vinci. È stato titolare per tanti anni della cattedra di studi vinciani presso l’università della California nonché direttore dell’Armand Hammer Center for Leonardo Studies, la prestigiosa accademia di studi leonardiana.

Proprio lui sposta in avanti la datazione della Gioconda di almeno dieci anni. Non più quindi 1503-1506 ma dal 1513 in poi. Conclusione alla quale giunge analizzando le ultime opere dell’artista dove si nota una piena maturità stilistica rispetto ai dipinti precedenti.

Anche secondo Pedretti, all’oscuro di quel ritrovamento che verrà fatto anni dopo in Germania, Monna Lisa Gherardini non può essere la Gioconda ma deve trattarsi per forza di cose di un’altra nobildonna. È allora veramente Costanza d’Avalos d’Aquino la signora ritratta da Leonardo? Questo il professor Pedretti non lo dice, anzi al riguardo, nel corso degli anni, ha cambiato spesso parere.

Però le date coincidono

L’università Friedrichsbau di Heidelberg

Certo è però che i suoi studi hanno portato acqua al mulino di Costanza. Lo spostamento in avanti di dieci anni dell’epoca di realizzazione del dipinto, fa sì che il periodo del soggiorno romano di Leonardo vada perfettamente a coincidere con l’ipotesi che riconduce a Costanza, la discendente di San Tommaso d’Aquino. Leonardo, insomma, avrebbe potuto fare il ritratto della duchessa di Francavilla o a Roma, durante uno dei frequenti soggiorni della nobildonna, oppure a Ischia, presso la sua corte: in poco tempo, infatti, l’artista, partendo dalla città eterna e senza passare per Napoli, avrebbe potuto tranquillamente raggiungere l’isola.

Quella delineata è stata a lungo soltanto un’ipotesi. Tratta da considerazioni che, pur avendo solide fondamenta, hanno lasciato ampio margine di riflessione. Una cosa però è certa e bisogna dirla: Costanza d’Avalos d’Aquino, che tanta parte ha avuto nella storia della nostra terra (in quell’epoca, tra i suoi tantissimi possedimenti, figurava anche Roccasecca, il paese natale del Santo), fino al 2005 è rientrata nel folto novero delle pretendenti ad essere la Monna Lisa di quel genio inimitabile che è stato Leonardo da Vinci. E la cosa, francamente, non è di poco conto. 

Poi la nota individuata dal dottor Armin Schlechter in Germania ha cambiato la prospettiva. Chissà fino a quando.