Pd e Salvini gemelli diversi: nell’arte poco sottile di smentire se stessi

Il leader leghista e il Nazareno accomunati da un "problema" che in realtà riguarda solo i dem perché tocca il loro elettorato

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Nell’iconografia social sulla politica italiana Matteo Salvini è raffigurato come l’Imperatore delle auto smentite, il Traiano del cambio di versione. Il leader della Lega nonché ministro e vice premier è di fatto il campione mondiale delle cose con cui, su distanze medio lunghe, va in conflitto con il suo omologo. Cioè quell’altro Salvini che in circostanze e ruoli differenti aveva detto con la stessa foga da spot l’esatto contrario di ciò che sarebbe andato a sostenere. Non se ne è ricordato nel fare “tana” alla giudice Apostolico e tant’è. Lui è così: addita contraddizioni pur essendone il re.

E’ difficile già solo scriverlo, com’è fatto Salvini da questo punto di vista, ma paradossalmente seguirlo nel pratico diventa facile. Tre anni fa i suoi social traboccavano di no ad una cosa? Facilefacilissimo che tre anni dopo quella stessa cosa goda di un entusiasta sì del nostro. Ebbene, al di là del fatto che Salvini è senza dubbio Preda Perfetta in questo loop perché conosce benissimo i social e chi ne fruisce, egli non è solo.

E’ in ottima compagnia e, al di là di un mainstream in cui prima o poi tutti dobbiamo smentire noi stessi e qualcuno ci fa tana, lui ha un gemello. Solo che non è un individuo, è un Partito: il Pd.

Sovvertire quel che prima si era caldeggiato

Questa cosa dei dem che tendono a sovvertire se stessi in base a ciò che in un dato momento della storia politica breve rappresentano non è più una novità ma rischia di passare di categoria. Cioè ha tutti i numeri per diventare una fenomenologia certificata su cui fare analisi e dalla quale trarre segnali in ordine alla “inconcludenza” di via del Nazareno. Nei giorni successivi alla Direzione nazionale ed alla deadline dell’11 novembre la cosa ha un sapore più forte.

Facciamola, la premessa: il paragone con Salvini è figo perché ci sta in simbologia descrittiva, ma le dinamiche della bipolarità decisionale del Pd sono ovviamente più complesse. Il leghista sa benissimo che se da un lato i social non perdonano perché tengono in memoria implacabile ogni cosa che sosteniamo, dall’altro perdonano benissimo.

FOTO © BURST / PEXELS

E lo fanno perché sono gli utenti social ad avere fette di prosciutto grosse come vele su occhi e capacità critica. Il sodale medio di Salvini se ne frega che il suo “capo” dica cose contrarie a quelle che diceva prima perché per lui mettere like ad un fiero “avanti Capitano” è roba catartica, non cartesiana. Deve stare in branco e vuole far sapere a quale branco appartiene lui, il resto si fotta.

Quel “sistema” per contraddirsi sempre

Con il Pd è diverso, diverso e più sistemico, senza grettezza di pronta beva. I dem pagano pegno da sempre ad una natura composita che, alternando segretari e linee come le offerte di un discount etico, squaderna via via posizioni che spesso fanno a cazzotti tra di loro. E’ il timing di cambio guida che è micidiale e veloce e gli iscritti sembrano levrieri stanchi dietro ad una lepre isterica.

Solo che quelle sono strategie politiche di ampio respiro e di vastissima eco, quella parlamentare, e la contraddizione salta all’occhio come uno scarafaggio su una torta alla panna. Lo fa per due motivi: le Camere sono il luogo naturale dove schieramenti contrapposti si guatano con puntiglio e con truppe plurime. Quindi è difficile che media ed “avversari” te ne passino anche solo una.

Il Pd poi sembra essersi specializzato nella sua verve ondivaga e lo ha fatto in particolare da quando in segreteria è arrivata Elly Schlein, che è brava ma polarizza come nessuno mai prima di lei.

Arriva Elly ma Frosinone cambia metodo

Sara Battisti, Francesco De Angelis e Luca Fantini

Le avvisaglie c’erano state già in provincia di Frosinone, quando in occasione delle primarie i dem si erano divisi tra coloro che sostenevano la candidatura della Schelin e quelli che stavano con Stefano Bonaccini. Concretismo riformista contro etica a tutti i costi giusto nelle ore difficili in cui Daniele Leodori e Francesco De Angelis gettavano le basi per la “rivoluzione” di un Pd “nuovo”. Che fosse plurale ma coeso, composito ma concentrato su obiettivi univoci, dialettico ma non litigioso.

Ecco, le cose in Ciociaria erano andate bene ma nel resto del paese non era andata proprio così. Ed oggi i dem sono sul vetrino come quei giovani anfibi che non sono ancora rana già non sono più girini, con zampe per saltare e branchie per respirare sott’acqua al contempo. Perciò stranieri sia in terra che in acquitrino.

La grande smentita sulle spese militari

L’analisi di Vittorio Emanuele Parsi su Il Foglio è roba da manuale. Essa descrive un Pd che “sembra aver perso sotto la guida di Schlein tutto l’aplomb governativo che aveva coltivato dagli anni Novanta del secolo scorso”. L’usta era nata dall’ultima contraddizione della Schlein: quella per cui il Pd che fu prese l’impegno a sostenere le spese militari al 2% ed il Pd che è da quell’impegno vuole sfilarsi.

Elly Schlein (Foto: Andrea Calandra © Imagoeconomica)

L’immagine evocata da Parsi è quella mesta ma difficilissima in punto di analisi politica. In ruvidezza sembra che i dem siano diventati pistone accessorio del motore populista di marchio pentastellato. Ma in analisi profonda emerge tutto l’affanno di un partito che senza campo largo e con il Rosatellum in vigore senza affratellarsi non va da nessuna parte. E rischia di consegnare il paese al destra centro per decenni interi. Insomma, non è solo indecisione, quella che abita al Nazareno, ma è anche tormento strategico che fiuta i numeri giusti senza mai abbrancarli al polpaccio.

Tant’è che Parsi dismette l’immagine del campo largo a favore di quella del “campo minato”. E lì non ci sono sminatori avanti le truppe, ma solo una segretaria che cammina e pesta ordigni accorgendosi che sono esplosi solo quando con essi salta in aria lei ed un pezzetto della credibilità di ciò che guida. E attenzione: Schelin ha pochissimi artificieri al soldo.

Effetti e possibili soluzioni

L’immagine evocata a suo tempo da Luciano Capone fu un piccolo capolavoro descrittivo: “C’è ormai una costante nella linea del Pd rispetto alla politica economica. Esso è contrario a ciò che ha fatto ed è a favore di ciò che ha contrastato. Inevitabilmente. Può metterci uno o dieci anni, ma di sicuro il Pd in un certo arco di tempo arriva a sostenere, con la stessa convinzione, l’opposto di quello che sosteneva prima”. L’elenco c’è ed è lungo ed oggettivo, ma quello che più interessa sono gli effetti dello stesso e le possibili soluzioni.

L’abbraccio tra Elly Schlein e Giuseppe Conte

Come si deve fare per sottrarre il partito più strutturato del panorama politico italiano a questo stillicidio di supercazzole fragranti? Esercizi di contorsionismo in cui i diritti (sacrosanti ma non sempre preponderanti) hanno sommerso il sociale, il massimalismo ha ammazzato la strategia e i risultati soccombono ogni volta che c’è un cambio di rotta? Come lo rimetti oggi questo Pd in condizioni di vincere in urna e non di mordicchiare cifrette negli effimeri sondaggi mensili?

Il rischio con gli elettori dem

Il rischio è evidente ed enorme: gli elettori dem sono tra i più fedeli del panorama politico italiano ma, se delusi, sono il fiele dell’universo prog. Perché non cambiano casacca, non scelgono altri partiti. No, semplicemente loro non vanno a votare ed alimentano quello stesso astensionismo su cui il sovranismo poi scatta in pedana per vincere. E soprattutto per proclamare di aver vinto incarnando la volontà della “maggioranza degli italiani”. Con il risultato mesto di un paese-clessidra messo al contrario.

Foto: Marco Carli © Imagoeconomica

Dove comanda chi ha preso più voti tra quelli che hanno votato ma dove la più parte di quelli che doveva votare non lo fa. E diventa base maggioritaria di un paese che non è rappresentato in Parlamento, ma nelle strade dove ogni istanza è forta ma frustrabile. Cioè in quei posti dove le decisioni non le prendi, ma le subisci. E sarà anche democraticamente impeccabile, ma è una gran bella fregatura. Perché se Salvini ne spara una delle sue non perde un voto, ma se il Pd ne dice solo una “debole” si gioca quartieri interi.

E’ il boomerang di aver un elettorato non à la carte ed un menù molecolare. Ma con una tavola che cerca la cacio e pepe. E dove il “gemello” Salvini è Cracco.