Peppino Paliotta: da Esperia ad Hammamet nel nome di Craxi

Gli anni del Pentapartito. Il Socialismo riformista e la Milano da bere. Ascesa e caduta del Psi di Bettino Craxi. Peppino Paliotta e quegli anni. Nei quali il Segretario Nazionale sentiva tutti i segretari provinciali. Ed interveniva. Lo scontro fratricida con Alfredo Pallone. Il braccio di ferro per l'ospedale di Cassino. Fino alle monetine al Raphael ed Hammamet

Si intitola ‘Hammamet‘, ed è la pellicola cult del momento. Racconta gli ultimi sei mesi di vita di vita di Bettino Craxi in esilio sulle coste della Tunisia, dove vanno a fargli visita ogni settimana familiari e amici che provengono dal suo recente passato.

Peppino Paliotta è uno di quelli che con Bettino Craxi ci poteva parlare. Faceva parte della potentissima componente del Riformismo. Era stato assessore regionale ed era in rampa di lancio verso il Parlamento. Poi venne Mani Pulite e nulla nel Partito Socialista fu più come prima.

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Bettino Craxi ad Hammamet
Onorevole, lei ci è andato ad Hammamet?

Si, ma al riguardo ho avuto sempre un cruccio: quello di esserci andato dopo che Bettino è morto. La cosa mi ha turbato. Così, quando sono andato a rendergli omaggio ho scritto sul libro delle presenze “Perdonami”.

Cominciamo dal principio della parabola: luglio 1976, riunione del Comitato Centrale del Psi al Midas di Roma. È il punto di svolta per il Partito Socialista Italiano.

Lì è cominciata l’ascesa del nuovo Segretario del Partito, di Bettino Craxi. Giovane, però in grado di mettere insieme la varie correnti.

Molti considerarono quel Comitato Centrale una specie di congiura di palazzo: Craxi spodestò Francesco De Martino dalla segreteria del Partito.

Tanti pensarono si trattasse d’una soluzione di transizione: Bettino in quel momento non era forte nel Partito. Sembrò la classica soluzione di transizione. I colonnelli socialisti pensavano che alla prima occasione l’avrebbero tolto di mezzo. Il Psi del ’76 era sull’orlo dell’estenzione“.

Era un Partito Socialista profondamente diverso da quello al qualepoi Craxi darà vita: era idealmente subalterno al Pci…

Vivevamo una subalternità morale, politica, di prospettiva e di programma. Ricordo che all’epoca quando parlavi con un comunista e voleva considerarti diceva ‘la sinistra‘: con questo termine essi inglobavano anche i Socialisti. Che dal punto di vista dei comunisti erano lì, non dovevano contare e dovevano fare da copertura per qualche misero e modesto riformismo che la leadership del Pci allora accettava“.

Bettino Craxi Congresso
Dopo la svolta del Midas cambia tutto: fine della subalternità.

Il Psi comincia a rivendicare a gran voce e con grande coraggio l’autonomia. Non solo rispetto al Partito Comunista Italiano, ma anche rispetto agli alleati da allora in poi. Cioè al principale alleato del Psi, la Democrazia Cristiana. Craxi è stato un personaggio scomodo che ha messo su e ha fatto crescere un Partito scomodo, sia per i comunisti che per la Dc“.

Cosa vi fece uscire dal baratro?

C’era la profonda convinzione di essere nel giusto. La rabbia per non essere capiti, l’impegno profondo, ma non soltanto della classe dirigente: una classe dirigente nuova, preparata, forte e in grado di competere da pari a pari con i cugini comunisti“.

Lei fa parte di quella nuova classe dirigente che nasce dopo il Midas…

Sono stato a tutti gli appuntamenti successivi: al Congresso di Milano, alla Conferenza programmatica di Rimini, al Congresso di Palermo, poi Bari…

Come iniziò?

Non c’era la ‘Nomina del Principe’. Non c’era alcuna investitura. Il ruolo nel Partito si conquistava gradino dopo gradino, impegno dopo impegno, candidatura dopo candidatura. Una considerazione importante nell’area di provenienza, nella provincia e nella regione di provenienza, ti portavano ad eccellere. E portavano il tuo impegno e la tua passione all’attenzione della Direzione Nazionale del Partito“.

Quale fu il primo gradino di Peppino Paliotta?

Io sono partito dalla base, dal nulla: dal ruolo di segretario di Sezione del mio paese, Esperia. Poi vicesegretario provinciale dei Giovani Socialisti, segretario provinciale dei GS. Poi membro del Direttivo provinciale, Responsabile dell’organizzazione, Vice Segretario provinciale, Segretario provinciale e poi tutta la carriera. Uno scalino alla volta, non esistevano cooptazioni“.

Peppino Paliotta
E quando si arrivava a diventare Segretario provinciale si era strutturati…

Assolutamente si. Anche perché all’epoca il Segretario Nazionale del Partito parlava con i Segretari Provinciali di tutta Italia“.

Parole chiave di quell’epoca: se le dico Riformismo Moderno cosa le viene in mente?

Mi viene in mente l’idea ispiratrice della nostra azione in provincia di Frosinone. Questo perché c’era un livello nazionale e c’è anche una particolare veemenza, un particolare impegno nella provincia di Frosinone. Facemmo anche un giornalino, ‘Riformismo Moderno‘; era un quindicinale che è arrivato a stampare 8000 copie e veniva distribuito alle persone di cui si aveva l’indirizzo“.

Sfide chiave di quell’epoca: la conta fratricida all’ultimo voto con Alfredo Pallone per un seggio in Regione Lazio.

Nel 1990 sembrava potessimo raggiungere una intesa sulla base della quale ci candidavamo d’accordo, Pallone ed io. Io sarei entrato in Regione, con l’impegno che due anni dopo, in occasione delle Politiche, sarei stato candidato al Senato. E Pallone a quel punto sarebbe andato a fare il Consigliere regionale al mio posto. Lui poi preferì un’altra strada, quella cioè del ribaltamento della maggioranza, riuscita a livello provinciale. Mi misero in minoranza al Direttivo provinciale – per un voto – e quindi andammo alle urne ciascuno per proprio conto. Fu battaglia dura“.

All’epoca si accettava il voto del Direttivo Provinciale, non si spaccava il Partito come succede oggi…’

Non esisteva, lì un voto del Direttivo provinciale era legge per tutti“.

Altre parole chiave di quell’epoca: ‘Favorisce la Ciociaria’. Cosa le viene in mente?

Mi vengono in mente la Coldiretti e la Democrazia Cristiana. Ero assessore regionale all’Agricoltura. La Coldiretti di Latina, la Democrazia Cristiana ed il capogruppo regionale avevano delle difficoltà interne su Latina. Pensarono bene di scaricare sull’assessore all’Agricoltura le colpe. Dissero ‘Aaah no! Questo bisogna cambiarlo perché favorisce la Ciociaria’. Cioè: impegna le risorse regionali solo per i problemi della Ciociaria e non delle altre province’- Cosa assolutamente non vera…

Un boomerang politico

Un errore grave, un harakiri. Perché così, per difendermi da quelle accuse, mi misero nella condizione di far stampare un libro con tutte le cose che avevo messo in atto e posto in essere durante i miei 5 anni come assessore all’Agricoltura: leggi, proposte, interventi. Il titolo dellibro era ‘Favorisce la Ciociaria’…

L’ex ospedale Gemma De Bosis
Fu lei a pretendere la costruzione del nuovo ospedale di Cassino. Disse alla Dc che non avrebbe mai avuto i voti dei Consiglieri Psi per costruire un nuovo ospedale a Civitavecchia se non fosse stato approvato anche un nuovo ospedale per Cassino’.

È andata esattamente così. Si possono citare altri esempi. Il problema nacque quando trionfalmente il senatore Angelo Picano annunciò che era stato fatto uno stanziamento di un miliardo e 900 milioni per la ristrutturazione dell’ospedale di Cassino Gemma De Bosis. Noi esaminammo la cosa con molta attenzione e dicemmo: ‘Non ci sono potenzialità per quella struttura, tali da essere ampliata. Quindi non vale la pena di spendere questi soldi”.

Perchè?

“Perché c’è Montecassino alle spalle, la Casilina davanti…. Oltre la Casilina si poteva pensare ad un sovrappasso o ad un sottopasso. C’è poi la ferrovia. Non c’erano le condizioni per ampliare l’ospedale e far diventare davvero il De Bosis un punto di riferimento ospedaliero non solo per il Lazio Sud e per la provincia di Frosinone, ma anche per la Campania del nord con la provincia di Caserta ed anche un po’ per l’Abruzzo ed il Molise’.

Quindi?

Sostenemmo che ci volesse un nuovo ospedale. In questo io fui avversato dal senatore Angelo Picano e dalla Democrazia Cristiana di allora. Però quando ci sono le buone ragioni dalla propria parte alla fine si finisce con il far trionfare la verità. In Consiglio ricordo che una volta qualcuno della maggioranza DC propose addirittura una mozione di censura, perché io ero in Giunta e dissi: ‘Questo stanziamento di un miliardo e 900 milioni non si approva. Ci vogliono 90 miliardi per fare il nuovo ospedale di Cassino‘. Volevano votare una mozione di censura ma naturalmente non se ne fece niente. Io ho continuato ad insistere. Dopo di che sono passato alla Presidenza della Commissione Sanità e continuavano a dire ‘non ci sono i soldi’. Allora io ho reperito 92 miliardi, li ho messi nella delibera che la Commissione regionale Sanità ha poi votato e a quel punto hanno dovuto fare per forza l’ospedale…

Lei voleva creare una Regione senza Roma.

Diciamo la verità, Roma non ci ha mai regalato niente. Con la scusa di dare un contentino, un ‘cioccolatino’ a ciascuno dividendo gli esponenti delle altre province del Lazio, Roma finiva con il dettare sempre la propria legge. Che è la legge dell’egemonia di Roma rispetto al resto del Lazio. E’ una storia vecchia, mai risolta, e anche allora si sentiva questo peso francamente insopportabile“.

Al centro Giuliano Ferrara, alla sua sinistra Giuseppe Paliotta e Loreto Corridore. Alla sua destra Massimo Struffi, Paride Quadrozzi e Aurelio Pietro Ranaldi. Foto © Archivio Piero Albery
Le faccio qualche nome. Sfogliamo idealmente l’album: Paride Quadrozzi.

Di Paride mi dispiace una cosa, che negli ultimi tempi non l’ho visto. Ci ha lasciati secondo me troppo presto… Fu Segretario provinciale, lo elesse la mia maggioranza. Un esempio di brava e competente militanza socialista“.

Pietro Ranaldi.

Presidente dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Cassino per anni. Un personaggio vero. Io gli dicevo ‘tu sei un uomo senza tempo‘, perché era come se il tempo non scandisse le ore del suo orologio biologico. Grande amico“.

Lucio Quintiliani.

Avvocato di San Donato Val di Comino. Acuto osservatore ed acuto suggeritore“.

Loreto Corridore.

Presidente dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Sora, ingegnere professionalmente molto quotato, molto serio ed impegnato

Angelo D’Ovidio.

Angelo D’Ovidio l’ho rivisto poche settimane fa, perché ha avuto un lutto: è mancata da poco Antonietta, la sua signora… Io ero di casa da D’Ovidio. Angelo è un socialista molto… si dà da fare molto, è molto impegnato“.

Michele Leva.

Michele Leva è stato eletto da me Segretario Provinciale. Il Congresso provinciale quell’anno venne riunito nella Valcomino, a Settefrati. Si trattava di eleggere il nuovo Segretario Provinciale del Partito. Nessuno individuava un nome che mettesse tutti d’accordo. Nessuno. Chiesi la parola, andai al microfono e proposi Michele Leva. Ci fu un’ovazione, venne eletto all’unanimità, unico esempio fra tutti i segretari socialisti eletti in tutti i nostri congressi in provincia di Frosinone. In nessun altro caso si è mai verificato un episodio così…

Paride Quadrozzi, Segretario del partito Socialista Italiano in provincia di Frosinone negli Anni Novanta
Franco Scuro.

Professionista di grande livello, socialista impegnato e fortissimo. Abitava ed abita ancora a Cassino ed era molto quotato nell’ambito del Partito“.

Attilio Perna.

“Ingegnere, professionista molto serio e molto impegnato anche lui. Fedelissimo; io credo di aver fatto di tutto per testimoniare a questi amici, a questi compagni il ringraziamento per la loro fedeltà“.

Osvaldo Tiribelli.

Osvaldo Tiribelli apparteneva ad una ‘categoria’ come dire, precedente. Nel senso che lui si era formato alla scuola della sinistra socialista. Quando diventò Riformista si aggregò all’area di Dell’Unto, quindi non è stato mai organico…. Tuttavia era una persona seria, un socialista impegnato e di grande umanità“.

Cesare Novelli.

Lui era Vice presidente della Commissione Nazionale che presiedeva alla decisione del Partito, stava a Roma ed era anche Vice presidente dell’Asi“.

Massimo Struffi.

Un compagno molto impegnato, Presidente della Provincia formatosi con la maggioranza che avemmo in Federazione. Dopo la Presidenza della Provincia lo candidammo a senatore e lo diventò“.

Quando era Presidente della Provincia ci fu la ‘Staffetta’ con Valentino D’Amata. Com’erano i rapporti con la Democrazia Cristiana?
Bettino Craxi

Di collaborazione-competizione, così si sintetizzavano in due parole. Questo nel senso che noi avevamo fatto la scelta del Riformismo e quindi in nessun caso avremmo voluto tornare indietro alle giunte di sinistra o di centro sinista. Il centrosinistra lo creammo anzi noi, nel senso che noi eravamo la sinistra nell’ambito dei Partiti moderati, della Democrazia Cristiana. Erano rapporti di competizione e collaborazione, però leali e improntati alla fedeltà. Di una lealtà e fedeltà che chiedevamo ed esigevamo allo stesso modo in cui la offrivamo, in senso opposto, da parte della DC nei nostri confronti“.

Era un periodo nel quale i leader non avevano paura di far crescere un’altra generazione. Claudio Martelli com’era?

Lo ricordo ancora adesso alla Conferenza dei Meriti e dei Bisogni, alla conferenza programmatica di Rimini. Un grande cervello, davvero un grande cervello, un grande socialista, uno bravo bravo bravo“.

Com’era confrontarsi con Craxi?

Craxi… Devo raccontare una cosa. Nel 1990, come ho detto, ribaltarono la maggioranza in Federazione per la battaglia delle Regionali, Pallone prese la maggioranza ed era candidato in contrapposizione a me. Molti degli esponenti regionali e dei membri del governo si schieravano perciò da una parte o da un’altra. Ad un certo punto, tre giorni prima del voto mi chiama qualcuno dicendomi: ‘Ma tu lo sai che stanno facendo una conferenza a Frosinone parlando di elezioni regionali?’.

Chiesi io ‘Ma chi la sta facendo?’ ‘La sta facendo Sebastiano Montale che ha riunito tutti i suoi della provincia…’. Io riposi che ero a Cassino e che non avrei potuto esserci e la cosa finì lì. Un’ora dopo che era finita la conferenza mi raccontarono che su richiesta di un giornalista, a Sebastiano Montale che era Sottosegretario alle Partecipazioni Statali, venne posta una domanda: ‘Come mai ha deciso di cambiare direzione e anziché far votare per Pallone e invece farà votare per Paliotta?’ Lui rispose: ‘Mi ha chiamato il Segretario del Partito e mi ha detto che a Frosinone si deve votare Paliotta’. Lui, Craxi, non mi ha mai detto niente di questa cosa, mai…“.

Arriviamo verso la fine della parabola: il lancio delle monetine.
Bettino Craxi all’uscita dell’hotel Raphael il 30 aprile ’93

Eh si, un episodio oscuro, brutto, amaro… Craxi ha finito col pagare errori di tutta la classe politica nazionale e di tutti i Partiti. Questo è ingiusto, è ingiusto…

Ha pagato lui per tutti?

Si, ha pagato lui per tutti“.

Il discorso in Parlamento sull’autorizzazione a procedere.

Ce ne fu uno precedente che spesso viene dimenticato. E nel quale il discorso del ’93 affonda le radici“.

È il discorso fatto un anno prima, nel silenzio imbarazzato dell’Aula.

Esattamente. Il discorso nel quale Bettino Craxi il 3 luglio 1992 disse “tutti sanno del resto, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale. I partiti, specie quelli che contano su appartati grandi, medi o piccoli, giornali, attività propagandistiche, promozionali e associative, e con essi molte e varie strutture politiche operative, hanno ricorso e ricorrono all’uso di risorse aggiuntive in forma irregolare od illegale”.

“Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale, allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale. Non credo che ci sia nessuno in quest’Aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro”.

Bettino Craxi nel suo ultimo intervento

Nessuno si alzò. La verità su Tangentopoli esce da quella seduta alla Camera“.

Cosa le manca di Bettino Craxi?

L’idea di poter, in qualunque momento, quando era necessario e nelle scelte importanti contare su di lui. Racconto un aneddoto: il Direttivo Provinciale non voleva votare la candidatura di Landolfi al collegio senatoriale di Sora-Cassino. Quindi si prospettava nell’ambito del Direttivo Provinciale una maggioranza che avrebbe detto si, perché era il candidato che voleva Bettino e la minoranza che non ne voleva sapere. Assumermi la responsabilità di dividere era complicato. E allora alzai il telefono. Lo chiamai. Ascoltato quello che gli dovevo dire, una brevissima e sintetica relazione, Bettino mi disse: ‘Vai, procedi’. A quel punto era la voce della verità“.

Lei ha fatto politica anche dopo, nella cosiddetta Seconda Repubblica. Eletto in Provincia con un movimento di ispirazione civica. Quanto è stato diverso fare politica con la Prima e con la Seconda Repubblica?

Un abisso. Un abisso, un baratro. Non dico per responsabilità dei nuovi soggetti politici arrivati, ma per responsabilità esclusiva di chi affonda le proprie radici in un passato remoto. Quindi la colpa era soltanto mia. Di certo non parlavamo lo stesso linguaggio, non c’è alcun dubbio“.

E c’erano anche dei valori diversi tra Prima e Seconda Repubblica?

Valori e disvalori. C’erano valori e disvalori, li collochi lei, in quale arco di tempo c’erano i valori e in quale i disvalori. Purtroppo è così…

Cosa le manca di più della Prima Repubblica?

“(…) La capacità della classe politica di fare i conti con la realtà. E pur perseguendo l’obiettivo di competere ed ottenere più voti dell’avversario politico, l’idea che però la Stella Polare e il punto di riferimento fossero sempre i cittadini ed il loro interessi.

In una situazione nella quale i cittadini non erano assenti, non erano indifferenti, si aggiornavano, leggevano, seguivano. Il dirimpettaio sul pianerottolo litigava con quello che stava di fronte per ragioni esclusivamente politiche!…

C’era coinvolgimento…

Un altro mondo, un altro mondo, oggi non è più così“.