La vittoria di Zingaretti, la sconfitta di Salvini

Ad urne aperte ci sono già vincitori e vinti di queste elezioni. Nicola Zingaretti ha vinto la sua scommessa. Ora è l'uomo forte del Partito. Ed il Pd è il primo Partito nell'alleanza. Lo sconfitto è Salvini: nessuna traccia del 7-0 profetizzato. In Veneto la civica di Zaia ha preso tre volte i voti della Lega

Ad urne aperte e verdetti ancora da assegnare c’è già un vincitore di questa tornata elettorale. E ci sono tanti sconfitti. Il Referendum costituzionale ed il voto alle Regionali hanno fornito indicazioni chiare. Che nelle prossime settimane scateneranno conseguenze su tutti i fronti politici.

Il vincitore ad urne aperte è Nicola Zingaretti. Il Segretario ha avuto il coraggio di schierare il Partito Democratico sul Si al taglio dei parlamentari: lo ha fatto nonostante buona parte del sentiment nella base fosse per il No. Lo ha fatto per una scelta di coerenza: faceva parte dei patti assunti con il M5S al momento di dare vita al governo Conte 2. Ha dimostrato ancora una volta la sua non comune capacità di visione sulla lunga distanza.

La scommessa di Zingaretti

Nicola Zingaretti nella dichiarazione ad urne aperte

Ha rischiato. Moltissimo. Non perché ci fosse il rischio di una vittoria del No e quindi di una sconfessione della sua linea politica. A sconfessarlo sarebbe bastata una vittoria del Si con percentuali più risicate. Un rischio concreto: un 60% a 40% avrebbe autorizzato la maretta interna, un 59% a 41% o oltre avrebbe messo in discussione la leadership. Non è avvenuto.

Il risultato soffia sulle vele del rinnovamento che è la vera rotta sulla quale Nicola Zingaretti ha orientato il Partito Democratico da quando ne ha preso il timone. Lo ha detto nella prima dichiarazione ad urne aperte: «Il Partito Democratico è la forza del cambiamento, ora abbiamo davanti un percorso di innovazione e modernizzazione delle istituzioni. La vittoria del Si apre una stagione di riforme: con gli alleati faremo in modo che avada avanti in maniera spedita. Il No avrebbe bloccato la speranza di cambiare le istituzioni».

Pd primo Partito nella coalizione

Nicola Zingaretti

I numeri a urne aperte dicono che il Partito Democratico ora è il primo Partito nella coalizione di Governo: ha scavalcato il Movimento 5 Stelle, ridotto a percentuali simboliche rispetto a quelle da plebiscito ottenute nel 2018. Tanto per fare un esempio: in Puglia è sceso dal 50% del 2018 al 10% di oggi.

Questo consentirà ora al Pd di cambiare il rapporto di forza con l’alleato.

Con il sorriso sulle labbra, largo dal lobo dell’orecchio sinistro a quello dell’orecchio destro, Nicola Zingaretti ha assestato una stoccata al Movimento 5 Stelle. A quella parte del M5S che vive con fastidio l’alleanza con il Pd.

«Se ci avessero dato retta di piu i nostri alleati, l’alleanza di Governo avrebbe vinto in quasi tuttte le regioni; l’unità non è un problema e non è un rischio lo diciamo dal primo giorno del governo Conte. Guardando i numeri è chiaro che se l’alleanza fosse stata unita ovunque avremmo vinto quasi tutte la Regioni».

Salvini, il Ko è doppio

Luca Zaia

Se c’è un vincitore c’è anche uno sconfitto. È Matteo Salvini, il capitano della Lega sempre più isolato e meno vincente. Aveva profetizzato nei giorni scorsi un 7-0 per il centrodestra. Ha portato a casa il minimo sindacale: ad urne aperte il centrodestra conferma il Veneto e la Liguria, vince nelle Marche; non strappa la Toscana al Pd, non scuote nemmeno un po’ Michele Emiliano in Puglia. La Campania non era nemmeno in discussione.

Ma è il dato del Veneto a decretare la sconfitta doppia per Salvini: lì dove il candidato del Carroccio ha centrato una vittoria con percentuali degne della Bulgaria, appare chiaro che si tratti di una vittoria di Luca zaia e non della Lega. La lista civica del presidente ha preso tre volte i voti ottenuti dalla Lega,.

Non c’è altro da aggiungere.

Anzi si. Pure in Liguria, il primo Partito è la civica del Governatore Giovanni Toti, la Lega è seconda intorno al 16%. C’è da aggiungere che sia in Liguria e sia nelle Marche la vittoria del centrodestra è stata meno larga del previsto.

Se c‘è una leadership che finisce in discussione non è quella di Zingaretti ma quella di Salvini.

Il popolo del No

Gli elettori sono meno populisti del previsto

Dalle urne esce la radiografia di un Paese ben preciso. C’è un terzo di Italiani che vogliono il Parlamento con due camere, vogliono lo stesso numero di parlamentari che ci sono oggi. Sino milioni.

Nel complesso, gli elettori italiani sono più ragionevoli e meno di pancia di quanto fosse immaginabile. Non sono populisti ma riformisti. Vogliono tornare a stare bene e non vogliono la rivoluzione.

I Partiti non possono non tenerne conto.

La vittoria sul territorio

In pochi ci hanno messo la faccia

C’è poco da dire: sono i fatti a parlare. Il presidente del Consiglio Regionale del Lazio Mauro Buschini è stato il primo a dichiarare ai quattro venti il suo Si. A metterci la faccia, nel momento in cui è stato necessario spingere gli elettori, sono stati anche il leader di Pensare Democratico Francesco De Angelis, il Segretario provinciale Luca Fantini, il consigliere regionale Sara Battisti.

Andando contro le indicazioni di Italia Viva ci ha messo la faccia anche la super renziana Valentina Calcagni: si era schierata per il No. Ma almeno si era schierata. (Leggi qui Voto a… perdere. Gattopardi a 5 Stelle e spettatori silenti).

Gli altri? Non pervenuti. È chiaro che il taglio di 350 tra deputati e senatori provicherà la decimazioni dei parlamentari ciociari.

Senza garanzia che i prossimi saranno migliori.