Fusione Fca – Renault, i rischi e le opportunità per Cassino

Le voci di imminente fusione tra Fca e Renault. Gli analisti vedono opportunità e rischi per lo stabilimento di Cassino Plant. Il polo del lusso che manca ai francesi. Le sovrapposizioni in uno scenario globale

Il secondo segnale di allarme per il futuro dello stabilimento Fca Cassino plant arriva sull’asse Torino – Parigi. L’alleanza tra Fiat Chrysler Automobiles e Renault si concluderà in pochissimo tempo: già lunedì mattina – rivela l’agenzia economica Bloomberg – si riunisce il Consiglio di Amministrazione del produttore francese. Per ufficializzare la trattativa prima dell’apertura della Borsa: lo scenario più plausibile è uno scambio di azioni tra Fca e Renault, con versamento anticipato di un dividendo ai soci Fiat Chrysler.

Allearsi per non vendere

È uno scenario che Sergio Marchionne aveva prospettato già tre anni fa. Prevedeva un mondo con al massimo cinque player dell’Automotive. La sua morte improvvisa ha imposto una battuta d’arresto. Ora l’alleanza tra Fca e Renault permetterà a Torino di uscire dall’immobilismo.

In prospettiva, l’alleanza con Renault è la migliore possibile: creerebbe le condizioni per sviluppare il principale polo automobilistico mondiale, con un asset europeo (Renault), uno americano (Fca), uno asiatico (Nissan). Proprio il player asiatico è legato con Renault ormai da una ventina d’anni attraverso un incrocio di quote. La ricostruzione di Financial Times ipotizza che in questa fase Nissan rimanga fuori dall’operazione per entrarvi solo una volta assestato l’asset europeo. Ne deriverebbe un produttore capace di 15,6 milioni di vendite annuali: scavalcando di ben un terzo il polo Volkswagen.

A cosa serve il dividendo anticipato che Fca pagherebbe ai soci? La chiave di lettura arriva dalle ipotesi del quotidiano francese Les Echos. Fiat Chrysler Automobiles grazie alla cura Marchionne ha risanato i conti e oggi pesa per circa 18 miliardi di euro. Invece Renault ha un peso inferiore ai 15 miliardi. I francesi sono favorevoli ad una fusione ma contrari a qualunque ipotesi di cannibalizzazione da parte di Fca: quindi no alla prospettiva di una acquisizione fatta da Fca su Renault.

Pagando il dividendo straordinario, le capitalizzazioni di mercato dei due colossi arriverebbero a bilanciarsi.

Chi comanda? La Exor (la cassaforte degli Agnelli) oggi ha il 29% di Fca e con la nuova società avrebbe ancora la quota maggiore, seguita dal governo francese che oggi possiede il 15% di Renault.

Cassino tra rischi e opportunità

L’alleanza con Renault è la migliore anche sotto il profilo strategico. Perché i due gruppi si completano. Fca arranca nel mercato asiatico dove invece è ben introdotta Renault. I francesi non hanno uno sbocco sul mercato americano, dove Fca è di casa con Jeep e Ram.

Gli analisti ritengono che l’apporto maggiore da parte di Fca verrebbe dal suo ex polo del lusso: i modelli prodotti con marchio Maserati e Alfa Romeo. Esattamente quello che al momento manca sull’asse franco-nipponico. E proprio il blocco del mercato orientale ha rappresentato una consistente falla nella strategia Alfa Romeo: Giulia e Stelvio dovevano raggiungere -secondo le previsioni – quote ben diverse in Asia.

«In Renault – ha spiegato all’AdnKronos il professor Giuseppe Berta docente di Scienze Sociali alla Bocconi e per lungo tempo direttore dell’Archivio Storico Fiat – c’é dietro lo Stato, c’é Macron, e sappiamo tutti come la Francia affronti questo tipo di questioni, con tutto il suo peso. Ecco in Italia non c’é mai stata grande sensibilità su questi temi e neppure impegno. Ma di fronte a quanto sta per accadere, il governo, chi segue la politica economica, dovrebbe stare attento: Il peso della produzione industriale nel nostro Paese potrebbe ulteriormente diminuire».

Cosa significa? Che il rischio per l’Italia è di vedere diminuire ancor di più a livello industriale la produzione automobilistica. Perché se ci sarà da ridurre la produzione i francesi sanno farsi valere e difendere le loro quote, molto più di quanto finora ha dimostrato di saper fare l’Italia.

Nell’elenco di quelli che rischiano c’è Torino, mentre su Cassino c’è un grosso punto interrogativo. Perché?

Le sovrapposizioni

Il professor Berta non è solo quando parla di fronti interni italiani che rischiano di aprirsi. I sindacati hanno già drizzato le antenne sui rischi per i livelli occupazionali ed i possibili tagli conseguenti all’alleanza. È il caso di Marco Bentivogli segretario nazionale dei Metalmeccanici Cisl, secondo il quale è assolutamente positiva l’ipotesi di un’alleanza strategica, soprattutto «per avere risorse e competenze per affrontare la transizione tecnologica verso la nuova mobilità elettrica e a guida autonoma e per rafforzarsi in Asia. Questi sono i punti deboli su cui costruire alleanze per dare più forza a Fca».

Ma allo stesso tempo Bentivogli sottolinea «che abbiamo al più presto bisogno di aprire un confronto perché è opportuno chiarire ed escludere eventuali sovrapposizioni con gli stabilimenti e l’occupazione nel nostro Paese».

Tradotto: l’alleanza Renault – Fca potrebbe produrre dei doppioni, vediamo subito quali sono e quali stabilimenti devono rivedere la propria posizione nel nuovo scenario.

È esattamente l’allarme che Alessioporcu.it aveva evidenziato nelle settimane scorse (leggi qui I silenzi imbarazzanti sul futuro di Fca Cassino Plant). Cassino Plant non ha una mission ben definita all’interno dei nuovi scenari globali che si stanno delineando a livello mondiale, in caso di alleanze e fusioni.

I quesiti

«Torino – si domanda ora il professore Giuseppe Bertasarà ancora al centro della strategia elettrica, considerato che le auto più vendute in Europa sono la Nissan Leaf e la Renault Zoe?”. Non solo: il baricentro di Fca «già oggi spostato sempre più verso l’America, domani dove sarà?» perché il nuovo gruppo potrebbe essere francoamericano, considerate le quote di vendita sempre più marginali in Italia.

Soprattutto per Cassino, Berta si chiede «Il tramontato polo del lusso italiano che fine farà? Perchè dopo le alleanze ci sono le razionalizzazioni. E di fronte a svolte epocali come l’auto elettrica e la guida autonoma, le razionalizzazioni diventano cruciali».

Qualche esempio concreto? «Basti vedere la decisione della Ford di tagliare la forza lavoro o la General Motors che annuncia la dismissione del suo simbolo, il suo quartier generale. Tagli che facilitano gli investimenti nell’auto elettrica perchè siamo a un passo da un cambio enorme. Tra quattro-cinque anni il nostro sistema auto mondiale sarà riconfigurato».

Un allarme condiviso da Fim Cisl. «Queste – ha detto Marco Bentivoglisono partite decisive per il futuro dell’industria italiana e che avvengono con un Governo impegnato in una perenne campagna elettorale, lasciando soli lavoratori e imprese. Se un politico non sa quanto pesa l’automotive sul Pil meglio che cambi mestiere».