Sotto la crosta del caso di Allumiere e delle Asl

Il caso di Allumiere non è isolato. Ma sotto la crosta dell'aspetto giudiziario c'è molto altro. C'è un'evidenza che la politica non può continuare ad ignorare.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Allumiere è solo la punta dell’iceberg. Le cronache di questi giorni riferiscono che c’è un altro caso identico. Un’altra graduatoria allungata con un elenco di idonei pescati poi dai Comuni vicini per fare le loro assunzioni. In questo caso l’elenco è più breve: 7 nomi. Ma come ad Allumiere, la quasi totalità della lista scoperta in questi giorni a Rocca Santo Stefano è composta o da politici o da persone vicine alla politica. Ben cinque su sette.

Anche in questo caso c’è un collegamento diretto tra il sindaco e la presidenza del Consiglio Regionale del Lazio: Come il suo collega di Allumiere anche Sandro Runieri ha lavorato in Regione Lazio negli uffici della Presidenza del Consiglio. Era il capo di Gabinetto dell’allora presidente Daniele Leodori. Cioè quello che lì ha lasciato anche il sindaco di Allumiere in eredità al suo successore Mauro Buschini. Che lì l’ha trovato e lì se l’è tenuto.

Foto: Carlo Carino / Imagoeconomica

Dei sette tra vincitori ed idonei al concorso scoperto ora a Rocca Santo Stefano, riferisce il quotidiano La Repubblica cinque sono legati alla politica locale: ci sono due sindaci, un consigliere comunale e due persone riconducibili ad esponenti del Partito Democratico.

Poi c’è il concorso alla Asl. In queste ore sono in corso verifiche sul modo in cui nello scorso novembre sono stati selezionati i collaboratori amministrativi destinati alle Asl di Latina, Frosinone e Viterbo.

L’elenco è destinato ad allungarsi. Ed il caso impone alcune riflessioni.

La boiata dei concorsi

Che i concorsi pubblici in Italia siano poco più di una una solenne presa in giro è sotto gli occhi di tutti coloro siano disposti a tenerli aperti. A cominciare dai concorsi per diventare magistrato, se si vuole prestare fede alle rivelazioni dell’ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Luca Palamara finora mai smentite ed affidate al best seller Il Sistema.

Chi ha i capelli grigi non fatica a ricordare che le assunzioni prima avvenivano in base ad un criterio elementare: un democristiano, un socialista, un comunista ed uno che lavorasse per tutti e quattro.

Oggi c’è la stessa situazione. E se qualcuno pensa che riguardi il Partito Democratico, solo il Partito Democratico, solo una parte del Partito Democratico, si sbaglia.

Il fetore sui concorsi

Una cosa va detta subito ed a scanso di equivoci: quei concorsi non profumano di bucato. Al contrario: emanano un olezzo da Prima Repubblica, stantio ed insopportabile.

Nicola Zingaretti (Foto: Leonardo Puccini / Imagoeconomica)

C’è la possibilità che siano regolari sotto l’aspetto tecnico e che nessun rilievo alla fine venga contestato. Ciò non toglie che la puzza di inopportunità, la macchia della solita furbata da magliaro all’italiana, siano evidenti. Non è impazzito Nicola Zingaretti quando, informato della situazione, ha pronunciato la più pesante e radicale delle scomuniche politiche: sicuramente andando oltre la misura ma il Governatore così è, vie di mezzo non ne conosce.

La puzza sta nella mancanza di assoluta limpidezza in quei percorsi con cui arrivare alle assunzioni. E sia chiaro: il sospetto è doppiamente grave. Perché sotto la lente non c’è una graduatoria: qui si ipotizza un sistema ramificato tra vari enti e che puntava a pilotare una quota dell’intero sistema di assunzioni. Lo dicono le evidenze. La Regione Lazio si è limitata ad attingere ex lege alla graduatoria elaborata dal Comune di Allumiere. È reato? Se la graduatoria fosse limpida, trasparente: No, non sarebbe reato. È trasparente? Lo sta accertando la magistratura. Già il fatto che sia necessario l’intervento dei magistrati la rende molto discutibile.

Prima creavano posti, ora li cercano

Qui si torna all’essenza del problema. C’è un problema politico. Che deve essere portato in piazza ed affrontato con chiarezza. Smettendo di giocare al lancio delle palle di fango per delegittimare l’avversario: il rischio, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, è che nessuno ne esca indenne. (Leggi qui Quando piove letame finisce sulla testa di tutti).

La storia di Allumiere, forse quella di Rocca Santo Stefano e forse pure quella delle Asl, sono la cartina di tornasole del cambiamento della politica. Prima i politici creavano posti di lavoro ed assumevano i loro elettori: altro che concorsi. C’era un legame diretto con i voti: all’epoca non esisteva il reato di voto di scambio cioè io ti porto i voti e tu mi sistemi la gente. Anzi.

La linea Videocolor in abbandono (Foto: LostItaly.it)

Con l’Autostrada del Sole e la Cassa per il Mezzogiorno, le industrie del Nord fecero a gara per impiantare i loro stabilimenti in provincia di Frosinone. Il patto non dichiarato era semplice: ad ogni miliardo concesso alla fabbrica corrispondeva ad un certo numero di posti da garantire. E quei posti venivano spartiti tra i Ras della Dc: lasciandone anche una parte (minima) all’opposizione. Non a caso nel vocabolario della politica italiana esiste il termine consociativismo che all’estero nemmeno immaginano cosa sia.

Cosa ci guadagnava la politica? Il consenso. Cosa ci guadagnava il Paese? Era un’idea di sviluppo. Sbagliata, come dimostrerà il tempo: di quell’imprenditoria, attratta solo dai miliardi, è rimasto poco o nulla sul territorio

La cartina di Tornasole

A differenza di Giulio Andreotti, i politici di oggi non sono buoni ad immaginare una cassa per il Mezzogiorno, farla radicare nel suo collegio elettorale. Nemmeno sono buoni a generare attrazione per multinazionali straniere e fabbriche che devono investire per allargare la produzione. Oggi non hanno bisogno del consenso, si viene nominati e non eletti, le preferenze sono sparite.

Fino a qualche anno fa si diceva “è figlio di…” per indicare che il neo assunto aveva raggiunto quella posizione grazie alla parentela con un politico.

Marco Vincenzi (Foto: Paolo Cerroni / Imagoeconomica)

Oggi, la tristezza immensa che deriva dalle storie di Allumiere e Rocca Santo Stefano, è scoprire quanto siamo scesi più in basso: scorrendo l’elenco si scopre che i politici si stanno cercando un lavoro. Per loro stessi. Non cercano i posti per i loro elettori (in cambio dei voti), non li cercano per i parenti prossimi (figlio di…) ma li cercano per se stessi. Oltre al fatto che sia disdicevole è il metro della loro incapacità.

Scorrendo quell’elenco si trovano i nomi di ragazzi finti nella graduatoria degli idonei di Allumiere con due lauree, un master, tre lingue parlate correntemente ed almeno una dozzina di anni di precariato nelle sagrestie della politica. L’eterno scandalo è quello.

Il dribbling di Buontempo

Teodoro Buontempo è stato un’icona della Destra: quella degli Anni di Piombo, nei quali si sparava da una parte e dall’altra, uno la cui militanza ed il cui attivismo sono inossidabili a qualunque prova. Era Assessore alla Casa nella giunta regionale di Renata Polverini: venne invitato negli studi di Teleuniverso per illustrare i provvedimenti sul housing sociale che aveva promosso.

Teodoro Buontempo (Foto: Paola Onofri / Imagoeconomica)

Provocato sul tema dei vitalizi Teodoro Buontempo ebbe a dire che era contrario alla loro soppressione. Spiegò. Raccontando la sua militanza nel Msi e poi nelle sue successive declinazioni: in maniera totale, completa, senza mai un giorno di riposo. E questo – diceva – non permetteva di avere un lavoro con cui accumulare una pensione. Considero il vitalizio, spiegò, come il riconoscimento al lavoro ed alla militanza: non mia ma dei tantissimi come me, che senza il vitalizio nemmeno avrebbero una pensione con cui campare dopo avere speso una vita intera per la politica. Spiazzante.

Se le graduatorie di Allumiere sono farlocche lo dirà un’indagine. Se la politica ha coraggio, affronti la questione che quella storia porta alla luce: non si limiti alla cronaca. per quella bastano i magistrati.