La rivincita di Roccasecca: il Tar blocca la nuova discarica

Foto © Imagoeconomica / Benvegnu' Guaitoli

Il tar blocca la nuova discarica a Roccasecca. Annullate le autorizzazioni ambientali rilasciate dalla Regione. Per i giudici non doveva ricorrere a Conte ma al Consiglio dei Ministri. Applicando la vecchia legge. Stop al V bacino. In attesa della nuova sentenza. Ora Roma deve correre. Mentre Frosinone non ha alternative pronte

Tempus regit actum: tre parole in latino che dicono no al quinto ampliamento della discarica provinciale a Roccasecca. Le ha pronunciate questa sera il giudice Antonio Vinciguerra, presidente della I Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale. Quelle tre parole dicono che è sbagliato l’atto emesso il 2 dicembre 2019 dalla Regione Lazio per dire si alla discarica. Perché partiva da un presupposto giuridico forse giusto ma certamente nel momento sbagliato. Cosa significa?

Significa che le cause vanno giudicate in base al diritto processuale in vigore al momento in cui viene fatta la causa. Più semplice? Rubo il panino con la mortadella al mio collega e lui mi denuncia: nel frattempo cambia la Legge e non è più reato rubare i panini con la mortadella. Io comunque verrò giudicato sulla base della legge in vigore al momento in cui mi sono preso la pagnottella. Applicando poi la pena più favorevole.

Il principio giuridico è “ogni atto va valutato secondo la norma vigente al momento del suo compimento“.

Panoramica della Mad di Roccasecca

Tre parole che nella sostanza annullano le autorizzazioni ambientali rilasciate dalla Regione Lazio per ampliare la discarica di Roccasecca, scavare il quinto maxi invaso nel quale mettere i rifiuti di Roma e Frosinone. Le annullano perché al tempo c’era una norma che non consentiva di rilasciarle. Come sostenuto dal sindaco Giuseppe Sacco e dal suo pool di difensori.

Tutto riassunto in tredici pagine, scritte dal giudice Valerio Torano. Che bloccano i lavori, costringono la Regione a rivedere tutto, rimettono in discussione l’intero progetto di ampliamento a Roccasecca, obbligano il Comune di Roma ad accelerare per farsi la sua discarica in un’altra area che appartiene allo stesso gruppo che gestisce quella di Roccasecca. E lascia con il cerino acceso in mano il presidente della Provincia di Frosinone Antonio Pompeo.

La rivincita di Roccasecca

Il sindaco di Roccasecca Giuseppe Sacco

Quella sentenza è figlia di ciò che in italiano si definisce pervicacia ma in Ciociaria chiamano tigna. È stata la testardaggine del sindaco di Roccasecca Giuseppe Sacco ad imboccare con convinzione la via del Tar. Chiedendo l’annullamento della Determinazione Dirigenziale della Regione Lazio, Direzione politiche ambientali e ciclo dei rifiuti, n. G16506 del 2 dicembre 2019.

In parole semplici: il documento con il quale la Regione Lazio ha dato il via libera ambientale al quinto maxi ampliamento della discarica di Roccasecca.

Un ricorso che ha visto intervenire la Regione Lazio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, la Soprintendenza archeologia e delle Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di Frosinone, Latina e Rieti, l’Ispra che è l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, l’Arpa e cioè l’Agenzia regionale per la protezione ambientale Lazio, la società Mad che in questi anni ha gestito la discarica provinciale di Roccasecca, la XV Comunità Montana di Arce, la Provincia di Frosinone ed i Comuni di San Giovanni Incarico e di Colfelice.

Una battaglia fatta per tigna. Che rappresenta una rivincita dopo che il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte si è rimangiato quello che lui stesso aveva detto nei mesi recedenti ed ha dato il via libera all’ampliamento di Roccasecca, mettendo la Regione Lazio in condizione di disporlo con gli atti. (leggi qui Vince Lozza, Palazzo Chigi dice si all’ampliamento della discarica a Roccasecca).

I fatti

Foto © Daniele Scudieri / Imagoeconomica

La Mad il 22 aprile 2015 chiede con l’istanza n°221855 alla Regione Lazio il visto per poter ampliare la discarica di Roccasecca. È il quinto enorme bacino. Eppure il quarto doveva bastare ancora per anni ed anni. Invece l’emergenza in cui è sprofondata Roma ha rimepito in pochi mesi quella buca scavata per la sola provincia di Frosinone.

Il 5 novembre il Ministero per i Beni Ambientali non ci sta. Dice no. Lo fa con la nota 21594 nella quale dice che il progetto è in contrasto con il Ptpr. Che roba è? È il Piano Territoriale Paesistico Regionale cioè l’atto al quale devono uniformarsi tutti i Piani Regolatori che disciplinano l’Urbanistica nei Comuni del Lazio.

In sintesi il Ministero ha detto alla Regione che deve fermarsi perché quel progetto è in contrasto con la sua stessa legge paesistica. E la Regione si ferma. Lo fa il 15 giugno 2016 con la nota 315510.

Poi accade che la Regione rimette mano al Ptpr, ne approva uno nuovo il 2 agosto 2019 (Delibera di Giunta 592). E la pratica per il V Bacino a Roccasecca si rimette a camminare. (atto n°736956 del 18 settembre).

Il Ministero non sta a guardare: il 14 ottobre 2019 è previsto il tavolo che deve dare o meno il via libera al V bacino. Dal dicastero dei Beni Ambientali e Culturali mandano una nota il 9 ottobre precedente (n°13797). Dicendo, in sostanza: no era prima e no è adesso. L’ampliamento della discarica, a giudizio del Ministero viola le norme ambientali.

Non basta

L’assemblea dei sindaci riunita a Roccasecca

Il Comune di Roccasecca non si accontenta e ci mette del suo. Interviene nel procedimento amministrativo e dice no. No all’ampliamento perché il bacino è troppo grande e quindi “appare eccedente rispetto ai limiti dell’area oggetto dell’osservazione “012060060 S100010102 P“; lo scavo ricade in aree sui quali esiste un bosco; c’è una strada comunale che porta a Pontecorvo.

No anche dai Comuni di San Giovanni Incarico, Ceprano, Pastena, Arce e Pontecorvo, oltre a taluni comitati e privati e la XV Comunità montana.

Nulla da fare. La Regione dice si con la determinazione dirigenziale n. G16506 del 2 dicembre 2019. È l’atto impugnato ora: quello nel quale la Regione Lazio ha espresso giudizio di compatibilità ambientale

Dovevano andare a Palazzo Chigi

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio © Foto Paris / Imagoeconomica

Il pool di avvocati che affianca il sindaco di Roccasecca cala poi un altro motivo di impugazione.

Per gli appassionati del Diritto Amministrativo, eccepiscono la

violazione degli artt. 14-bis, comma 3-bis, 14-quater, comma 3, 14-quinquies, l.7 agosto 1990 n. 241, 7, d.lgs. 30 giugno 2016 n. 127, 23 e ss., d.lgs. n. 152 del 2006

Per noi comuni mortali: sostengono che c’è stato eccesso di potere per difetto di istruttoria e contraddittorietà con atti amministrativi connessi. Più terrestre ancora: la Regione Lazio, di fronte al No del Ministero su un tema di natura paesaggistica doveva rimettere la questione al Consiglio dei Ministri. Era quella la sede in cui superare i dissensi espressi tra gli altri del Comune di Roccasecca e dal Mibact. Invece la Regione ha chiuso positivamente il procedimento. Ha autorizzato, come se non fosse stato detto no.

Scrivono i giudici del Tar che se durante la Conferenza di Servizi viene espresso un dissenso motivato da parte di un’Amministrazione preposta alla tutela di un interesse sensibile quale quello paesaggistico (in questo caso il Mibact), questo “impedisce alla conferenza di servizi di procedere ulteriormente e rende doverosa, ai fini del superamento del dissenso espresso, la rimessione della decisione al Consiglio dei Ministri, pena il difetto assoluto di attribuzione“.

Questione di … Tempus

Perché la regione lo ha fatto? Sulla base di un sottile ragionamento giuridico. Lo ha fatto per dare un’accelerata ed arrivare direttamente all’autorizzazione definitiva. Ha cercato di fare un provvedimento sostanziale: dicendo non applico le vecchie norme perché ormai sono superate ma applico le nuove norme nella parte in cui lasciano un margine.

Nel fare questo ragionamento, Regione Lazio parte da un presupposto: il No del Ministero è stato pronunciato sulla base di un Ptpr adottato e pubblicato, ma che è stato superato da quello nuovo.

Allora che fa la Regione? Salta la procedura, non solleva la questione davanti a Palazzo Chigi e rilascia le autorizzazioni ambientali senza considerare il parere contrario del Mibact perché ci sono le nuove norme.

I giudici hanno detto che non si poteva saltare la procedura. Va considerato il Ptpr precedente e non l’ultimo. E perché mai? Perché il secondo non è ancora entrato in vigore non essendo stato pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione Lazio.

Pertanto, in base al principio del tempus regit actum vale la norma precedente. In quanto

non potevano considerarsi le prescrizioni del PTPR approvato ma non ancora in vigore, per non essere stato ancora pubblicato sul BUR del Lazio

Provincia con il cerino in mano

Il palazzo della Provincia

In sintesi: il tar ha annullato le carte che autorizzano Mad a scavare il V bacino dei rifiuti a Roccasecca. Ha ritenuto il provvedimento nullo per difetto di attribuazione. Roma ora deve sbrigarsi a fare la discarica a Monte Carnevale o dove preferisce.

Frosinone resta con il cerino in mano perché non ha un’alternativa. La Provincia avrebbe dovuto chiedere la modifica e non l’annullamento dell’atto: modificarlo prevedendo solo il suo uso esclusivo. Ma così non è stato. Per una questione di Tempus.