Togli Fornero, metti Fornero: ora i due nemici del Mef sono Salvini e Landini

Due leader agli antipodi uniti da un comune denominatore impensabile ma reale: il malcontento nei confronti del nodo pensioni

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Alla fine la figura dei “choosy” l’hanno fatta loro due. Ed a contare che nessun massimo sistema o universo parallelo mai avrebbe accostato quei due, allora vuole dire che proprio quei due sono in comunanza forzosa. Forzosa perché Matteo Salvini e Maurizio Landini in linea teorica non potrebbero condividere nemmeno una Pasquetta a Frascati. Comunanza perché alla fine un comune denominatore quella coppia raffazzonata ce l’ha e come: e si chiama Elsa Fornero. E’ roba da Karate Kid e “metti la cera, togli la cera”, roba ossimora e strana.

Non tanto la Legge Fornero, che della ministra del fu governo Monti è icona per molti funerea, ma propriproprio per lei, l’economista in persona. Cioè colei che a suo tempo additò i giovani italiani come “choosy” appunto, cioè troppo abulicamente esigenti. Dei bamboccioni viziati, insomma. E per uno di quei paradossi che la politica la rendono una cosa mirabile più di ogni letteratura oggi il leader del Carroccio ed il segretario Cgil sono sullo stesso fronte, nella stessa trincea e con lo stesso target alla fine della tacca di mira del “fucile”.

Alla fine tutti sono venuti “ad Elsa”

Giorgia Meloni

Accade, quando hai una serie di precondizioni che quell’alchimia la fanno e Pietra Filosofale scansati. Accade quando ad esempio hai una Legge di bilancio (in longevissima bozza) asmatica per fondi scarsi assieme ad un ministro dell’Economia leghista ma tecnico.

E quando hai una premier che alla fine è costretta a rimangiarsi le vecchie fatwe (crociate, per carità di Dio crociate, sorry e cenere sul capo) contro i predecessori iniqui. E ad ammettere ad esempio che sì, ci sono voluti 10 anni per cancellare la Legge Fornero ma alle fine ce l’abbiamo fatta: la Legge Fornero è pienamente realizzata. Grazie al Governo Meloni.

Attenzione: qui più che l’utilità di merito di un legiferato che sta dimostrando più polpa di quando lo mettevano tutti in croce si ragiona sul paradosso politico. Sul fatto cioè che con la Legge di Bilancio Giorgia Meloni ha calato un paio di “coppini” talmente loschi sulla nuca dell’alleato Matteo Salvini che gli schiocchi li hanno sentiti a Pontida. Su Flat Tax e riforma delle pensioni la premier è stata per il suo vice quello che gennaio è per i bermuda: tomba, Cavaliere Nero catafratto e de profundis.

Il pasticcio del Mef sul cuneo fiscale

Maurizio Landini (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Ed a contare che proprio su questi due temi il Capitano contava di sviluppare una campagna elettorale per le Europee più altisonante dei concerti dei Kiss si comprende bene il senso della briscola politica. Bene ma non benissimo, perché manca un tassello importante, e per scoprirlo dobbiamo passare dalla modalità “Pontida” a quella “Primo Maggio”. Maurizio Landini è il leader sindacale più intimamente deciso a protestare contro la manovra dell’Esecutivo. Lo era addirittura da prima che venisse licenziata. A prescindere, come diceva Totò.

E questa sua convinzione con tanto di sciopero generale adombrato ha trovato anche una (momentanea) sponda dove Landini di sponde ne ha sempre avute pochine, cioè “in casa di Luigi Sbarra. Il segretario della Cisl è considerato (non a torto) uno “morbido”, ma il recente cortocircuito del Mef sul taglio del cuneo fiscale aveva rimesso Sbarra sul sentiero di guerra dopo cento tirate al calumet della pace.

Poi quell’equivoco pacchiano e tutto italiano si era goffamente risolto a suon di comunicati bis e ter e la Cisl aveva ripreso di miele. Ma la Cgil no. Per Landini e Pierpaolo Bombardieri di Uil il fiele resta e dal 17 novembre faranno arroventare le piazze.

Quota 104, anzi no: parola di Salvini

Matteo Salvini

Perciò e sia pur per cause diverse la “fornerizzazione” di parte del Governo ha ingrossato in sincrono due fegati agli antipodi. Sono quello di Salvini che perde credibilità interna e maniglie elettorali, poi quello di Landini che adesso deve calare la briscola massimalista. E che deve farlo sapendo benissimo che l’Italia, oggi più social che socialista, non è più tanto pronta a fare di uno sciopero un maglio sociale. Tutti e due scontenti, tutti e due esigenti per i loro piani e tutti e due “choosy”.

Sì, ma il merito? Su carta ci sono “restringimenti ai pensionamenti anticipati e, quindi, avvicinandosi dopo una decennale transizione alla piena attuazione della legge Fornero. Al posto di Quota 103, entra in vigore Quota 104 con un’ulteriore penalizzazione. Serviranno 63 anni d’età (un anno in più) e 41 di contributi, inoltre ci sarà una penalità sulla parte retributiva dell’assegno pensionistico”. Luciano Capone su Il Foglio l’ha messa che meglio non si poteva. Con un upgrade amaro. “Per giunta il governo ha anche allargato le ‘finestre’ d’uscita, ovvero l’arco temporale che intercorre tra il raggiungimento dei requisiti e il pensionamento effettivo.

In effetti le stesse passano da tre a sei mesi per il settore privato e da sei a nove mesi per il settore pubblico. Salvini intanto ieri è corso sui social a scrivere-negare-spergiurare: “Non ci sarà nessuna quota 104. L’obiettivo della legislatura è di arrivare a quota 41, abbiamo quattro anni davanti. In una situazione nazionale e internazionale complicata, penso che aiutare 20 milioni di italiani su stipendi, pensioni e partite IVA sia qualcosa di cui andare orgogliosi.

Giorgetti, l’equilibrista sul filo teso male

Giancarlo Giorgetti

Ma chi è il “mago” che ha saputo mettere a crogiolo le istanze belluine di due tizi che anche a metterli nello stesso vagone del metrò sa di istigazione a delinquere? Giorgetti Giancarlo da Via XX Settembre, Roma. Il titolare del Mef che ha fatto “il miracolo” è da tempo uomo sulla fune tirata tra due palazzi.

Deve cioè equalizzare la sua origine politica con il suo pedigrée tecnico e deve farlo senza guardare in basso pena un capitombolo splatter. Ora, far quadrare i conti e al tempo stesso rispettare le guasconate dialettiche di Salvini avendo a mente i cittadini reali è una cosa molto simile a picchiare Godzilla con un battipanni. E Giorgetti, che è animale ministeriale di lungo corso, alla fine ha fatto semplicemente il suo dovere. Senza arrossire ma di certo con un comprensibile filino di magone ideologico.

Solo che ha creato un “mostro”, un drago furioso e bicefalo. Un “coso” ruggente con due teste: quella di Salvini che voleva un sodale di tessera e quella di Landini che voleva un avversario intimidito. La stretta-bis è quella dell’aumento dell’importo minimo maturato per accedere in anticipo alla pensione di vecchiaia. Ci aiuta ancora Il Foglio: “La soglia, fermo restando il requisito di almeno 20 anni di contributi, sale da 2,8 a 3,3 volte l’assegno sociale: da 1.409 euro a 1.660 euro”.

Torna a far fede l’aspettativa di vita

Foto © Adam Jones

C’è infine un’altra rilevante modifica, “che riporta alla logica della riforma Fornero (sebbene il principio sia antecedente). Dal 2025, la soglia per la pensione anticipata a prescindere dall’età anagrafica, che attualmente si raggiunge con 42 anni di contribuzione (41 per le donne), tornerà a essere automaticamente adeguata all’aspettativa di vita.

Giorgetti se la combatte anche su un altro fronte, quello a dire il vero quello più tignoso, e cioè il fronte Ue. Il ministro deve “convincere anche i mercati e Bruxelles dell’impostazione prudente e realista della sua politica di bilancio”.

Sul versante regionale e che rimanda alla Provincia di Frosinone Mario Abbruzzese segue una rotta saggia: passa l’evidenziatore dove è meno facile confutare.

Abbruzzese calmiere e comunicatore

Mario Abbruzzese

E sui social ha scritto: “Il Governo vara una manovra virtuosa che punta a salvaguardare le fasce medio-basse. Sosteniamo famiglie e imprese con la conferma del taglio del cuneo fiscale, perché la vera sfida, nonostante l’inflazione, è continuare a puntare sulla crescita.

Abbruzzese, che l’altro giorno era a Veroli con l’assessore regionale Pasquale Ciacciarelli per parlare di “Valorizzazione dei piccoli borghi”, è troppo intelligente per non sapere che non saranno tutte rose e fiori, ma è anche un uomo di comunicazione in purezza. Perciò Usa il Sole24 Ore come totem dimostrativo e “spinge” per la parte rosea dei conti dell’Esecutivo.

Ci sta, ovviamente. Come ci sta che un leader più leghista che razionale venga scontentato da un ministro più razionale che leghista. E che si ritrovi ad esercitare il suo diritto di critica assieme a chi, nel sindacato più “rosso”, ha sempre criticato. E da cui valanghe di critiche ha ricevuto.

E’ la politica al di qua delle Alpi, baby, ed è Elsa che ora non piange più. Perché, piaccia o meno, oggi sono più quelli che le danno ragione di quelli, quelli “choosy”, che le danno addosso.