I partiti e quell’irresistibile tentazione del benaltrismo “alla Kansas City”

Tutto quello i leader politici italiani dicono di altri in dialettica mainstream copre quello che loro non fanno. O che fanno male. Usando la Mossa Kansas City

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Una stazione di autobus deserta, musica chillout bassa e sensazione di quiete assoluta, di letargo e noia urbana. Comincia così il film “Slevin” con un Bruce Willis in gran spolvero. C’è solo un uomo seduto ed inquadrato di spalle che pare pensare. Il silenzio è una cosa solida, quasi stereofonica con quella litania da filodiffusione in sottofondo. L’uomo si addormenta con i suoi pensieri e al risveglio si trova Mr Goodkat al fianco. Il nuovo arrivato è Bruce Willis, materializzatosi dal nulla ed estraneo, che inizia a parlare come se i due fossero amiconi. E racconta cose all’uomo. Goodkat, che è un killer, prima narra un improbabile aneddoto di Charlie Chaplin, di cavalli, corse, e distrae il suo interlocutore con il racconto.

Poi con quel narrato da compare gli fa girare la testa verso destra e gli spezza il collo da sinistra. Signore e signori ecco la Mossa Kansas City. Cioè prendere un grullo-target e fargli credere che la sua attenzione deve stare in un posto preciso mentre la sua condanna arriva da un posto esattamente agli antipodi di quello che credeva. Difese abbassate, vittima stecchita e risultato raggiunto.

Ora, chiariamolo: i Partiti politici italiani non vogliono l’elettore medio cadavere e non ti craccano le vertebre, ma hanno uno scopo molto simile a quello che aveva il killer-Willis. In un film che aveva dalla sua la libertà di sceneggiare ogni perfetto step di una cosa che nella realtà non è facile far riuscire.

Cose da poco e di pochi leader? No

Foto: Paolo Cerroni / Imagoeconomica

Ma la politica ha smesso da tempo di essere afferente, aderente e coerente con la realtà, perciò lì la Mossa Kansas City riesce benissimo. Ed è diventata, in metodica, non trucida eccezione di personaggi o formazioni che hanno l’imprinting della furberia da imbonitori. Una volta una cosa del genere la potevi appioppare a Silvio Berlusconi ed a Matteo Salvini senza che (quasi) nessuno te ne desse demerito. Tuttavia tutti sapevano che quella era una skill teatrale che stava a quei leader come le ciglia stanno al battito. Perciò un po’ la emendavi, un po’ la ammiravi. Oggi vendere bene le pentole batte essere Marco Aurelio 3 a 0.

Ma il segreto dell’ammirazione per un’iperbole sta tutto nel fatto che essa è contrappuntata dalla normalità, cioè dal fatto che esistono persone e sistemi che quell’iperbole non la usano. Non si chiamerebbe paragone se di quel paragone non ci fossero due termini. Oggi no, oggi la Mossa Kansas City la fanno tutti, perché è diventata necessaria in un panorama politico che Corrado Formigli da Veroli definì poverello e mediocre. Per lui i politici prima erano “discutibili ma preparati” e “rubavano”, oggi sono sempre ladri ma anche “coglioni”. (Leggi qui: La filosofia di Formigli a Veroli: è obiettiva, non imparziale).

Dire di altri per coprire quel che non fai tu

Felix Lichtenfeld da Pixabay

E c’è un altro perché: i gonzi sono cresciuti a dismisura, e non grazie al social, ma grazie al fatto che con i social la loro massa è visibile e raggiungibile all’istante. Come gli orizzonti mattutini dopo la nebbia di novembre. Il trucco è questo: tutto quello che i leader italiani dicono di altri in dialettica mainstream copre quello che loro non fanno, o che fanno male. Così le loro battaglie contro gente e cose non sono in purezza di idee, ma solo in purezza di scopo: per indebolire l’avversario e far emergere una forza che è valore per converso, non valore assoluto.

Spieghiamola meglio: oggi se un tizio è in grado di alzare due chili con un braccio – non molto quindi – e vuole nascondere la sua debolezza non prova ad allenarsi per poterne alzare otto. No, lui cerca quanti più tizi possibili che di chili ne alzano uno e spiega al mondo che perciò lui è fortefortissimo.

Capito come funge? Sciroppiamoci qualche esempio palese.

Salvini, Il processo e la giudice “pasionaria”

Matteo Salvini

Matteo Salvini è a processo per Open Arms. Dovrà tornare in aula il 24 ottobre per una serie di reati presunti. E cosa fa lui per gestire la faccenda? Attende sereno l’esito di un dibattimento? Toglie birra acida dai suoi urticanti social? No, lui tira fuori l’irritualità della giudice cassinate Iolanda Apostolico, poco serena nel giudizio perché sgamata a fare la pasionaria per Diciotti (sconveniente ma non probatorio) quando Salvini era ministro. Come a dire: questa non è parziale e già all’epoca io ero mondo come un lenzuolo lavato al sole.

Ma Salvini è Salvini e con lui vinci facile. Spostiamo l’asse su robe e persone più “quadrate”. Giorgia Meloni si è presa l’ennesimo “scordati che sui migranti siamo con te” da Polonia e Ungheria. Cioè da due Paesi Ue che fanno capo all’Ecr di cui Meloni è presidente. Il dato è che la premier sta fallendo in punto di coesione politica proprio lì dove il tema migranti di coesione e rotte comuni ha bisogno. Fallendo, sì.

E la Meloni che fa? Ammette che ha una grana con i suoi sodali ideologici e si sgancia? Punta alla giugulare Orban e quell’altro col cognome da visita oculistica ed accetta battaglia? No, lei tira fuori la sinergia con il britannico Rishi Sunak che non è Ue e conta come il quattro a tressette. Si fa fotografare con lui mentre corruschi studiano carte. E spiega al mondo intero che con il Regno Unito sui migranti c’è sintonia, empatia ed armonia, celando sotto il tappeto il fatto che dove quell’armonia le serviva davvero per agire armonia non c’è, ma solo eleganti “vaffa” proprio dei suoi. Insomma, “Granada” la cantava meglio Claudio Villa.

Schlein: come perdere voti restando sereni

Elly Schlein

Roba da maggioranza che col fardello del potere è sempre nell’angolo del giustificazionismo un tanto al chilo? Ma che. Guardiamo Elly Schlein. La Segretaria dem si è fatta sorpassare dal M5S nelle intenzioni di voto dei giovani. Cioè nella fascia di elettori 18-30 a cui la nuova segreteria “giovane” ed i nuovi temi in punta di lancia dovevano smuovere coscienze e scelte. E cosa fa la “capa” del Nazareno, spiega che probabilmente sta sbagliando molto e si adopera per non sbagliare più equalizzando un partito-Arlecchino?

No, lei canta Bella Ciao, che sembra un suo epitaffio, tira fuori le svastiche dei coglioni nazi sulle targhe del Pd e si affretta a spiegare che i dem marciano compatti a Roma con la Cgil di Maurizio Landini lungo la “via maestra”. Che lungo quella via ci siano i cocci di un consenso che cola via come melassa pare brutto anche solo ammetterlo. Però ci sono i nazi con tre neuroni tre in capoccia da combattere e quindi va tutto bene.

Giuseppe Conte non fa eccezione. E’ l’Oppositore Massimo Ottimo ma si struscia ai Fratelli d’Italia, vota con loro in Rai dove ha centrato la Presidente della Commissione Vigilanza. E tira fuori la lotta senza quartiere per il salario minimo mentre fa campagna elettorale per le amministrative a Foggia dove l’uomo da battere verrà votato da FdI ed alleati. Cioè da quelli con cui ha giocato a briscola per pizzare Barbara Floridia dalle parti del Cavallo.

Fornero, Giorgetti e quel che non si deve ammettere

Elsa Fornero (Foto: Marco Cremonesi © Imagoeconomica)

Scarrocciamo e analizziamo una cosa tecnica come la Nadef. Elsa Fornero un po’ gongola perché Giancarlo Giorgetti le ha fatto un liscione. Il ministro ha detto che la legge Fornero “ha migliorato in modo significativo la sostenibilità del sistema pensionistico nel medio-lungo periodo. Garantendo una maggiore equità tra le generazioni”.

Qualcuno ha sottolineato questo dato per cui forse tutte quelle lacrime e tutto quel sangue erano orribili , forse troppi, ma necessari? No, la Fornero e la sua riforma restano “infami” per quel tono di quando parlava dei “giovani choosy”.

Da Kansas City ad Alatri, per “colpire” Buschini

E lo scenario economico disegnato dalle opposizioni è “un delirio, manca soltanto il Vesuvio che erutta e abbiamo completato il quadro”. Parole di Giuliano Cazzola e spartito in musica di Libero. Capito come funge? Capita la Mossa Kansas City? Fai una cosa truce ma ti serve un diversivo, il più atroce possibile, così trucidi sono gli altri. Che magari lo sono ma non al punto da essere coperta per le tue, di magagne.

E la politica di governo territoriale non fa eccezione. Mauro Buschini si prende ragioni in punto di Diritto sulla guida Egaf e spunta l’accoglimento delle sue in punto di Diritto amministrativo come viatico per essere quel che gli tocca essere? Macché. La Regione Lazio a trazione destrorsa che voleva sgambettarlo con le sentenze di merito “le prende”. E si gioca la briscola della modifica in punto di legiferato dei presupposti che Egaf esista così com’è.

Prima gli Egato meritavano vertici “migliori” nella loro funzionalità riconosciuta, oggi gli Egato non sono più così indispensabili perché potrebbero avere vertici che la parte decisoria non considera migliori per linea politica. Difficile trovare in giro un “muoia Sansone con tutti i Filistei” più eclatante di questo. Ma è la Mossa Kansas City baby, e la facoltà di modifica voluta dal centrosinistra è diventata boomerang.

E i rifiuti con l’incidenza che hanno su vite e salute dei cittadini? Quel green finalmente vissuto e non più solo proclamato su cui Buschini è skillato e tanto anche per pregresso incarico in assessorato? Per quelli bastano le Province ancora a mollo nella palta della Delrio, che tutti schifano ma che nessuno ha i soldi per riportare a parametri di efficacia.

Come muoiono le intenzioni dei buoni

Foto: Marco Carli © Imagoeconomica

Sì, ma alla fine, com’è il finale di Slevin? Il killer rompitore di colli non muore e risparmia i due protagonisti, mentre a rimetterci sono i due boss che avevano innescato la contorta vicenda. Perché nei film il bandolo della matassa alla fine si trova e c’è un’etica tonda, magari macellaia, ma c’è.

In politica no, lì i buoni “muoiono” nel momento in cui muore quello per cui avevano votato. Con la testa girata a destra e con qualcuno che gliela sterza forte da sinistra. Crak! Sei morto, gonzo… perché sei mio.