Top e Flop, i protagonisti del giorno: mercoledì 1 giugno 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende mercoledì 1 giugno 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende mercoledì 1 giugno 2022

TOP

MATTEO RENZI

Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica

«Non era necessaria la preventiva autorizzazione del Senato» per acquisire le chat del senatore Matteo Renzi nell’ambito dell’inchiesta sui finanziamenti ottenuti dalla sua fondazione Open. Come mai? «L’autorizzazione è richiesta solo per la corrispondenza». E chat e mail non lo sono. La magistratura di Genova ha archiviato le accuse rivolte dal senatore Matteo Renzi ai magistrati di Firenze che avevano acquisito le sue chat.  In apparenza ha preso un palo in faccia, nella sostanza è lui ad averlo dato ai magistrati. Anzi, se lo sono dato da soli.

Pur di non dare ragione a Matteo Renzi i magistrati hanno dovuto sostenere che chat e mail non sono equiparabili alla corrispondenza. Per loro, solo ciò che è affidato alla carta da lettera ed impiega dai 3 ai 7 giorni per essere recapitato è corrispondenza. Un balzo indietro nel tempo di almeno trent’anni.

Ma leggendo il dispositivo si trova ancora di meglio. «Non si tratta evidentemente di sequestro di corrispondenza» perché «non si tratta nemmeno di comunicazioni e di corrispondenza». E che roba è allora? E comunque non sono state prese a lui ma «sono state acquisite presso persone che non rivestivano la qualità di parlamentare e pertanto non era necessaria l’autorizzazione del Senato».

Quindi: se sono un senatore e mando una lettera a qualcuno è corrispondenza e non me la possono sequestrare senza l’autorizzazione di palazzo madama; se scrivo le stesse cose su Whatsapp e mi risparmio di buttare giù un pioppo per fare la carta da lettera (oltre al tempo di recapito) quella non è corrispondenza. Se la lettera scritta da un senatore viene sequestrata al destinatario non parlamentare si può prendere. Quindi: o scrivo solo a parlamentari oppure scrivo delle belle lettere e le mando a me stesso. Non occorre commentare.

Matte’ hai vinto.

BRUNO ASTORRE

Bruno Astorre

Senza scossoni, senza litigi. Soprattutto, nel solco della tradizione. La Direzione regionale Pd del Lazio ha dato il via libera alla delegazione che dovrà incontrare gli alleati e verificare con loro l’esistenza delle condizioni per costruire il Campo Largo in vista delle Regionali 2023.

Anteporre l’interesse della coalizione alle convinzioni personali è cosa che un tempo faceva parte dei fondamentali mentre oggi è una dote. Che il Segretario regionale Bruno Astorre ha dimostrato di possedere. Notoriamente sostenitore delle Primarie di coalizione, ha invece varato una task force priva di precondizioni. In questo modo dimostra il più totale rispetto del Pd verso i potenziali alleati e le loro diverse sensibilità.

Ora dovrà essere abile a giocare due partite simultanee. Quella sul fronte esterno, per costruire un campo ultra largo: segnale di continuità nel solco della stabilità costruita da Nicola Zingaretti. Quella sul fronte interno: per evitare lacerazioni tra i potenziali candidati con le loro legittime aspirazioni. Soprattutto dovrà gestire una variabile poco prevedibile come il M5S alle prese con le fibrillazioni interne; una delle quali passa proprio per il Lazio con l’intenzione del sindaco capitolino Roberto Gualtieri di costruire un termovalorizzatore. Che i grillini nemmeno vogliono sentire nominare.

Quando il gioco si fa duro…

FLOP

ROBERTO NAPOLETANO

Robert Napoletano

Giura di essere innocente. Annuncia che farà appello per impugnare il verdetto pronunciato nelle ore scorse dalla e la II sezione del Tribunale di Milano. L’ex direttore de Il Sole 24 Ore Roberto Napoletano è stato condannato per i reati di «false comunicazioni sociali» nel 2015-2016 e di «manipolazione informativa del mercato». In pratica? Avrebbe usato dei trucchetti per gonfiare le vendite del giornale.

Embé? Lo fanno anche quelli che dicono “se vuoi che ti pubblico il comunicato devi promettermi che ti compri 50 copie”. Trucchi di bassa bottega per risollevare un mercato asfittico, composto da lettori che spesso hanno perso la fiducia in ciò che leggono. In questo caso però è diverso: Il Sole è una società e giocare con le cifre delle vendite significa alterare lo stato di salute dell’azienda.

Sarà la Corte d’Appello a giudicare. Ciò per cui invece Napoletano andrebbe condannato (se le accuse risultassero vere) è altro. Avere scelto la scorciatoia dei numeri truccati anziché fare bene il giornale; riempirlo di contenuti che interessano davvero i lettori, affidando le pagine a penne che non parlino a se stesse ma alle persone per cui scrivono e cioè i lettori.

Da anni il problema delle copie perdute viene risolto tagliando dalle redazioni i giornalisti a ridosso della pensione: gente esperta che potrebbe insegnare alla generazione successiva. E invece viene mandata su una panchina dove, siccome sono bravi, restano meno di un minuto e si accasano a guidare gli uffici Stampa. Spacciando notizie di parte (i comunicati sono la visione data da una parte) a ragazzini che molte volte hanno paura ad andare oltre il Copia & Incolla.

Esiste un solo modo di fare i giornali: bene. E la qualità costa.

GIANCARLO GIORGETTI

Giancarlo Giorgetti (Foto Carlo Lannutti / Imagoeconomica)

Nei Partiti le fronde interne sono una cosa bella da raccontare ma brutta da patire. Lo sono perché, come ha ribadito Silvio Berlusconi che ultimamente deve fare i conti con i dissidenti azzurri di “grip atlantico ortodosso”, sono faccende che indicano la “pluralità di vedute” e la “discussione democratica”. Insomma, è la solita faccenda, particolarmente cara al Pd che ha più correnti di una casa senza infissi, per cui da sempre si cerca di mascherare le ditate negli occhi con la dialettica.

E con questa chiave di lettura la posizione di Giancarlo Giorgetti sull’ultima uscita di Matteo Salvini che vorrebbe andare in Russia a parlare con Vladimir Putin ci sta tutta. Il ministro poco di lotta e molto di governo ha detto ai giornalisti a margine dell’assemblea degli industriali di Parma: “Sono delle proposte suggestive, però bisogna muoversi di concerto col governo. Sono questioni di portata mondiale, quindi ciascuno deve dare il suo contributo, ma all’interno di percorsi che sono molto molto complicati“.

Insomma, con poco brio e molta eleganza Giorgetti ha detto che il suo capo politico ne ha sparata una delle sue e che lui ha “zero tituli” per trattare. E tutto sommato che Salvini con le sue uscite guascone qualche scoppola se la prenda e se la tenga male non fa, però c’è un fatto. Che Giorgetti sia da tempo rappresentante di vertice di una Lega che al governo ci sta talmente comoda da aver dimenticato come abbia fatto a sedersi a Palazzo Chigi è del tutto normale. Un po’ di raziocinio ci voleva e l’ala governista del Carroccio non è mai stata così forte come negli ultimi sei mesi.

Meno normale è la perenne, costante e un po’ fastidiosa linea di Giorgetti. Uno che tende a ribadire in ogni momento che lui è “un legista buono”, cioè un “padano naturalizzato capitolino per intenti, battage e sopraggiunta saggezza. Per una volta, e solo per una volta, dato che tra l’altro Salvini a Mosca non ci andrà mai, non sarebbe il caso di dire “una cosa di Partito”? Ed accollarsi tatticamente gli strali derivanti da un endorsement scomodo ma magari innocuo?

La Lega è scesa al 15,3% e Giorgetti per primo dovrebbe capire che il calo è anche dovuto allo sfarinamento di quello che una volta, a torto o a ragione, era un blocco monolitico. Lui punta a presentarsi come “homo novus” quando il Partito crasherà, è ovvio. Ma in una certa politica l’eleganza e la fedeltà sono ancora valori, ce lo ha insegnato uno come Ciriaco De Mita che rispetto ad una certa Dc ortodossa era stato sempre uomo di fronda.

Perfino l’ex consigliere di Vladimir Putin ed ex deputato della Duma Sergey Markov l’ha messa giù più di spirito ma non troppo in ordine all’uscita del Capitano: “Se non ci riusciamo con le auto di lusso, va bene anche una bicicletta”. Giorgetti no, lui ha giocato come sempre a fare il primo della classe, solo che ha sbagliato scuola e la classe è quella che ha come preside Mario Draghi.

Cocco del maestro.