Top e Flop, i protagonisti del giorno: sabato 4 febbraio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 4 febbraio 2023.

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 4 febbraio 2023.

TOP

CARLO CALENDA

Matteo Renzi e Carlo Calenda (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Il Terzo Polo è fatto da persone che per lo più rifuggono il luogo comune di un centro perennemente impelagato nella palta dei segreti di Stato. Questo bisogno quasi limbico fa sì che i suoi esponenti siano fra i più attivi nelle iniziative in cui le zone d’ombra prendono sciabolate di luce. Poteva mancare mai uno come Carlo Calenda che a Roma punta a timbrare il ticket della sincerità indigena? Il leader di Azione ha perciò incasellato una bella iniziativa e lo ha fatto depositando in Senato il disegno di legge.

Esso vigerebbe per la “istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul caso di Emanuela Orlandi“. La proposta è a firma anche dei senatori Paita, Gelmini, Scalfarotto, Lombardo, Sbrollini, Versace e Fregolent. Lo scopo tecnico è chiaro: investire la Repubblica di un compito non solo arduo, ma molto mainstream a contare il nuovo piglio conoscitivo sul tema.

Il caso Orlandi è pecca datata ed i sepolta per più di un ufficio requirente, e da troppi anni. E la proposta non lesina in chiarezza: “Non c’è alcun dubbio che Emanuela sia stata vittima di un delitto. Certamente di un sequestro, quasi sicuramente di un omicidio. Altrettanto indubitabile è che ci sia stato e ancora ci sia chi di questo delitto e del suo (o dei suoi) mandanti sa molto di più di quanto è stato finora raccontato“.

L’occasione e stata utile per ricordare una cosa ovvia ma non banale: nel caso Orlandi e con i presupposti del caso Orlandi il detective deve essere lo Stato perché su quel caso fu una branca dello Stato a fallire ed a suggerire scenari fangosi e resistenti.

Perciò le riunioni della Commissione “sono pubbliche e la stessa andrebbe a procedere alle indagini e agli esami “con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell’autorità giudiziaria“. E ad essa, limitatamente all’oggetto delle indagini di sua competenza, “non può essere opposto il segreto di Stato, né il segreto d’ufficio“.

Perché i segreti di Stato sanno di silenzio voluto e Calenda ha capito che sul caso Orlandi forse i silenzi sono stati troppi.

La buona Azione.

MARIO DRAGHI

Mario Draghi al Meeting di Rimini (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

In un Paese senza memoria, se non stai tutti i giorni sotto i riflettori l’oblio procede rapido. È per questo che alla guida dei Partiti non ci sono più né statisti né buoni politici. Ma battutisti che avrebbero avuto un certo talento per la compagnia del Bagaglino.

I massimi portavoce di questa genìa sono stati i due Matteo, Renzi e Salvini: battuta pronta, colpo efficace, parole semplici. Sarebbero potuti andare avanti per ore. Ma una volta tolti da sotto i riflettori restano le battute. Non la sostanza. È il contrario di ciò che sta accadendo a Mario Draghi: del quale ci sta rimanendo ora la sostanza delle sue decisioni e poche battute per le quali ricordarlo.

Dopo la salita vertiginosa, il razzo delle tariffe del gas ha iniziato a rallentare ed ora è nel pieno della parabola discendente. In soldoni: ogni 100 euro di bolletta adesso ne arrivano 65,80 euro. Donna Giorgia Meloni esalta il successo in bolletta. Ma dimentica di aggiungere che è tutta farina del sacco del suo predecessore. Cioè di Mario Draghi.

Ad oggi le bollette venivano stabilizzate grazie ad un’iniezione di 21 miliardi di euro con cui evitare il salasso ai cittadini. Se il trend proseguirà, il Governo Meloni dovrà rifinanziarne solo una parte. Come lei stessa ha ricordato sull’unico microfono al quale ormai risponde: quello di Rete4.

La realtà è che all’inversione della tendenza ed al calo della parabola ha dato un colpo decisivo Mario Draghi e la sua trattativa per il Price Cap, sbattendo letteralmente i pugni sui tavoli europei. Cosa della quale ora beneficiano 7,3 milioni di italiani che non hanno sottoscritto alcun contratto con le compagnie del gas rimanendo nella ‘maggior tutela‘.

Ma noi vediamo solo l’ultimo che fa la battuta, tutto il resto lo dimentichiamo, rimuovendolo subito dopo che è uscito dai riflettori.

Grazie Mario.

FLOP

DONATELLA BIANCHI

Donatella Bianchi (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Ancora una volta assente. Senza giustificazione. Lo aveva già fatto al primo confronto, organizzato dal Segretario Generale Cisl del Lazio Enrico Coppotelli. Lo ha rifatto tante altre volte. Concedendo pure ieri una replica: la candidata del M5S Donatella Bianchi non ha partecipato al confronto con Alessio D’Amato (centrosinistra) e Francesco Rocca (centrodestra) organizzato da Unindustria per parlare di sviluppo dei territori del Lazio.

Come sempre però si è resa disponibile per parlare lei da sola, senza contraddittorio e senza gli altri interlocutori che potessero mettere in discussione le sue tesi o contrapporre le loro eventualmente più efficaci.

Eppure i temi sollevati dal presidente di Unindustria Angelo Camilli non sono secondari. Ha chiesto chiarezza affinché non si ripetano casi come quello Catalent di Anagni che ha ritirato il suo investimento da 100 milioni di euro «per colpa dei tempi biblici nel rilascio delle autorizzazioni ambientali a imprese che sono invece da esempio nell’economia circolare ma si scontrano con l’immobilismo più totale».

Il presidente Camilli ha messo le cose in chiaro. Ricordando ai due candidati presenti che il Lazio è la seconda regione italiana per Prodotto interno lordo. «Abbiamo recuperato il Pil perso durante la pandemia e speriamo di fare meglio dell’aumento previsto dello zero virgola. Siamo la prima regione per industria chimico-farmaceutica, con Frosinone prima provincia e Latina terza. Nel digitale, poi, abbiamo gli stessi occupati della Lombardia e produciamo il 50% dell’export nazionale». Ha chiesto massima attenzione su Stellantis.

Tutti temi che i candidati conoscono a malapena. E sui quali Donatella Bianchi non intende nemmeno avere un confronto.

Isolamento inconcepibile.

TOMMASO CALDERONE

Tommaso Calderone (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Poche cose oggi tengono banco (e chiacchiericcio) come il tema delle intercettazioni. E pochissime stanno a cuore ad alcuni Partiti come le intercettazioni stanno a cuore a Forza Italia.

Il retaggio è noto, datato e genetico: i guai plurimi del Cav sono da sempre e per statuto guai di chi nel Cav vede un conducator contro la magistratura. Non “una certa magistratura” ma la magistratura e basta.

Tommaso Calderone è un deputato azzurro che fa parte di quella schiera di “esecutors” della linea del capo a cui non fanno difetto acume e senso della misura. Tuttavia il dato che non gli facciano difetto non conforta quello per cui a volte la misura è sfasata.

Sfasata come la recente proposta sul “no all’arresto senza riscontro” che messa così pare un pilastro al titanio del garantismo più specchiato. Ma di cosa parliamo? Delle cosiddette intercettazioni ‘indirette‘.

Ha detto Calderone: “Se due persone al telefono parlano di una terza persona, accusandola di un reato, questa non può finire in carcere“. E ancora: “Con questa proposta di legge la conversazione ‘indiretta’ ha un valore probatorio affievolito. Ovvero, non è più sufficiente, come elemento probatorio, per arrestare una persona. Sono necessari i riscontri“.

Se Tizio e Caio, intercettati, dicono che Sempronio prende una tangente, con la nostra legge questa conversazione indiretta necessita di un riscontro: da sola, quella intercettazione non può essere rimessa al potere discrezionale del giudice“.

Abbiamo una notizia per l’onorevole Calderone: in Procedura Penale il riscontro alle intercettazioni su terzi esiste già da tempo e il potere discrezionale del GIP in tema di misure di cautela viene garantito in attenuazione, ove vi fosse, dal Tribunale delle Libertà o Riesame.

Vero è che l’intento della proposta Calderone è fermare “a monte”, ma è anche vero che perfino in quei casi è sempre stata aberrazione giuridica arrestare Tizio perché Caio e Sempronio ne parlavano sotto botta del Grande Fratello.

Quello di Calderone pare più pressing politico che usta legiferativa perciò, e chi non lo vedesse non è amico del Diritto, ma solo nemico delle Toghe.

Buttata nel Calderone.

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