Top e Flop, i protagonisti di giovedì 21 settembre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 21 settembre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 21 settembre 2023.

TOP

GIUSEPPE VALDITARA

Giuseppe Valditara

Non avremmo mai pensato di doverlo scrivere ma sì, il più “instagrammato” è stato lui, il ministro di Istruzione e Merito Giuseppe Valditara. Un po’ il suo battage non proprio “morbido”, un po’ il fatto che Instagram è di fatto un social a trazione molto “young”, quasi come l’insuperato TikTok, la cosa pare strana.

Ma è così. Il report di Arcadia spiega che Valditara, fresco di ring con l’Anpi, ha vinto su tutti. Lo ha fatto in termini puri di engagement ed in quelli mobili di interazione ai post. Ma non solo, l’arcigno membro del governo Meloni l’ha spuntata anche sul fronte della crescita dei follower in percentuale. AdnKronos spiega che “per esempio, il leghista riesce a superare anche il suo numero uno nel Partito”, cioè un apparentemente insuperabile Matteo Salvini.

Capitano che in termini assoluti “è quello che ha più seguaci di tutti, tanto che pure ad agosto ne ha portato a casa 10mila in più, il doppio rispetto ad Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepremier anche lui”. Ben dieci volte più del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, che in questa classifica è quarto dietro a Valditara (410 seguaci in più).

Poi, udite udite, al titolare del Viminale (165) e addirittura Gilberto Pichetto Fratin (appena 119), che “sono (appunto) primo, secondo e terzo”. Ma Valditara, eh lui, Valditara è il vero jolly che non ti aspettavi. Serio, serioso, serissimo, a volte ruvido. Della serie “chi mai credevi”.

Mistero buffo.

STEFANO CECCARELLI

Stefano Ceccarelli

Senza pregiudizi, senza preconcetti: se non quello dell’aria pulita e dell’ambiente da proteggere. Stefano Ceccarelli ha riunito Legambiente e l’ha messa a confronto con la qualità dell’aria nella città di Frosinone. Nulla di nuovo. Ma poi l’ha messa a confronto con quelle che sono le iniziative messe in campo dall’amministrazione comunale di centrodestra che governa il capoluogo. E sono in larga parte strategie che fanno parte delle proposte lanciate negli anni scorsi proprio da Legambiente. (Leggi qui: L’assist di Legambiente per mandare in gol Mastrangeli sulla mobilità urbana).

Stefano Ceccarelli, coordinatore del circolo Il Cigno lo ha detto. Mettendo in luce un’altra evidenza: Legambiente non si sta spostando a destra ma è l’amministrazione cittadina che si sta spostando verso Legambiente; facendo proprie quelle proposte che altre amministrazioni non hanno giudicato in maniera positiva. (Leggi qui: Le piste ciclabili, il Piedibus e la pigrizia meridionale di Frosinone).

Metterlo in evidenza è scomodo per alcuni. Più scomodo ancora è dire come stanno i fatti: che i veri nemici della mobilità alternativa con cui combattere lo smog che si infila nei nostri polmoni generando malattie sono proprio i cittadini di Frosinone. Che non vogliono perdere l’abitudine di spostarsi con la macchina anche per fare 500 metri, per portare i bambini a scuola fin sotto il portone per non fargli fare quattro passi.

«Abbiamo un’aria sporca che dobbiamo pulire. Dobbiamo convincere le persone perché siamo stufi di vivere in un territorio inquinato che uccide 65.000 persone all’anno in tutta Italia»: a Legambiente va riconosciuto il coraggio della coerenza. E di avere difeso la propria linea a prescindere dal colore dell’amministrazione. Ma soprattutto mettendo in chiaro che la battaglia ora non è tanto politica ma culturale se si vuole insegnare alla gente che bisogna lasciare l’auto a casa e preferire altri mezzi per fare pochi metri di strada.

Il volo del Cigno.

FLOP

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte (Foto: Saverio De Giglio © Imagoeconomica)

Quello strumento voluto da Giuseppe Conte ha funzionato abbastanza ma con l’ipertrofia delle cose che alla fine non avrebbero funzionato del tutto. Come una dose eccessiva di glassa su un dolce che aveva bisogno esclusivamente di un velo. Il Superbonus 110% non è stato esattamente la soluzione migliore per bilanciare la capacità di spesa dello Stato con la necessità di crescita del comparto edilizio.

E’ stato uno strumento sbilanciato, non immune da furberie (presente il RdC? Ecco, lì però si sono incazzati tutti tutti, o quasi) e dispendioso al massimo. Giorgia Meloni aveva messo già le cose in chiaro ed ha detto che “le risorse disponibili per la Manovra 2024 devono essere usate con la massima attenzione. Finora abbiamo conseguito risultati molto importanti, superiori a quelli della Germania e della Francia, i mercati hanno premiato le nostre scelte”.

E ancora: “Lo spread è basso, i dati sull’occupazione sono ottimi, il Pil nel primo semestre ha sorpreso tutti gli analisti (non verissimo -ndr) l’andamento delle entrate fiscali è positivo. Ma dobbiamo tenere i piedi ben piantati a terra”. Poi l’affondo a tema su cui è difficile non essere d’accordo: “Non possiamo permetterci sprechi. Stiamo pagando in maniera pesante il disastro del Superbonus 110% e invito il ministro dell’Economia Giorgetti a illustrarci i numeri di questa tragedia contabile che pesa sulle spalle di tutti gli italiani”.

La chiosa è “alla Meloni”, che non sa resistere dall’essere addetta stampa di se stessa, specie se si tratta di mettere in rilievo le zoppie di Conte. “Vi anticipo alcuni numeri: nel complesso dei bonus edilizi introdotti dal Governo Conte 2, compreso il bonus facciate, i documenti dell’Agenzia dell’Entrate ci dicono esserci più di 12 miliardi di irregolarità”. Purtroppo ha in parte grossa ragione, anche a fare la tara alle logiche del ring politico che le ragioni le stemperano sempre.

I Conte non tornano.

BARBARA GAMBATESA

Massimo Roscia

Si chiama Barbara Gambatesa e per chi non la conoscesse ha mezzo milione di persone che la seguono su Instagram e circa 3 milioni su TikTok. L’altra sera è andata a magiare la pizza da Errico Porzio celebre per il suo locale sul lungomare di Napoli. È rimasta soddisfatta. Fino al momento di pagare il conto. Non se lo aspettava. Non l’importo: non si aspettava proprio il conto.

Così è scattata la rappresaglia. Ha cancellato tutte le storie pubblicate sul suo profilo Instagram. Ed ha spiegato lei stessa il perché. «Ciao ragazzi. Mi sono trovata costretta ad eliminare video e foto dalle mie storie perché, come immaginerete sicuramente per me è lavoro. Non sponsorizzo gratuitamente aziende, al massimo mi occupo di scambio merce/servizio. Dunque recensisco positivamente l’azienda o il prodotto da sponsorizzare in cambio del servizio o del prodotto stesso offerto gratuitamente. Apprezzo la vostra cordiale accoglienza, però insomma, capirete che il lavoro è lavoro!».

Non c’è altro da aggiungere. Quale affidabilità può avere un giudizio dato in cambio di soldi o di un bene? Quale attendibilità c’è se viene fatta a pagamento? È esattamente qui la differenza tra la recensione professionale e quella degli influencer: legittima – sia chiaro – ma pagata per essere positiva come spiega proprio la cliente in questione.

Massimo Roscia (Foto: Donatella Francati)

Massimo Roscia, critico del Gambero Rosso, bibbia del giornalismo enogastronomico nazionale, quando viene mandato a recensire un locale lo fa in incognito e non deve mai prenotare né con il suo nome né con quello del giornale. Proprio per non suscitare un’attenzione maggiore o un comportamento di favore. E così è per tutti quelli che svolgono la professione giornalistica.

Il problema non è Barbara Gambatesa e la sua aspettativa di non pagare una pizza: il problema sono i tre milioni di persone che seguono i suoi consigli e se ne fidano nonostante lei metta in chiaro che ogni volta la pagano per dire quelle cose. E che dica con una trasparenza imbarazzante che il suo giudizio non è imparziale, non è tecnico: ma pagato. Ed a loro sta bene.

Recensione sfavorevole.