Top e Flop, i protagonisti di giovedì 4 gennaio gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 4 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 4 gennaio 2024.

TOP

ALIOSKA BACCARINI

Il successo è accompagnato sempre da un lungo elenco di pretendenti la paternità. E di velenosi avversari: il più delle volte sono coloro che non hanno elementi per poter aggiungere il loro nome nella prima rubrica. Ma il ritorno di Fiuggi nel ruolo di capitale congressuale nazionale è un successo che porta lo stigma del vice premier Antonio Tajani e quello del sindaco Alioska Baccarini. (Leggi qui: C’è il G7 e Fiuggi torna al centro del mondo).

Piaccia o no, il titolare della Farnesina ha proposto Fiuggi per una delle due tappe del G7 che nel 2024 metteranno a confronto tutti i titolari degli Esteri; scelta di fiducia, collaudata negli anni, scommettendo sull’affidabilità e regalando un’immensa prospettiva. Piaccia o no, il titolare della fascia tricolore ha fatto trovare tutto già pronto ed in ordine alla Commissione incaricata di verificare la presenza di ogni condizione tecnica, organizzativa, logistica, di sicurezza.

Alle spalle di una designazione di questo tipo e di questo livello è indispensabile un lungo lavoro preparatorio. Per essere chiari: se anche fosse stato direttamente il Premier o il Capo dello Stato se non addirittura il Papa a proporre Fiuggi tra le città italiane sede della riunione e tutto non fosse già infiocchettato come una bomboniera con anni ed anni di lavori su Teatro, Terme, Palacongressi mai la città delle Terme sarebbe stata scelta.

Occorre l’occasione, vero. Ma occorre anche farsi trovare pronti appena l’occasione capita. E Fiuggi, lo era. Anche per questo sarà una delle capitali mondiali del G7.

Liscio, effervescente e mondiale.

GIUSEPPE DI MASCIO

Giuseppe Di Mascio

Un passo indietro per farne due in avanti. Oppure per non lasciarsi coinvolgere in un potenziale disastro. All’avvocato Giuseppe Di Mascio la capacità di visione politica non manca. Fu lui, prima di chiunque altro, a vedere la fine per il centrodestra di Cassino guidato all’epoca dal sindaco Carlo Maria D’Alessandro. E fu lui a sentenziare l’imminente Game Over politico nella città.

Questa volta aveva dato la sua sua disponibilità a candidarsi come sindaco, sfidando l’uscente Enzo Salera ed il suo centrosinistra. Ma ieri l’ha ritirata. Mandando un doppio segnale politico. Ad uso cittadino e ad uso esterno.

Sul piano esterno, con il suo passo di lato, il presidente dell’Ordine degli Avvocati ha detto ai Coordinatori Provinciali e Regionali di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia che non possono usare come fosse un paravento il Commissario FdI Fabio Tagliaferri. Perché a lui compete il coordinamento di un dibattito politico locale: ma la designazione del candidato sindaco è finita nella palude perché i livelli Provinciale e Regionale di tutti i Partiti non si sono messi intorno ad un tavolo alzandosene solo dopo avere detto a quale sigla politica competesse la designazione del sindaco.

Se alla Lega come a Frosinone, se a Fratelli d’Italia come a Ceccano. Se al Partito egemone sulla città e cioè la Lega, se al Partito che alle Politiche ha preso più voti e cioè FdI. In assenza di queste indicazioni, Fabio Tagliaferri ha fatto ciò che prevede il manuale: applicando lo schema Regionali, alleanza politica con civici. Legittimamente la Lega rivendica i suoi diritti. Ma non può essere un commissario a sciogliere il nodo.

Giuseppe Di Mascio ha preso atto dell’immobilismo dei vari livelli di tutti i Partiti. È da un mese che ci sono sei nomi disposti alla candidatura: tre sono in grado di affrontare lo stress test. Ma nulla si è mosso. E siccome nemmeno lui vuole rischiare di diventare un paravento (o un parafulmine) ha fatto la cosa più lungimirante. Rinunciando. Con un passo indietro per farne due in avanti.

La mossa per scuotere.

GIUSEPPE VALDITARA

Giuseppe Valditara (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Ebbene sì, il più “instagrammato” è lui e la cosa magari un po’ stupisce. Va fatta una premessa: l’appeal social non è sempre garanzia assoluta di giudizio positivo, nel senso che non è che perché sei seguito tanto alla fine sei amatissimo. E tuttavia un fatto resta tutto: se ti chiami Giuseppe Valditara e sei ministro di Istruzione e Merito nel governo di Giorgia Meloni il risultato è comunque da Top.

Perché? Per due ragioni incontestabili: la prima è quella per cui il ministro Valditara non ha mai obiettivamente brillato di luce propria per “morbidezza di approccio”. La seconda è legata al fatto che con teste di serie come Meloni, Matteo Salvini e Francesco Lollobrigida è davvero difficile ritagliarsi un “sentiment” di peso.

E’ un po’ come correre ad una gara di bob da cittadino giamaicano, per citare il famoso film. Eppure secondo un sondaggio realizzato da Arcadia è proprio Giuseppe Valditara a volare su Instagram. Mentre lo stesso report afferma che Gennaro Sangiuliano si trova al top su Facebook. I dati sono quelli relativi a dicembre 2023.

Su Facebook la situazione è leggermente differente grazie ad un “Kraken” come il vicepremier legista. Lì infatti Sangiuliano viene scavalcato dal vice premier Matteo Salvini che con 259 contenuti “il ministro che posta in assoluto più di tutti”.

Instagram ha invece una classifica un po’ più “a sorpresa”, a contare brand, target e caratteristiche della piattaforma Al top c’è appunto Valditara, poi il solito ed immarcescibile Matteo Salvini e poi un altro “ruvido” che però ultimamente posta card specie sui migranti illegali come se non ci fosse un domani: Matteo Piantedosi.

Dal canto suo Valditara si gode il suo primato per l’avvio del 2024. E, forte del rinnovo del contratto di docenti ed Ata, surfa un successo social che un po’ gli va stretto, un po’ gli sta a pennello.

Like a Peppe.

GIORGIA MELONI

Giorgia Meloni

Se l’appena principiato 2024 fosse paragonabile ad un ennesimo mare da attraversare diciamo che in questo mare Giorgia Meloni ha già trovato il suo primo scoglio. E senza neanche prendere troppo il largo dalla spiaggia alla Coccia de Morto di un Capodanno funestato da un suo parlamentare “pistolero” la premier è già in ambasce.

Lo è sulla cosa che forse più di tutte l’aveva messa lancia in resta sulla sua linea da oppositrice dura e pura: la Bolkestein. Vale a dire la direttiva Ue disattesa molte volta da Roma sul restart delle concessioni demaniali per marcati e spiagge a regime con i lidi. Lo stop a Meloni è arrivato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e con il “solito” meccanismo di avallo e censura al contempo. Si tratta di una faccenda farraginosa, che denota forse un po’ troppa stanchezza e cerchiobottismo del capo dello Stato.

Autorità massima del colle turrito che ha promulgato il 30 dicembre 2023 la legge annuale per il mercato e la concorrenza. Tuttavia Mattarella quella faccenda l’ha fatta passare tutt’altro che liscia. Contemporaneamente infatti ha scritto ai presidenti del Senato Ignazio La Russa e della Camera Lorenzo Fontana. A loro e direttamente alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Su cosa?

E’ presto riassunto: “L’articolo 11 della legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022 in materia di assegnazione delle concessioni per il commercio su aree pubbliche, oltre a disciplinare le modalità di rilascio delle nuove concessioni, introduce l’ennesima proroga automatica delle concessioni in essere. Il legiferato lo fa “per un periodo estremamente lungo. E in modo che appare incompatibile con i principi più volte ribaditi dalla Corte di Giustizia, dalla Corte costituzionale, dalla giurisprudenza amministrativa e dall’Autorità garante della concorrenza.

Di esse e “del mercato in materia di apertura al mercato dei servizi”. Ma c’è di più, quanto basta per mandare di traverso il panettone già digerito della premier e che ha un po’ il sapore fumoso del carbone nella calza della Befana imminente. “I criteri generali per il rilascio di nuove concessioni, secondo quanto affermato anche dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, appaiono restrittivi della concorrenza in entrata.

In più – stoccata questa amarissima per la destinataria di Palazzo Chigi – “favoriscono, in contrasto con le regole europee, i concessionari uscenti”. Cioè quella fetta di elettorato che Meloni ha corteggiato anche da premier tenendo duro contro le procedura aperte dalla Ue sulla mancata applicazione della Bolkestein.

Che oggi le ritorna “sullo stomaco” come primo boccone amaro del 2024.

Prima bacchettata del 2024.