Top e Flop, i protagonisti di martedì 20 febbraio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 20 febbraio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 20 febbraio 2024.

TOP

GIUSEPPE SEBASTIANELLI

Coerenza di tigna ed un gusto per il pop che non è mai apparso forzoso. E che hanno permesso a “Peppe” di farcela e messo Sebastianelli sul podio delle primarie dei civici di centrodestra di Cassino. Ad oggi Giuseppe Sebastianelli può dire di essere il solo candidato sfidante di Enzo Salera che di questo ruolo sia stato investito con un atto di democrazia diretta.

A seguito di spoglio, avvenuto nell’Aula Pacis di Cassino, il già consigliere comunale ha battuto Giorgio Di Folco per 715 a 495. Quel “Pistoia” che, solo con lui, era tenacemente (e meritoriamente) rimasto nella griglia di coloro che volevano le primarie. E che alla fine le hanno fatte, fatte fare e fatte assurgere a step di selezione della base. Ieri mattina i due erano frastornati e stanchi a rilasciare dichiarazioni ai media. Ma erano felici. (Leggi qui: Sebastianelli vince le Primarie e spacca il fronte).

Base piccola? Non tanto, perché oltre 1200 cassinati hanno detto no ai Partiti e c’è chi per numeri simili si giocò la Camera. Base parzialmente poco attendibile? Le “sporcature” sono tratto di tutte le Primarie: è il limite del mezzo ma è al tempo stesso la sua forza; perché vince chi mobilita più persone e le porta alle urne a prescindere da dove vengano. Per informazioni chiedere al Pd ed al suo Segretario sul quale pesa non poco il voto pentastellato andato nei gazebo a spostare l’ago della bilancia che i Circoli avevano messo su Stefano Bonaccini.

Peppe e Giorgio, la coppia che funziona

Giorgio Di Folco e Giuseppe Sebastianelli

A favore di Sebastianelli hanno giocato il maggior carisma in senso politico “stretto” e, con esso, una capacità tutta strategica (in senso buono) di aver capito qual era il gioco. Quale? Quello di non sottrarsi al giudizio della volontà popolare e soprattutto quello di non rifuggire la combo con il funambolico video maker cassinate.

I due hanno girato video ad ogni ora di giorno, sera e notte. Hanno eroso credibilità ai già “garanti” che hanno scelto la via della decisioni di compromesso a metà dell’opera. E vestito senza imbarazzo i panni dei goliardi pronti non solo all’analisi, ma anche alla boutade social. Il tutto senza mai perdere di vista il messaggio: diventare uomini totem di una Cassino che aveva bisogno di concedere fiducia a loro e concedersi una “botta” di decisionismo in purezza, senza filtri da generone politico.

Adesso Sebastianelli diventa di fatto due cose: un problema in più per il centrodestra che fa capo al candidato Buongiovanni jr, che punta a fagocitarlo ma con un “invano” grosso come una casa a pendere. Quello ed un cadeau con fiocco dorato per Enzo Salera, che vede il fronte a lui avverso spaccarsi ancor di più in vista del voto di giugno.

E che “Peppe” abbia fatto tattica o semplicemente seguito l’usta pop che gli ruggiva dentro, oppure che abbia messo le due cose a crasi con un filino di “cazzimma” che non guasta mai poco conta. Lui ha vinto, e che abbia vinto lo ha detto-scritto-decretato Cassino.

La Cassino che decide e non si fa decidere addosso e che è corsa ai gazebo. E questa sarà pure una faccenda retorica e poco funzionale per le mappe da bandierina, tuttavia resta una domanda. Chi lo ha detto che la democrazia debba essere sempre solo utile ai manovratori invece che essere solo bella per chi la applica?

Peppe pop.

ANTONIO SCACCIA

Antonio Scaccia. Foto © Stefano Strani

Avanti a tappe forzate. Frosinone combatte la sua battaglia impossibile contro lo smog e le microparticelle che avvelenano l’aria del capoluogo. Impossibile perché si parte del lato sbagliato, con i provvedimenti sbagliati: come se si pretendesse di svuotare l’oceano utilizzando una conchiglia.

Si continuano a fermare le auto ed abbassare le temperature dei termosifoni: provvedimenti che equivalgono alla conchiglia. Mentre l’oceano è rappresentato da migliaia di caldaie di vecchia generazione, centinaia di caminetti e stufe a pellet, che buttano nell’aria di Frosinone i loro fumi. La maggior parte dell’inquinamento viene da lì, non dalle auto e non dalle industrie. Parlano chiaro i dati delle centraline: nel periodo del lockdown continuarono a registrare la presenza dei veleni anche con il traffico fermo e l’autostrada deserta; nulla cambiò con lo stop anche alle fabbriche. L’aria si pulì in un paio di giorni appena arrivò la primavera e cn le temperature miti si spensero i riscaldamenti.

A questo si aggiunga che in città come Frosinone e Ceccano è ormai evidente che le centraline vennero messe con un criterio: creare difficoltà alle amministrazioni. Perché i ‘nasi’ che fiutano le particelle non stanno in un punto medio ma in quelli più intasati dalle auto. Verissimi i loro numeri. ma non sono quelli di un’intera città. E l’altro giorno l’assessore all’Ambiente di Ceccano Riccardo Del Brocco è andato a sbattere i pugni in Regione. (Leggi qui: «Ci siamo rotti i polmoni». «Come noi mai nessuno prima»).

A rendere legittimo il suo sospetto sono i dati diffusi nelle ultime ore. Letti da un’altra latitudine restituiscono un risultato del tutto differente sulla qualità dell’aria da queste parti. (Leggi qui: Qualità dell’aria a Frosinone: chi dice la verità e chi mente).

In attesa che si faccia chiarezza, l’assessore all’Ambiente di Frosinone Antonio Scaccia ha afferrato la conchiglia e fatto le uniche cose che ad oggi la normativa gli consenta di fare, insieme al sindaco Riccardo Mastrangeli. Da domani partono anche a Frosinone le aree Zona 30: strade dove il limite massimo di velocità non potrà superare i 30 Km/h. E poi scatteranno i controlli sulle caldaie. Frosinone è già al 31mo giorno di inquinamento dall’inizio dell’anno. Il provvedimento è antipatico, colpisce nella libertà di movimento ma “le iniziative messe in campo in questo ambito vanno tutte nella direzione della tutela della salute della collettività”.

Scomodo, ma qualcuno lo doveva pur fare.

FLOP

MATTEO RICCI

Matteo Ricci (Foto: Marco Cremonesi © Imagoeconomica)

Un cartellino giallo simbologico per il sindaco Dem di Pesaro che è anche presidente delle Autonomie locali italiane. Un ammonimento che magari gli tocca non tanto in virtù della sua concretezza, quanto piuttosto della tenacia con cui la persegue fino a farla diventare funzionalismo in purezza.

Cioè una cosa che al Partito democratico serve, ma nelle giuste dosi. Nella giornata di ieri AdnKronos ha fatto trapelare un documento da 5 pagine che invoca il superamento del tetto dei due mandati ai sindaci. Quella soglia venne introdotta nel 1993. E come spiega la nota nel corso di una “fase storica caratterizzata da una forte animosità nei confronti del ceto politico”.

E dai “timori per le possibili controindicazioni legate all’elemento fortemente innovativo, per il sistema, rappresentato dall’elezione diretta. Oggi sono trenta, i sindaci che non ci stanno più. Per loro il tetto è “una vera anomalia dell’ordinamento italiano, in quanto è rinvenibile nell’ambito dei Paesi europei solo in Portogallo (tre mandati) e in Polonia.

“Solo in Portogallo e Polonia”

Il primo punto bigio è questo: perché ogni volta che si insegue una riforma la si incentiva come necessaria additando altre storie, altre dinamiche ed altri Paesi? Questa roba non funziona più e forse non ha mai funzionato. E le motivazioni tecnico-politiche? La “continuità amministrativa, l’esperienza e competenza di un sindaco che ha già servito due mandati”.

E poi la “risposta alle esigenze locali laddove mantenere un sindaco ben consolidato potrebbe essere la risposta migliore”. Per far cosa? “Rispondere efficacemente alle esigenze specifiche della comunità locale”. Tutto bello, ma comunque ed in ogni caso viene meno un principio di alternanza e di rinnovamento che dovrebbe stare più che in altri ambiti alla base ideologica dei dem.

Chiariamoci, non è che un sindaco afferente al Nazareno non abbia il diritto di valutare e chiedere il superamento del terzo mandato. Solo che sentire parlare un dem di necessità di “leadership stabile” che aiuti anche a “garantire una certa stabilità politica e istituzionale” fa un po’ specie. E dovrebbe farla anche a chi di quelle istanze si fa collettore.

Perché il funzionalismo a piccole dosi è un progresso, ma l’overdose di funzionalismo in punto di Pnrr è una malattia: della democrazia.

Dem starebbe per democratici.

ANTONELLO IANNARILLI

Antonello Iannarilli

A fare la faccia cattiva hanno mandato lui. Cioè quello che del dialogo e dell’ascolto con i cittadini ha fatto il must della proprio lunghissimo cursus honorum in politica. È toccato ad Antonello Iannarilli andare a bussare alle tasche degli inquilini delle Case Popolari in provincia di Frosinone. Lo paga a malapena uno su due e così si è aperta una voragine da 44 milioni nei conti Ater: lo aveva rivelato già nei mesi scorsi durante la trasmissione A Porte Aperte su Teleuniverso. (Leggi qui: Porte Aperte sullo scontro Lega – Fdi).

I numeri certificati dicono che la morosità è vicina al 60% degli inquilini, al 70% per i locali commerciali. Il tutto, nonostante in molti casi gli affitti ammontino a cifre simboliche: meno di due pacchetti di sigarette. Ora Iannarilli vara un piano per il rientro: a rate, poco alla volta, dilazionato in tantissimo tempo purché si paghi. Il prossimo passo sarà la cartella e la minaccia di sfratto.

Nel primo caso, la certificazione del debito è un passo fondamentale per poter dichiarare ‘inesigibile’ il debito e poterlo così cancellare dai bilanci. Nel secondo è una possibilità che rimane teorica. Proprio per questo occorreva uno che facesse la faccia cattiva pur avendo la reputazione del buono che sa ascoltare. È toccata a lui. Forse gli sarebbe piaciuto fare altro.

Fuori l’affitto o fuori di casa.