Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 17 maggio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 17 maggio 2023

ANTONIO TAJANI

Antonio Tajani (Foto: Livio Anticoli / Imagoeconomica)

Quello che ci si aspetta da uno come Antonio Tajani è che dia delle indicazioni ed offra una sua personale visione del mondo dei sistemi complessi in maniera del tutto scollegata dalla sua posizione. Attenzione: non si è mai chiesto all’attuale vicepremier di rinnegare il fatto che sia forzista e che, in quanto tale, sia berlusconiano di ferro.

Quella che da tempo ci si aspettava dal titolare della Farnesina era una maturità espositiva che fosse capace di sopravvivere al copione di una collocazione politica molto polarizzata. E Tajani non ha deluso, lo ha fatto in questi giorni mettendo la sua lunga esperienza a servizio di un tema decisamente delicato: quello su quale possa essere la formula di governo “migliore” per l’Italia che verrà.

Ritengo che si debba rafforzare la stabilità del nostro Paese, basta con governi non eletti dal popolo. La ricetta migliore bisogna trovarla insieme, maggioranza e opposizione”. Il primo passo di cui tener conto è che Tajani ha iniziato a percorrere la via, delicata e per certi versi infida, delle riforme che toccano la Costituzione. Materia che da sempre è campo minato e che ha fatto in passato vittime illustrissime, tipo Matteo Renzi, tanto per citarne una recente e resiliente.

Da qui la decisione di incontrare le forze di opposizione per capire quali sono le loro idee. Al termine dei colloqui potremmo presentare una proposta“. Sul tema delle riforme istituzionali Tajani insomma pare voglia tirare dritto: “Io credo che per l’Italia forse il premierato potrebbe essere una soluzione più gradita alla maggioranza delle forze in Parlamento. Io sono abbastanza pragmatico, mi interessa la stabilità“.

Però il numero due di Forza Italia è troppo accorto, troppo “centrista” per non sapere che su certe barche conviene che si navighi in comunella, così se affondano poi almeno non ci sono naviganti renitenti che possono invocare la saggezza di essere rimasti a terra: “La ricetta migliore va trovata insieme maggioranza e opposizione, e se si mettesse sull’Aventino l’opposizione commetterebbe un grave errore”.

La riforma istituzionale è parte del nostro programma e vogliamo realizzarla” ma “mi auguro che le forze di opposizione non si mettano sull’Aventino“. Come a dire “facciamolo insieme” e non solo per i numeri, ma anche per camminate uniti sui cocci, feriti tutti o nessun ferito.

Saggio come non mai.

PIETRO VITTORELLI

La salita al Calvario è parte del percorso spirituale di ogni cristiano. Ci sono salite più o meno ripide, più o meno agevoli. E tutte si percorrono da soli, con il peso della croce sulle spalle. Esattamente come fece il primo che tracciò il percorso. Accusato di essere un sovversivo, o peggio ancora un ciarlatano: umiliato, deriso, abbandonato. Chissà se c’è questo dietro al silenzio nel quale si è chiuso in questi anni dom Pietro Vittorelli, 191° abate di Montecassino.

Lo accusarono di essere un ladro. E pure un pervertito. Che pagava le sue perversioni con i soldi della Chiesa e quelli donati dagli italiani attraverso l’8 x mille. Lussi costati oltre mezzo milione di euro, soldi imboscati anche attraverso il fratello. Non era un ladro, non era un riciclatore.

A dirlo sono stati i giudici del Tribunale penale di Roma. Lo hanno assolto con formula piena. Cioè senza margini per ombre o dubbi. Non rubò, non prese soldi né dai conti della diocesi né da quelli di Montecassino. Ed i viaggi contestati dagli inquirenti? Era il viaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù. Il maxi soggiorno in albergo? Era il conto per la delegazione. Gli spostamenti in Italia? Era per le varie conferenze alle quali partecipava. Gli economi hanno confermato che dai conti manca nulla.

I vizi e le perversioni? Non hanno mai fatto parte di alcun processo. O meglio: non di processi penali. Semmai, fanno parte di un processo che dovrà eventualmente celebrare con la sua coscienza e nel quale nessun lettore, nessun fedele, ha il titolo per poter essere giudice. Perché in quel tipo di processi c’è sempre un solo Giudice: che già conosce i fatti.

Proprio per questo oggi si deve prendere doverosamente atto che sulla croce giudiziaria, sul Golgota terreno, è stato crocefisso un innocente.

Il silenzio dell’innocente.

ALIOSKA BACCARINI

Baccarini festeggia la rielezione

Chi scommette, rischia. Ed è l’adrenalina innescata da quel rischio a rendere tutto così avvincente: in bilico, tra il trionfo e la disfatta, senza vie di mezzo, senza rete né paracadute. Esattamente la scommessa fatta dal sindaco di Fiuggi Alioska Baccarini. Che cinque anni fa scommise in maniera chiara su uno dei punti più divisivi per la città: il futuro dell’acqua e delle terme cittadine. Nero o rosso, rien ne va plus.

Ma la scommessa di Baccarini non era basata sull’azzardo. Bensì sulla convinzione che la legge, il mercato, l’economia, tracciassero un sentiero di rinascita per Acqua e Terme di Fiuggi. I fatti dicono che quel sentiero c’era, che è stato percorso fino in fondo. E nel modo in cui la città voleva.

Solo così si spiega il plebiscito che lo ha portato lunedì sera alla rielezione sfiorando il 90% del consenso dell’intera città. Si spiega con la capacità di fare una scelta netta, realizzarla, vederla compiuta e quindi rivelarsi indovinata.

Che in un Paese cerchiobottista, rappresenta una rarità. Più ancora se dopo avere stravinto e fatto tabula rasa degli avversari, la scelta è quella di non festeggiare. Ma di rimettersi subito al lavoro.

Plebiscitario.

FLOP

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte

A Giuseppe Conte la parola Pd fa venire l’orticaria a prescindere da quello che via via il Pd diventi, da chi lo guidi e dal perché operi nel sistema complesso della politica italiana. È un fatto che sta diventando sempre più incontestabile e ci sono diversi motivi per farlo passare da mellifuo “leit-motiv” a canone inverso, come nel libro di Maurensing.

La riprova? A dire il vero con Conte di riprove ve ne sarebbero talmente tante, argomentative e formali, che cercarne una equivale solo a cercare l’ultima in ordine di tempo e di angolatura. Andiamo per timing dunque. L’alleanza con il Pd? “Non c’è una concreta prospettiva, almeno nell’immediato, per una alleanza strutturale.

Giuseppe Conte lo ha detto da pochissimo e fin qui non vi è nulla di nuovo. Per il leader dei Cinquestelle un comparaggio in convergenza con il Pd non è qualcosa sul tavolo per il momento. Attenzione: ci sono state le elezioni amministrative ed hanno avuto l’esito che sappiamo, però Conte da questo punto di vista ama le prospettive larghe in timing e non si fa scoraggiare.

Lui ed Elly Schlein nei giorni caldissimi della lotta contro il Decreto Lavoro si sono tenuti a debita distanza, hanno fatto qualche “limonata concettualema in particolare l’ex rpemier è rimasto fermissimo su posizioni che, malgrado i due Partiti siano legati da un certo massimalismo polarizzato, rimandano al suo bisogno recondito.

Quale? Quello di intestarsi in tutto e per tutto e prescindendo dai temi del “nuovo corso” del Nazareno che hanno perfino mandato via un Carlo Cottarelli, la giacca scomoda del solo leader della sola opposizione. Eppure non mancano le riprove del fatto che in Italia se non ti allei non contrasti l’avversario e men che mai vinci.

Ma Conte, questo Conte qua bandito dalla Schlein sui ballottaggi per le amministrative, è un ortodosso, lui sa che quando gli effetti del reset del Rdc arriveranno verrà visto come un martire dello stato sociale ed è pronto a raccogliere i frutti. Solo che non ha capito che gli italiani alla fine si adeguano a tutto. E che non sono il popolo migliore nel fare i nodi al fazzoletto.

Capa tosta.