Una terra di santi: Filippo Neri e Giuseppe Moscati

Due storie e due uomini che nel loro percorso di fede e riconoscimento della sua forza ebbero a che fare con la futura Città Martire

Gaetano De Angelis Curtis

Università di Cassino Laboratorio di Storia Regionale Dipartimento di Lettere e Filosofia

Una iscrizione fatta incidere dal duce sulla facciata del Palazzo della Civiltà a Roma nel quartiere Eur, definisce gli italiani come «Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori». Più limitatamente la saggezza popolare considera l’Italia terra di «santi, poeti, navigatori». Anche l’odierno Lazio meridionale può essere considerato a ragione veduta «terra di santi». Basti pensare a chi ci è venuto per convertire e fondare la più celebre abbazia nel mondo (san Benedetto) e chi invece ci è nato (san Tommaso d’Aquino).

Ci sono però altri due altri due santi legati a questo territorio ed in particolare a Cassino: Filippo Neri e Giuseppe Moscati. Non tutti sanno che Filippo Neri, vissuto tra il 1515 e il 1595, da giovane era giunto a San Germano (come allora si chiamava Cassino) proveniente da Firenze. Era figlio di un notaio ma a San Germano c’era uno zio. Un facoltoso mercante che non aveva figli e perciò aveva chiamato il giovane Filippo per poi lasciargli il suo avviato negozio e i suoi cospicui beni. (Leggi qui: La lunga strada della storia per arrivare a Cassino città martire).

L’arrivo a San Germano e la casa a via De Nicola

Johnny Dorelli in un insuperabile ‘State buoni se potete’

Il diciottenne Filippo giunse a S. Germano e andò a vivere nella casa dello zio ubicata alla fine di quella che oggi è Via Enrico De Nicola, nei pressi del bivio della vecchia strada per Montecassino. Nel corso dei secoli quell’immobile divenne proprietà della famiglia Mascioli. Famiglia che lo fece ampliare e a devozione della memoria del santo fece erigere una cappella ubicata al secondo piano, al di sopra della stanza dove dormiva Filippo.

Nella cappella si celebravano saltuariamente le sante messe. Vi si compiva il Mese mariano, era utilizzata per battesimi e anche l’abate di Montecassino, monaci, sacerdoti e fedeli vi si recavano per pregare. La palazzina, con la cappella e il resto, è andata distrutta, come tutta la città di Cassino, dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale. E quella che ne ha preso il posto più nulla conserva delle antiche memorie.

A S. Germano sembra che il giovane Filippo abbia vissuto per due anni. Non si sa cosa abbia fatto, se almeno inizialmente abbia aiutato lo zio nella conduzione del negozio. Si può immaginare però che sia rimasto fortemente attratto dall’abbazia di Montecassino. D’altronde abitava ai piedi del monte sulla cui cima svetta il monastero benedettino. Lo avrà sicuramente frequentato inerpicandosi sui sentieri montani e così a Montecassino «gettò i fondamenti di un’altissima perfezione».(come ha scritto il cardinale Alfonso Capecelatro).

Il trasferimento a Roma e la Congregazione

Foto © Tonino Bernardelli

Non si hanno prove dirette della frequentazione del monastero cassinese ma una attendibile testimonianza. La visita di San Carlo Borromeo a Montecassino nel 1562 fu fatta su consiglio di san Filippo Neri, suo confessore. Che lo esortò a salire in abbazia per godere di quei benefici spirituali che lui aveva già ottenuto. Si sa, inoltre, che Filippo si portava da San Germano alla cappella della Trinità nella cosiddetta montagna spaccata di Gaeta. Proprio dove ancora oggi la tradizione popolare colloca il “letto di San Filippo Neri” su una nuda roccia posta di fronte alla chiesetta.

Poi si trasferì a Roma, divenne sacerdote, prestò la sua opera di carità, si occupò degli infermi e soprattutto dei giovani di strada fondando l’oratorio e la Congregazione degli oratoriani. Congregazione nella quale entrò anche Cesare Baronio originario di Sora, uno dei più importanti storici della Chiesa, poi cardinale. Filippo Neri fu proclamato santo nel 1622. La sua memoria a Montecassino è ben attestata.

In una grande tela (andata anch’essa persa con la distruzione del 15 febbraio 1944) sono ritratti alcuni visitatori illustri che avevano visitato la Badia cassinese: Torquato Tasso e Sant’Ignazio di Loyola. Poi il doge di Venezia Giovanni Calvino, Pier Luigi da Palestrina, forse Santa Teresa D’Avila. Al centro è raffigurato san Benedetto mentre distribuisce il pane della sua Regola. Tuttavia i lineamenti del volto del santo di Norcia sono quelli di San Filippo Neri.

La distruzione della memoria

Il passaggio luttuoso e distruttivo della Seconda guerra mondiale a Cassino ha determinato la scomparsa anche della memoria collettiva di Filippo Neri. Nella città riedificata non c’è più nulla che lo ricordi. Solo recentemente è stato avviato l’iter per l’inclusione nella toponomastica cittadina di una strada dedicata a Filippo Neri. Una via ubicata nelle vicinanze del luogo dove si trovava la casa dello zio, poi casa Mascioli. Al pari, ardimentosi giovani hanno provveduto a tracciare un percorso, il cammino di San Filippo Neri, di collegamento a piedi tra Cassino e Gaeta. (Leggi qui).

Giunto a San Germano – Cassino per imparare l’arte del commercio, a San Germano-Cassino Filippo Neri si fece mercante d’anime.

Giuseppe Moscati e le “origini” Belmontane

San Giuseppe Moscati

Anche San Giuseppe Moscati, benché non sia né nato a Cassino (era di Benevento) né vi abbia mai vissuto, è legato, seppur indirettamente, alla città. Giuseppe (Peppino) Moscati (1880-1927), il medico dei poveri, era il settimo figlio di Francesco (originario dell’avellinese) e di Rosa de Luca dei marchesi di Roseto. Erano originari del foggiano ma che vivevano «nel loro castello medievale di Belmonte presso Cassino».

Francesco Moscati era un magistrato ed era giunto nell’allora S. Germano nell’ottobre del 1862 per prendere servizio nel neo istituito Tribunale come sostituto procuratore. Questo per poi transitare nel ruolo giudicante e permanere in qualità di giudice del Tribunale di Cassino fino al 1873. Il matrimonio contratto con Rosa de Luca pare essere stato benedetto da don Luigi Tosti il più importante storico cassinese del tempo.

Complessivamente la coppia ebbe nove figli. Di cui quattro nati a Cassino: Gennaro, Alberto e le gemelle Maria e Anna (morta precocemente). Poi a Benevento nacquero Anna (Nina) e Giuseppe (Peppino). Ad Ancona nacque Eugenio e a Napoli l’ultimo Domenico (che fu anche sindaco della città partenopea). Giuseppe (Peppino) si laureò in medicina presso l’Università di Napoli nel 1903, fu primario dell’Ospedale degli Incurabili. Morì a soli 46 anni quasi in povertà avendo donato i suoi avere ai malati poveri di Napoli per l’acquisto delle medicine.

La casa distrutta e quel ricordo labile

Tomba di San Giuseppe Moscati

Fu seppellito nel Cimitero di Poggioreale di Napoli ma il 16 novembre 1930 i suoi resti furono traslati nella Chiesa del Gesù Nuovo. Fu beatificato da papa Paolo VI il 6 novembre 1975. Inoltre fu proclamato santo il 25 ottobre 1987 da Giovanni Paolo II (con la festa liturgica che è stata fissata al 16 novembre). Alcuni ambienti ubicati nella parte laterale della Chiesa del Gesù Nuovo a Napoli, ricordano vari momenti della vita privata e familiare del santo. Compreso il soggiorno a Cassino del padre e la sua attività professionale di magistrato presso il locale Tribunale.

Anche l’immobile di Cassino dove visse la coppia Francesco Moscati-Rosa de Luca e dove nacquero i primi loro quatto figli, e che pare fosse situato non lontano da quella di s. Filippo Neri, è andato perso per sempre a causa della distruzione della città. Fino a qualche decennio or sono un’associazione di medici locali organizzava periodicamente delle visite o pellegrinaggi alla tomba del santo nella Chiesa del Gesù Nuovo a Napoli.

Oggigiorno il ricordo a Cassino di San Giuseppe (Peppino) Moscati e della sua famiglia si è fatto ancora più labile. Anche per Giuseppe Moscati recentemente è stato avviato l’iter per l’inclusione nella toponomastica di Cassino di una strada dedicata a un apostolo della medicina fattosi santo.