Vota Antonio ma solo se corre Giorgia, e i congressi laziali sono il laboratorio

Da vicepremier a leader che potrebbe metterci la faccia alle Europee: il segretario di Forza Italia screma le truppe e non lo esclude

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Lo spirito è quello “del ‘94” ma su di esso aleggia un sottofondo malignamente “spiritoso”. E’ quello per cui alle cose puoi dare anche un totem storico, per incentivarle, ma non è che quel totem poi debba necessariamente cambiare le cose e dare ad esse la birra giusta. In sintesi: Forza Italia a guida Antonio Tajani evoca quella Forza Italia di Silvio Berlusconi quando il Cav scese in campo. Lo fece esattamente 30 anni fa, ed in questi giorni quel momento topico di liberismo spiaggiato addosso alla politica post Tangentopoli è stato debitamente celebrato.

Ma è stata molto più di una celebrazione, è il tentativo di aggiogare la mistica del passato alle lotte del presente dopo debita revisione al ribasso dal cesarismo che fu. E sono lotte che danno il segretario di Forza Italia, ministro e vicepremier, pronto a correre egli stesso. Dove? Alle Europee 2024 come uomo traino. Ed in quale frangente? Solo se Giorgia Meloni, che è furba di tre cotte e si fa rincorrere da tutti, scioglierà una riserva-burletta e metterà la faccia su tutte le circoscrizioni elettorali per Strasburgo-Bruxelles. (Leggi qui: Il sondaggio di Salvini e la mobilitazione di Abbruzzese).

Da Chiusaroli a Fazzone, i ruoli e le mission

In questo quadro possibilista ma non tanto di maniera giocano un ruolo fondamentale i congressi che gli azzurri, dopo una lunga stagione di verticalismo, stanno celebrando. Anche nel Lazio ed a Frosinone, dove all’Edra Palace è stata scelta come leader provinciale la cassinate Rossella Chiusaroli.

O come a Latina dove oltre mille persone si sono ritrovate al Cinema Teatro Ariston di Gaeta per il Congresso presieduto dal senatore Claudio Lotito nel quale il personaggio centrale è stato il due volte sindaco ed ora consigliere regionale Cosmo Mitrano. Qui il nuovo coordinatore provinciale è Giuseppe Di Rubbo, tornato a quell’incarico dopo otto anni. È il frutto di una ponderazione guidata dal senatore Claudio Fazzone per “merito, lealtà e capacità di essere un riferimento non solo nel Partito e per il Partito, ma per tutti i territori della nostra provincia”.

Anche Claudio Lotito sente l’aria di trenta anni fa. “Gaeta – ha detto – è un punto di riferimento per Forza Italia, mi sembra di rivedere l’entusiasmo di 30 anni fa quando Silvio Berlusconi fondò il nostro Partito. Ci sono le condizioni per diventare di nuovo il punto di riferimento per la politica nazionale e soprattutto dei territori”.

A Viterbo è Alessandro Romoli il nuovo segretario provinciale di Forza Italia. Unico candidato, è stato eletto per acclamazione dal Congresso riunito al Salus Terme alla presenza del senatore Maurizio Gasparri. Per il neo Segretario “In ogni Comune va riorganizzato il Partito, superando le diversità di vedute a livello locale, che minano la nostra credibilità. Dobbiamo ascoltare, fare sintesi e poi operare come unico corpo. Serve un approccio unitario, pur nella diversità di opinioni”.

Non solo spina dorsale

Foto: Giuliano Del Gatto © Imagoeconomica

La chiave di lettura non è tanto e non è solo quella di una necessità di dare una spina dorsale al Partito che non ne aveva mai avuto bisogno perché con il suo fondatore era strutturato come un’azienda. E’ roba più profonda e diversificata, che impone a Forza Italia di strutturarsi in senso orizzontale perché adesso non ha un capo, ma un reggente.

Ed a febbraio avrà il suo Segretario Nazionale al quale toccheranno le insidie della strategia alla pari, non le lusinghe del comando sui barchini di scorta alla corazzata.

Quella Forza Italia là, quella che bullizzava gli alleati in forza di numeri monstre, non c’è più. E il senso di dover recuperare “lo spirito del ‘94” invocato da Tajani sta tutto qua. Prendere cioè una cosa che fu miracolo contingente e farla diventare quanto meno pungolo ebbro a ché un piccolo miracolo si ripeta.

Fazzone, il manovratore centrista che serve

Claudio Fazzone (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

In questo senso l’attuale vicepremier e ministro degli Esteri è obbligato a seguire una doppia rotta: marcare Giorgia Meloni che rischia di cannibalizzare tutti a giugno e contare sulla capacità di manovra di nostromi regionali di rango. Uomini come Claudio Fazzone, che su certe sfumature non proprio “sfumate” ma circostanziate non sarà stato il più sodale tra i sodali con il segretario azzurro. Ma che tuttavia è quello che più di tutti ha trovato la quadra politica di Forza Italia di oggi sul territorio laziale che gli compete. Quella cioè per cui gli azzurri devono ribadire il ruolo di isola di moderati in un oceano di barracuda mezzi idrofobi.

Un reggimento di decisionisti del destracentro in quota Lega e FdI che scattano in avanti azzannando temi di pronta beva. Questo invece di fiutare l’aria e stanare un liberismo concreto e non urlato che dia più soluzioni e meno slogan. Fazzone vuole essere Mino Reitano ad un concerto dei Soundgarden ed ha tutti i numeri per farlo.

Nell’annunciare il congresso di Latina presso il Cinema Teatro Ariston di Gaeta, l’evento chiave di una strategia cruciale di recupero di consensi pontini, Fazzone è stato chiaro. “La fase congressuale contribuisce a rendere più solido il nostro partito attraverso scelte che provengono dal basso”. Scelte “all’insegna della meritocrazia, del coraggio, del pragmatismo e della ferma volontà a dare risposte, con idee e progetti sempre nuovi e realizzabili”.

Da Gaeta la riscossa pontina: forse

Carlo Nordio (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Sembra di sentire un Tajani al cubo, specie con quel claim, “realizzabili”. Niente grandi sogni sovranisti e tanta concretezza cocchi, qui si fanno cose, non si verniciano iperboli sui muri ideologici dell’Italia di pancia. E i temi sono solidi:la sanità, il lavoro, la sicurezza, le infrastrutture, lo sviluppo economico e sociale. Il tutto tenendo sempre al centro di ogni azione e del nostro impegno, all’interno e all’esterno delle istituzioni, le persone a partire dai più fragili”. La sicurezza che Fazzone va sbandierando non è quindi quella generica ed epica degli alleati, ma una sicurezza sistemica. “Sociale, ambientale, economica e ogni forma di sicurezza necessaria a rafforzare la dignità dei nostri cittadini”. La riforma della giustizia di Carlo Nordio e le battaglie ataviche del Cav contro i magistrati sembrano robetta ai margini. Qui si punta alla vita di tutti i giorni, non ai suoi momenti topici.

Ma per dare un suggello effettivo a questi temi strategici servono scelte tattiche. Forza Italia è da tempo tornato ad essere magnete per molti esponenti della politica di medio livello. Entrano uomini e donne nuovi e quelli “vecchi” sono tutti concentrati sul nuovo target che non passa più per le manovre spericolate e mercatali del fondatore arcoriano.

Dove conviene metterci la faccia e dove no

Claudio Fazzone ed Antonio Tajani (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Non mancano le possibili grane, come l’insidia, l’abbandono di un pezzo da 90 forzista al Parlamento Ue. Si tratta di quell’Aldo Patriciello, mister preferenze molisano, che viene dato ormai approdato alla Lega per la prossima tornata elettorale. E che sarebbe pronto a dare l’annuncio dalla “sua” Pozzilli ad inizio febbraio.

Servono mosse studiate ed una di esse potrebbe essere proprio quella che porterebbe Tajani a mettere anche lui la faccia per le Europee. Siccome la sua faccia è già simbolo, Tajani girerà in lungo ed in largo tra i collegi per sostenere i candidati. Nomi di grana grossa come Flavio Tosi dato per possibile capolista nel Nord-Est, o l’ex governatore leghista del Piemonte Roberto Cota passato alla corte di Tajani ed ora possibile capolista al Nord Ovest.

Fulvio Martusciello che è capodelegazione a Strasburgo potrebbe essere schierato come capolista nel Sud. Per le Isole gira il nome di Marco Falcone assessore della giunta regionale Schifani.

Nella circoscrizione Centro sta apparecchiando tutto Claudio Fazzone, scommettendo sul suo Salvatore De Meo già sindaco di Fondi e deputato Ue uscente. Con lui potrebbe esserci l’ex governatrice Renata Polverini. A Sud fa sempre effetto il nome di Alessandra Mussolini.

Perché il vicepremier sfoglia la “margherita”

Matteo Salvini a Firenze

Matteo Salvini ha fiutato l’aria, che non è buona, ed ha preferito sfilarsi ufficialmente con tanto di slogan servizievole sul suo attuale ruolo. Quando Salvini dice che ha ben altro da fare vuol dire che Salvini ha pesato cosa gli conviene far vedere che fa per restare a galla. Sa che una piallata al Carroccio è molto probabile ed aggiogare la sua immagine ad un risultato mesto sarebbe il suo definitivo suicidio. Ma Tajani no, a Palazzo Chigi lui è un po’ il Grillo Parlante dove Meloni gioca a fare la underdog che le suona a tutti, che dà le carte e che a tutti piace. (Leggi qui: Il sondaggio di Salvini e la mobilitazione di Abbruzzese).

E questa sua verve da saggio che non urla può fare incasso. Simone Canettieri de Il Foglio ha descritto il possibile scenario. “Il vicepremier e ministro degli Esteri, margherita alla mano e polpastrelli consumati a forza di sfogliarne i petali, sembra che ci stia ripensando. Seppur controvoglia, ben consapevole dei rischi di questa impresa, della concomitanza con la presidenza italiana del G7, della guerra in Ucraina e della situazione in medio oriente.

Ma alla fine, “come l’uomo del monte, potrebbe dire sì”. Ci sono prove o quanto meno sintomi della possibile rotta? “Non ho alcun problema, sono stato eletto cinque volte al Parlamento europeo e se sarà utile a Forza Italia mi candiderò, sapendo bene che gli elettori conoscono quali sono le carte in tavola”. Poi lo spiegone: “Un leader si candida per rafforzare l’entità del movimento, un modo per dare forte identità a Forza Italia che sta crescendo nei sondaggi”. I sondaggi non sono più quelli del terrore di non sforare la soglia del 4% e gli azzurri avrebbero un 9,4% dall’alto del quale spernacchiano i leghisti, dati all’8,5.

Da questo punto di vista Tajani è riuscito in una cosa incontestabile. Le opa vagamente ed originariamente sbruffone dei centristi a tutto tondo come Matteo Renzi e Carlo Calenda sono state petardi in pozzanghera e c’è molta gente che dice centro e scriverebbe FI. Per il trentennale della discesa in campo di Berlusconi, pare con tanto di mezzo fondale d’arredo allestito in una rimessa, c’è stato solo Gianni Letta per gli “arcoriani di ferro” della famiglia. Che significa? Che il futuro azzurro è già presente e che la vecchia guardia è arretrata al ruolo di empireo inattivo. L’analisi ulteriore arriva da Maurizio Gasparri, uno di quelli che per far succedere le cose poi “se le cantano” in anticipo.

Gasparri e la previsione: “Giorgia si candiderà”

Maurizio Gasparri (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

“Siccome penso che Giorgia Meloni si candiderà, di conseguenza politicamente Antonio prenderà una decisione simile. Ragiono in termini politici. E comunque rispetto a sei mesi fa, quando ci davano tutti per morti, abbiamo reagito: basta frequentare i nostri congressi provinciali e cittadini in giro per l’Italia”. Il 23 ed il 24 febbraio l’imbuto dei congressi sfocerà nella nomina di Tajani a Segretario nazionale.

Non incoronazione, ma nomina ed in un contesto dove il lessico pesa come ghisa. Cioè un ruolo fiduciario di vertice per ridare smalto ma senza rievocare fasti impossibili da realizzare di nuovo. Perché il mondo è cambiato, perché Arcore ispira ancora, e tanto, ma non guida.

Giorgia Meloni

E perché adesso “vota Antonio” non lo puoi gridare come panacea universale, ma solo sussurrare come invito al buon senso. Anche quello di fare con Meloni quello che i levrieri fanno con la lepre.

E comunque scelga Tajani ha staccato le scarpette da runner dal chiodo. Non può fare altrimenti, deve solo scegliere la corsia prima che la corsia scelga lui.