Zingaretti non ha scelta: battere Renzi per salvare il Pd

La via obbligata di Nicola Zingaretti: battere Renzi per provare a cambiare il Partito Democratico. E farlo anche in fretta. Ecco perché.

Il messaggio è un nuovo segnale al Pd. Nicola Zingaretti lo ha scritto sulla sua bacheca Facebook.

La proposta di Martina a me sembra ragionevole e condivisibile: eleggere un segretario in assemblea e fare il congresso. Nei prossimi mesi dovremo certo discutere e decidere ma anche lottare, batterci, fare opposizione in Parlamento e nei territori. Con il Governo che si sta formando mi sembra difficile che si possa farlo sotto la guida di una commissione congressuale. Dobbiamo salvare il Pd e questa, io credo sia la priorità assoluta”.

 

“Dobbiamo salvare il Pd”: la frase dà il senso dell’emergenza politica di un Partito che rischia la marginalizzazione e l’irrilevanza politica. Nicola Zingaretti ha dato la sua disponibilità a scendere in campo, ma adesso il punto vero sta nella necessità di accelerare.

Prendendo atto però che non ci sono spazi di mediazione tra la strategia di Matteo Renzi (che ha la maggioranza negli organismi dirigenti e che ha vinto le primarie per la segreteria) e le posizioni di tutti gli altri: Dario Franceschini, Andrea Orlando, Michele Emiliano, lo stesso Nicola Zingaretti.

Il Partito Democratico non può pensare di fare opposizione al governo Lega-Cinque Stelle soltanto uniformandosi alle prese di posizione dell’Europa o del Capo dello Stato.

Fra l’altro temi come il controllo dell’immigrazione, minori vincoli da Bruxelles e Strasburgo, riforma della Fornero sono nella “pancia” del Paese. È su questi argomenti che Cinque Stelle e Lega hanno vinto le elezioni.

Per contrastarli occorre scendere in mezzo alla gente e cercare di argomentare le  proprie ragioni. È questa “mission” che il Pd ha perso, rimanendo arroccato su  un modo di fare politica che non esiste più. Perfino nel linguaggio.

Nicola Zingaretti ha detto che vuole partecipare da protagonista alle elezioni comunali, stando sul territorio. La strada è obbligata e vanno coinvolti non soltanto gli amministratori locali, ma i militanti e la gente.

Il Partito Democratico è sparito nei luoghi simbolo della sinistra: le fabbriche, la scuola, le manifestazioni, il rapporto con i sindacati. Non ci sono spazi al centro, mentre a sinistra tanti elettori hanno scelto il Movimento Cinque Stelle.

 

Nicola Zingaretti deve innanzitutto aggregare all’interno del Pd, cercando sponde importanti con chi non sta sulle posizioni di Matteo Renzi. Quindi la mobilitazione va fatta tra la gente. Domenica la Lega sottoporrà il contratto di governo al proprio elettorato attraverso i gazebo, mentre i Cinque Stelle faranno votare il documento sulla piattaforma Rousseau. Sono due metodi dai quali il Pd è tagliato fuori. Sbagliando, perché avrebbe potuto organizzare una manifestazione alternativa per dire che si tratta di passaggi “superati” dal voto del 4 marzo (altrimenti la gente che va a fare alle urne?).

 

In queste ore Roberta Lombardi, leader dei Cinque Stelle alla Regione Lazio, ha iniziato a pressare Zingaretti. Non è un caso: la stagione della collaborazione alla Pisana potrebbe finire presto. Pentastellati e Lega potrebbero cercare di mettere in crisi l’ultima roccaforte del centrosinistra. La Regione Lazio appunto.

 

Anche per questo Zingaretti non può perdere tempo e non ha scelta: per provare a cambiare il Pd deve battere Matteo Renzi. A costo di perdere tutto.

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