La Zes Ue che non sarà lo zombie della Cassa del Mezzogiorno, forse

La nuova occasione per alcune regioni e la paura che possa trasformarsi in un bancomat. Con Sud Lazio e Pontino esclusi dal piano

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Non è un problema di corsi e ricorsi della Storia, così sarebbe banale. E’ semplicemente che la questione della doppia trazione tra il Nord di un qualunque posto ed il Sud dello stesso non sarà mai questione cassata. E qui la storia c’entra e come, ma non ha la maiuscola roboante. Mazzi di decenni di traiettorie sbilenche, Riforma luterana ed efficientismo e duelli lombardo-borbonici di maniera fanno testo. Perciò si è arrivati al quadro per cui sfruttamento delle risorse umane e naturali senza mettere a sistema nulla hanno fatto il danno. E periodicamente richiedono soluzioni mirate.

E il danno è praticamente irreversibile. Tanto irreversibile che oggi una come Giorgia Meloni è “costretta” a dimostrare orgoglio per una cosa che sa di “nicchia da povery”. Ma è una cosa che, se ben usata, può essere utile, perciò val la pena concentrarsi più su quello che accadrà che su quello per cui è accaduto.

In spunta d’indice Ue ci è arrivata la Zes. O meglio, è arrivata una Zes precisa che ha l’ambizione di ricalcare perfettamente i confini di una parte d’Italia che rispetto al Centro Nord e su economia e servizi sembra un’altra nazione. Roba mesta, roba antica, roba che generazioni di legislatori hanno provato a sanare. Quasi sempre invano.

Il soccorso al Sud del Sud dell’Europa

Cos’è? E’ la Zona Economica Speciale unica per le regioni del Sud, sud dell’Europa, sud dell’Italia. In pratica e cadendo nel trappolone di un parallelismo forse iperbolico è una Cassa del Mezzogiorno su scala europea. Un “luogo non luogo” cioè che avrà regole speciali per territori speciali. Nello specifico dell’Italia esiste ad esempio un plafond di regioni interessate. Sono quelle che verranno interessate dalle misure “di semplificazione e accelerazione delle procedure di approvazione e autorizzazione per il sostegno alle imprese.

E quali sono? Le solite di cui nei decenni passati si è fatto scialo pubblicistico: Abruzzo, Campania, la Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna. Giorgia Meloni ha spiegato com’è andata e dove ci porterà. Lo ha fatto con i toni altisonanti che competono ad una indubbia svolta normativa, economica e soprattutto fiscale. E con quelli in piega di abito per cui la Riforma Calderoli del suo Governo sembra più contraltare di paradossi che sponda, ma tant’è.

Ma il clima è comunque quello: due Europe in una e tra le due ve n’è una che va vista con lenti più graduate. “Grande risultato dell’Italia: luce verde della Commissione europea alla creazione di una Zona Economica Speciale unica per le regioni del Sud”. Ed è indubbio che, come ha spiegato la Meloni, si tratti di “un’importante svolta per rafforzare l’intero Mezzogiorno, riducendo i divari con il resto della Nazione e dell’Ue”. In ogni faccenda ci sono orizzonti e spettri, dove i primi segnano il limite di ciò che una cosa evoca.

Lo spettro dell’assistenzialismo e l’esorcismo da fare

Foto © Carlo Carino / Imagoeconomica

Ed i secondi sono gli ectoplasmi di quella evocazione. Nel caso della Zes lo spettro era ed è quello di un assistenzialismo sciapo e scialone per territori non al passo col resto del Paese. Insomma, sotto il lenzuolo alla Casper potrebbe celarsi un salvadanaio che sparerà via miliardi a pioggia, tanto per sedare la cattiva coscienza di un’Europa che lo sa, che Italia e Sud dell’Italia sono in ritardo quasi su tutto.

Meloni aveva il dovere di chiarire l’equivoco ed ha fatto i compiti. Il sunto è che mai come oggi, in un quadro geo-economico delicatissimo, è fondamentale esorcizzare lo scenario di un protocollo-stampella. Di una misura che alla fine potrebbe alleviare e per poco singole nicchie di povertà. Ma non mettere a regime la ricchezza e le potenzialità inespresse di terre gabbate per troppo tempo su quel nervo scoperto.

Almeno su carta l’esorcismo è partito, e Meloni, che è tutt’altro che sprovveduta sul tema, lo ha detto. “Siamo però convinti che questo obiettivo debba essere raggiunto abbandonando la logica assistenzialista che non funziona, ma dando opportunità di lavoro e crescita”. Lo scopo quindi è nobile, antico e quasi mai raggiunto appieno.

Competizione e capacità di attrarre imprese

(Foto: ELEVATE / PEXELS)

Rendere “queste aree dell’Italia competitive e attraenti per investimenti ed imprese. La ZES unica va esattamente in questa direzione ed è un cambio di passo per l’economia del Sud.

Sì, ma per tenere in piedi un cantiere “Europa Sud” serve un’impalcatura speciale, un “trabattello”, come li chiamiamo qui in Ciociaria, che però non traballi. E che sia forte e sicuro. Abbiamo la soluzione siore e sior: “Bene anche l’apertura di un dialogo con la Commissione Ue per modificare e rendere permanente la misura della Decontribuzione Sud. Che significa? Che a zona speciale con regole speciali deve corrispondere una fiscalità speciale.

Ma tra gli industriali, per rimanere sulla linea del fronte in Ciociaria, non tutti vedono bene la cosa. Perché una cosa sono le decontribuzioni e cosa diversa sono gli incentivi agli investimenti. Se si vuole dare una spinta vera alla ripresa, se si vogliono dare le vitamine al rilancio, allora occorre incentivare gli investimenti. Cioè: se prendi i soldini che hai guadagnato e li investi sulla produzione, sulla ricerca, sul miglioramento del prodotto, su tutto ciò che ti rende competitivo sui mercati mondiali, io Stato ti riconosco la cosa.

E qui non è detto che gli investimenti Ue debbano essere tutti in endorsement con le esigenze specifiche della Zes. Questo perché tra enunciazione del progetto e fondi per attuare quel progetto c’è sempre un fisiologico calo di gradiente. E’ sempre stato così, si parte col megafono e si finisce col pallottoliere e tra i due c’è la vita vera.

Fitto in missione per conto del Sud

Raffaele Fitto

Chi ci ha pensato a mettere a terra la parte praticona del progetto? Il “solito” Raffaele Fitto, che spera di aggiogare alla misura anche un settaggio più mirato dei fondi Pnrr. Questo quando arrivassero in terza e quarta rata. Il ministro per gli Affari europei ha incontrato a Bruxelles la responsabile della concorrenza Margrethe Vestager. Le ha illustrato la proposta sulla Zona Economica Speciale per il Mezzogiorno d’Italia. Poi, dopo lo spiegone, ha calato la briscola necessaria: un confronto per “rendere strutturale la misura Decontribuzione Sud”. C’è una nota del ministero in merito, una cosa enunciativa ma non priva di concretezza. La Vestager “ha accolto positivamente la proposta”.

E lo ha fatto “superando le attuali 8 zone economiche speciali già previste e istituite per rafforzare il sistema e sostenere la crescita e la competitività del Meridione”. Insomma, come interrogò qualcuno a suo tempo arrivando poi a pentirsene: “Abbiamo una banca?”. O meglio: “Abbiamo una cassa?”. Non ci sono quindi zone grigie?

Non proprio, ve ne sono ed è lecito indicarle in potenza. Questo dato che vige un sospetto che non è solo in appalto alla dialettica politica con le opposizioni all’esecutivo in carica. Il sospetto è che questo scenario non sia di integrazione allo sviluppo del Sud, ma di “consolazione” per l’assenza di proposte mirate su di esso già in regime normale.

Sud Lazio e Pontino: il “rebus” Gaeta

Cosmo Mitrano con la fascia da sindaco

E per il Sud Lazio? In quel caso le Zes rischiano di essere una mezza occasione mancata. Piccolo recap: nel 2019-2020 quando è avvenuta la perimetrazione pare non sia stata inserita Gaeta ad esempio. In Zes c’è chi dice che stia con il sistema portuale del Mart Tirreno centro Settentrionale Civitavecchia-Fiumicino-Gaeta. Il dato è controverso ma Cosimo Mitrano, ex sindaco della città portale, si “assume la responsabilità di certificare al 99,9% che sì, Gaeta in Zes c’è“. Il dato è che il collegamento trasversale adriatico tirreno è una grande opportunità, ma il rebus irrisolto non spiega se si tratti di opportunità da cogliere o mancata.

Insomma, il dato regionale è controverso: con il Lazio Sud che potrebbe essere stato tagliato fuori sul piano infrastrutturale. E magari doppiato da Campania ed Abruzzo. Un de profundis non accertato che non fa morire quella sensazione per cui noi siamo ormai area quasi a declino industriale conclamato.

Assoporti e la grande opportunità: con un “però”

Assoporti, l’Associazione dei Porti Italiani, nella Zes ci vede un’opportunità “Tale modifica operativa mirerebbe a semplificare la procedura complessiva dell’attuazione delle ZES, indispensabile per lo sviluppo dell’area del Mezzogiorno. Già in passato l’associazione si era proposta in questo senso, anche al fine di assicurare che il demanio marittimo possa essere sviluppato in maniera coerente con la legge istitutiva delle Autorità di Sistema Portuale, mantenendo la specificità delle ZES degli ambiti portuali”.

E il presidente Rodolfo Giampieri ha spiegato: ”Le ZES sono una grande opportunità per lo sviluppo delle aree del Mezzogiorno e sono certo che la proposta portata avanti dal ministro Fitto vada nella direzione di una semplificazione delle procedure. Per meglio coordinare la necessità di salvaguardare le ZES portuali, sarà opportuno avviare un confronto quanto prima”. Ma dove sta il “rebus” di Gaeta? Nel fatto che la cartina di Assoporti non include alcuno scalo pontino o laziale.

Cambiare, non incassare solo: la lezione ciociara

Dario Di Vico, editorialista del Corriere della Sera (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Ci sono già delle Zes, ci sono investimenti Pnrr per 630 milioni già in ballo e c’è un target, lo sviluppo del Sud, che risente purtroppo di un vecchio meccanismo. Quale? Quello per cui in Italia spesso i fondi per migliorare le cose non diventano un nuovo modello, ma solo concime ipertrofico per modelli economico-produttivi vecchi. Insomma, può succedere che il “secchio sfondato” diventi più capiente ma che sfondato resti e che non abbia un beccuccio per “innaffiare” solo dove serve.

Lo aveva spiegato benissimo due anni fa una attenta disamina di Dario Di Vico, editorialista Corsera e frusinate. Lo aveva fatto in merito ai fondi che furono per la Ciociaria. In particolare per l’investimento Fiat a Piedimonte San Germano.

La sua riflessione era andata esattamente nella direzione di quello che oggi con la Zes un po’ si paventa. “È evidente che una riflessione sull’industrializzazione del Frusinate pur volendo concentrarsi sugli elementi di ‘modello’ e di presenza diffusa sul territorio non può dimenticare il peso dell’investimento Fiat a Piedimonte S. Germano. Insomma, gli aspetti positivi sono giganti e incontestabili. Lo erano “anche per i riflessi che ha avuto nella nascita di un indotto di piccole e medie imprese locali. Poi la chiosa un po’ amara che potrebbe fare scala, dalla Ciociaria all’Italia ed all’intera Europa bicipite di oggi: “Pur concedendo a Cesare quel che è di Cesare la valutazione degli addetti ai lavori è che l’insediamento Fiat si è aggiunto al modello ciociaro e non il contrario. La differenza è profonda.

Occasioni colte ed occasioni mancate

La Fiat Ritmo sulla catena di montaggio di Piedimonte San germano

Sì, c’è una differenza, la stessa differenza che passa tra le occasioni colte e quelle enunciate in punto di pubblicistica politica. A suo tempo la Casmez aveva funzionato e oggi ci sono state nuove sterzate tra norma ed esigenze di crescita. Sterzate come quella con cui la Regione Lazio ha autorizzato Power4Future di Fincantieri e Faist. Con l’iniziativa si andrà a trasformare il Polo logistico del Cosilam nell’annunciata Gigafactory di Piedimonte San Germano. “Sarà una fabbrica di batterie agli ioni di litio e produrrà più di due Gigawattora nel giro di cinque anni. Nascerà nel distretto industriale di Cassino e Stellantis”.

Ma oggi e su scala di sistema sovra territoriale e sovranazionale bisogna giocarsi bene ogni bonus. Se siamo di fronte ad una pagina importante o all’ennesimo prologo che però non innesca una storia e non figlierà capitoli lo scopriremo presto. Come sempre quando in caso sarà troppo tardi per metterci rimedio. Ed abbastanza presto per montarci su un ring politico. Politico e basta, senza soluzioni ma con tante occasioni di arringa.