Aldo Cazzullo, l’esploratore di uomini che occupò la Stanza di Montanelli

Il giornalista che ha preso la 'Stanza' dalla quale Indro Montanelli e poi Sergio Romano rispondevano ai lettori, descrivendo e commentando un Paese pieno di interrogativi. Ed alla ricerca di se stesso.

Intervistatori, razza rara. Già sono rari i giornalisti, meno ancora sono quelli capaci di intraprendere un viaggio intorno alle persone, raggiungere la loro anima, uscirne con dei segreti, meglio se ben nascosti.

Lui è un giornalista, oggi presta la sua penna al Corriere della Sera, intervista la gente. Francesco Cossiga gli ha rivelato una parte dei segreti sul delitto Moro, Vasco Rossi gli ha descritto la sua esperienza con la droga, Silvio Berlusconi si è confessato con lui nell’ultimo giorno in cui è stato a Palazzo Chigi.

Per par condicio ha intervistato sia Mazzola che Rivera. A Bebe Vio ha domandato cosa si prova a vincere l’oro olimpico con braccia e gambe nuove. Al suo taccuino non sono sfuggiti né Rita Levi Montalcini Bill Gates; Paolo Sorrentino ed Ennio Moricone, Renato Vallanzasca e Piercamillo Davigo.

Il taccuino è quello di Aldo Cazzullo

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Aldo Cazzullo © Imagoeconomica, Livio Anticoli
Mai avuto l’impressione di sprecare tanta fatica, visto che gli italiani non leggono e siamo il paese in Europa con il maggiore tasso di analfabetismo funzionale? 

L’altro giorno ero in Mondadori per parlare dell’ultimo libro e mi hanno spiegato che tutto il mercato dei libri in Italia vale un miliardo di euro, che detto così sembra tanto. In realtà è pochissimo, perché devono campare tutti: librai, scrittori, promotori, agenti, camionisti che portano i libri… In Francia vale tre miliardi di euro, quindi il triplo con gli stessi abitanti. Mentre in Germania sei miliardi di euro, sei volte tanto con qualche milione di abitanti in più. Si, è vero: siamo un paese che legge poco. Però, come giustamente siamo tutti allenatori della nazionale, siamo tutti chef, siamo anche tutti giornalisti.

Mi ha colpito – e grazie per aver citato l’intervista Vasco Rossi, che in effetti mi ha raccontato di quando è stato arrestato per droga, di quando ha avuto due figli da due donne sconociute nati negli stessi giorni, poi la storia di suo padre. Insomma storie anche dolorose, difficili…

Quando è uscita quell’intervista ho ricevuto una lettera: in essa un lettore mi ha detto ‘si, bella intervista, però lei non ha fatto neanche una domanda, ha fatto tutto Vasco Rossi da solo’. In realtà io non avevo tolto le domande, ne avevo fatte mille, però lo avevo fatto per restituire di più la sua voce e il suo racconto. Però questo signore gentile pensava veramente che Vasco Rossi si fosse seduto davanti a me, avesse cominciato a raccontare: ‘Sono stato in galera per droga, ma sai che mio padre, ma sai che ho fatto due figli da sconociute gli stessi giorni?’.

Ecco, questo è un mestiere abbastanza ingrato ma è un mestiere bellissimo, perché ti consente di vivere la vita degli altri, di conscere le persone, guardarle negli occhi, cercare non dico di rubare loro l’anima, non ho questa ambizione, ma di far dire loro cose che non pensavano di poter dire“.

Aldo Cazzullo durante l’intervista su Faccia a Faccia
Si entra nell’anima dell’intervistato. Licenza di uccidere oppure, una volta finito, educatamente si esce e si lascia tutto a posto?

Io penso che i grandi abbiano sofferto tantissimo. Parliamo anche di persone che non ho potuto ovviamente intervistare: san Francesco ha avuto le stimmate di Gesù nella carne, santa Chiara ha rischiato di morire sul rogo, santa Caterina veniva visitata dal demonio, Cristoforo Colombo quasi è stato messo in catene, Dante se fosse tornato a Firenze sarebbe stato squartato.

Veniamo a quelli più vicini a noi: Pirandello ha rischiato di impazzire, Alda Merini è finita in manicomio per la poesia.

I veri grandi hanno sofferto tantissimo e – noi viviamo in un’epoca più modesta – ma le persone interessanti che ho conosciuto, fra cui alcune che hai citato prima, erano persone che hanno sofferto tantissimo. Franca Valeri, ebrea – cosa questa che non aveva mai raccontato – ha rischiato di essere deportata ad Aushwitz ed è viva per miracolo. Gianna Nannini è una persona che ha sofferto tantissimo per la sua diversità, ha dovuto scappare di casa. Il vero genio, il vero grande non è mai felice.

Rita Levi Montalcini mi ha detto: ‘Io non avrei mai vinto il Nobel se il Duce non avesse fatto le leggi razziali, costringendo me ed Andrea a nasconderci in uno stanzino a Torino, braccati sotto falso nome. E proprio in quegli anni febbrili ho fatto le ricerche che mi hanno portato al Premio Nobel’.

Ecco, se una persona mi dice: ‘Sono felice, sono tranquillo’, non è interessante‘”. 

È inevitabile che qualcosa resti appiccicato addosso. A Cazzullo chi ha lasciato delle cose nell’anima, dopo un’intervista?
Aldo Cazzullo sul set di Teleuniverso

Guarda, una delle interviste più interessanti l’ho fatta con Nils Liedholm, una persona che purtroppo non c’è più. Io amo molto il calcio, anche Giovanni Trapattoni per esempio mi ha lasciato molto. Mentre di solito i calciatori in attività non si espongono, non si aprono.

Liedholm una sera ha detto una cosa interessante, per chi è appassionato di calcio: ‘Le squadre hanno una loro anima, un loro dna’; la Juve ha sempre giocato in difesa e contropiede, il Milan o la Roma sono squadre che hanno sempre giocato all’attacco – infatti poi Liedholm ci ha messo anche del suo, sia nel Milan che nella Roma – però Nils Liedholm è una persona che mi è piaciuta moltissimo.

Un altro che mi ha lasciato molto è Renato Zero. che mi ha detto – lui che insomma è la trasgressione, figlio di un poliziotto, usciva di casa vestito da Renato Zero, si cambiava nell’androne, in un condominio alla periferia di Roma in cui abitavano tutte famiglie di poliziotti, possiamo immaginare che cosa fosse – però lui diceva di essere affascinato dal comunismo, perché per lui il comunismo era ‘un padre che torna a casa la sera e mette in tavola con i soldi che ha guadagnato il pane, l’olio, il vino e con i soldi che ha risparmiato poi compra un libro a suo figlio’.

Ecco, io non sono mai stato comunista, sono un anticomunista, però questa definizione mi è piaciuta molto, perché è agli antipodi del gulag, della polizia politica. Insomma, girando si trova;

Lucio Dalla era una persona meravigliosa, fantastica da raccontare. Gino Paoli mi ha raccontato, da uomo di sinistra, che le sue zie, le sorelle di sua madre sono morte nelle foibe perché la sua famiglia non è di Genova ma istriana e in fuga dal comunismo titino.

Aldo Cazzullo © Imagoeconomica, Alessia Mastropietro

Andrea Camilleri, prima di morire mi ha raccontato di essersi ispirato per inventare la figura di Montalbano – Camilleri era comunista – a suo padre che era fascista ed aveva fatto la Marcia su Roma, ma aveva queste caratteristiche di orgoglio, di virilità che nella testa di Andrea Camilleri portavano alla figura di suo padre.

Vedi che alla fine le persone, i veri grandi, sono imprevedibili: non stanno mai nel posto dove tu pensavi che fossero. Ti dico ancora questa: Francesco De Gregori porta il nome di suo zio, il fratello di suo padre che era partigiano bianco cattolico ucciso a Porzus in Friuli dai partigiani comunisti. La vita e le cose sono sempre molto più complicate e nello setsso tempo più semplici di come sembrano, perché poi i veri grandi sono persone aperte. Renzo Piano, Riccardo Muti, Andrea Bocelli, sono persone che non hanno timore di raccontarsi, di mettersi nudi. Quelli che ‘se la tirano’ non sono mai dei veri grandi”. 

Ha seguito cinque edizioni dei Giochi Olimpici: Atene 2004, Torino 2006, Pechino 2008, Londra 2012, Rio 2016; cinque Mondali di calcio, compresa la vittoria degli Azzurri in Germania nel 2006. Vittorio Macioce, de Il Giornale scrive uno straordinario pezzo, raccontando l’autobus con i corrispondenti che tornano in albergo dopo la cerimonia di chiusura delle ultime olimpiadi. Descrive un giornalismo nel quale si trova a disagio: tutta la giovane generazione che descrive numeri e statistiche, la mette a confronto con la precedente generazione che invece scriveva un racconto fatto di sport, di emozione, di sfida. Quel pezzo non è mai stato pubblicato, lo ha affidato a Facebook: cosa stiamo diventando in questa categoria? 

Vedi, il giornalismo sportivo è sempre stata una branca di eccellenza del giornalismo italiano; pensiamo a grandisismi come Gianni Brera, Gianni Arpino, Bruno Roghi… Oggipossiamo dire Gianni Mura, Emanuela Audisio, grandissimi colleghi.

Aldo Cazzullo © Imagoeconomica, Sara Minelli

Si, forse abbiamo perso un po’ il gusto del racconto, la rete ci sta un po’ schiacciando, Wikipedia, questa valanga di numeri, di dati… Però vedi, lo sport è il nostro Grande Romanzo Popolare: Noi non abbiamo avuto un Flaubert o uno Zola, ecco l’unico Zola che abbiamo avuto è stato il Tamburino sardo, Gianfranco Zola, il numero 10. Noi però abbiamo avuto Meazza, Piola, il rigore sbagliato di Baggio, l’82 e Paolo Rossi e l’ombra della cancia ex Paolo Rossi Ita (Italia, fra parentesi) la semifinale dell’82. Poi l’Italia con la vittoria nei Mondiali cambiò umore, dagli anni di piombo agli anni ’80, alla Milano da bere.

Lo sport è il nostro grande romanzo popolare, forse dovremmo un po’ tutti quanto – faccio autocritica – recuperare questa gioia del racconto. Il problema è che ormai i calciatori si affidano a Instagram, ma neanche, alle società che gli gestiscono Instagram, e con i giornalisti non parlano più. E’ anche per questo che dobbiamo rifugiarci in questi tecnicismi che giustamente il lettore non segue”. 

Anche noi siamo diventati un po’ meno credibili rispetto a prima? 

“Ma forse siamo più credibili. Ad esempio prendi il Corriere della Sera: era posseduto da Mediobanca, dalla Fiat, siamo sempre stati liberi e nessuno mi ha mai detto ‘fai questo, fai quello’. Però adesso abbiamo un editore puro, un editore che sanamente vuole fare denaro, vuole fare profitto con il suo lavoro.

I giornali non sono dei templi, non sono delle basiliche come quella di fronte alla quale siamo seduti; i giornali sono delle aziende, in cui tu fai un prodotto di cui la gente deve sentire necessità. Se io voglio essere informato, voglio pensare e riflettere devo avere degli strumenti per formarti un’idea del mondo quindi acquisto un giornale o faccio molto facilmente un abbonamento on line, digitale.

Quindi io trovo sana questa cosa di non dover essere al servizio di nessuno, di non servire un interesse finanziario, economico o politico ma semplicemente dover fare un prodotto di cui il lettore senta il bisogno. Non è facile, perché in rete si è abituati a trovare tutto gratis, ma quando le cose sono gratis allora vuol dire che il prodotto sei tu. Quindi io spero di riuscire, in questo mare magum della rete o dominato dai colossi americani che in Italia neanche pagano le tasse, che riusciremo a ritagliarci un ruolo e dare lavoro ai giovani, perché il vero grande problema del giornalismo ma non solo è mettere al lavoro i nostri giovani”. 

Aldo Cazzullo © Imagoeconomica, Carlo Carino
Hai raccontato le elezioni di Chirac, Erdogan, Bush, Abu Mazen, Sarkozy, Obama, Holland, Trump, Macron, oltre al referendum sull’Europa, da quello francese su Maastricht alla Brexit. Il governo è sempre lo specchio del popolo? Noi siamo davvero così in Italia? 

“A me piace moltissimo viaggiare, andare all’estero, incontrare le persone. Noi italiani non siamo peggiori degli altri, però abbiamo un rapporto poco maturo con il potere.

Intanto siamo talmente individualisti o familisti che facciamo fatica a concepire che una persona possa fare qualcosa nell’interesse di qualcuno che non sia se stesso.

E non crediamo alla democrazia rappresentativa, per esempio, non a caso abbiamo avuto i Cinquestelle perché almeno all’inizio non credevano nel Parlamento; oppure abbiamo avuto anche il Pci, che voleva la dittatura del proletariato e non l’azione del Parlamento.

Più specificamente da noi il leader non viene criticato o appoggiato, viene blandito o abbattuto: il Duce a testa in giù poi, cambiato il molto che c’era da cambiare, Moro nel bagagliaio della Renault rossa, Mattei che esplode sul suo aereo in volo, Craxi sepolto sotto le mura della medina di Hammamet, Andreotti sotto il processo per mafia… Gli italiano possono anche essere crudeli eh? Berlusconi si è salvato però aveva un impero alle spalle”. 

Come si sta nella ‘stanza’ che fu di Montanelli e poi di Romano? 

Bene, anche perché parliamo di grandssimi, io sono nulla al loro confronto. Però ho cercato un po’ di ampliare gli argomenti della pagina delle lettere al Corriere della Sera a cui fai riferimento, quindi continuiamo a parlare di storia e di politica ma parliamo anche di olimpiadi, dei tram che non passano in orario, parliamo della vita delle persone.

Ricevo più di 300 mail al giorno, oltre alle lettere cartacee ed a tantissimi interventi sui social ed è una bellissima avventura, anche se però noto questo: gli italiani sono ancora di cattivo umore, sono arrabbiati. In teoria i lettori del Corriere della Sera, che sono soprattutto a Milano e in Lombardia dvrebbero stare un po’ meglio degli altri, dovrebebro essere un po’ più di buonumore ma sono arrabbiatissimi anche loro. Segno che da una parte è preoccupante, perché un Paese che è di cattivo umore è un paese che non fa figli, che non crede nel futuro, però indignazione e rabbia sono la premessa per il riscatto. Dante punisce in modo più severo gli ignavi, quelli che non si scandalizzano di fronte al male. Un popolo di persone arrabbiate e indignate ha ancora una speranza“. 

Questo è un Paese che è ripartito dalle macerie, è diventato potenzia industriale, poi è diventato il Paese del reddito di cittadinanza. Ma dove ci siamo persi? 
Aldo Cazzullo © Imagoeconomica, Alessandro Paris

Io sono contrarissimo al Reddito di Cittadinanza. I ragazzi hanno bisogno di lavoro, non di assistenza. Intanto se la politica ti dà assistenza sarai sempre dipendente dalla politica e quindi dal politico di turno. Inoltre il lavoro è dignità, vuol dire far parte di una comunità, avere un ruolo nella vita, sapere cosa devi fare al mattino, pensare di poterti sposare e metter su famiglia, fare dei bambini… I giovani hanno bisogno di lavoro e non di reddito garantito“. 

Giovenale frustava Roma con le sue satire. La “stampa americana è il cane da guardia della democrazia“, si dice che la stampa italiana sia invece “il cane da riporto del potere“. Cosa dobbiamo imparare da Giovenale? 

In questa definizione non mi riconosco affatto, come dicevo prima, anzi, secondo me siamo più liberi oggi che non qualche anno fa. Però, detto questo Giovenale è sempre importante perché la satira è libertà. La satira puo’ anche esser crudele a volte, forse deve essere crudele, però non è mai volgare; è sale, è sapore, è carne, sangue, mentre in rete molto spesso trovi la volgarità, la cattiveria fine a se stessa.

In rete tutti parlano, qualcuno grida, insulta, minaccia, calunnia e nessuno ascolta. Vi sono delle satire di Giovenale profondamente attuali e sono felicissimo di essere nella terra di Giovenale, di san Tommaso; qui sono nati l’Umanesimo, il Cristianesimo. I motivi per cui l’Italia è importante nel mondo stanno nella cultura umanistica e cristiana, che sono nate in queste terre, (ecco perché) sono felicissimo di essere qui“. 

Ma non è che siamo semplicemente disillusi? 

Essere disillusi a volte è anche sano, nel senso che illudersi è pericoloso. Però dobbiamo credere in noi stessi; io non penso che sarà un leader politico, un uomo forte, a tirarci fuori dai guai, dobbiamo essere noi a ritrovare quello spirito che abbiamo avuto sul Piave, che abbiamo avuto nel ’48 con la ricostruzione, che abbiamo avuto negli anni ’60, negli anni del boom – l’entusiamo, le prime domeniche al mare, il primo week end, l’Autostrada del Sole – c’è stata un’Italia che ci credeva, che andava dal meno al più. 

Aldo Cazzullo riceve il premio Giovenale

Oggi stiamo andando dal più al meno, ma io non credo nella decrescita felice, la decrescita è sempre infelice. Certo, c’è una crescita che è fatta solo di soldi, c’è una crescita che è fatta di libri, di cultura, ti televisioni… Per esempio le televisioni locali, che producono questa immensa ricchezza della provincia italiana. Io vengo dalla provincia – non da questa, da un’altra, sono di Alba, sono delle Langhe – però io penso che l’Italia non sia nelle grandi città, che spesso sono anche sentine di riffe, di malaffare e di degrado; l’Italia è nella provincia: e da lì dobbiamo ripartire, da noi stessi. Non ci sarà uno che ci salva, siamo noi che dobbiamo salvarci da soli”.

 Per concludere, diamo un messaggio ai giovani: leggere fa bene? Sempre, è vero? 

Certo, e anche se mi fa impressione, vedendo le classifiche dei libri più venduti su Amazon – adesso è uscito ‘Peccati immortali’, che è un libro che ho scritto con Fabrizio Roncone che è di Collepardo, quindi di queste parti e quindi ogni tanto vado a controllare a che punto siamo e siamo abbastanza in alto per fortuna – però su Amazon si vendono libri che non sono sono libri: scritti ‘alla videogame’, da youtuber, da influencer… La rete, dopo aver distrutto i giornali, sta distruggendo anche i libri. Quindi leggiamo si, ma leggiamo anche dei libri che ci lascino qualcosa“.