I buoni ed i cattivi tra le macerie di Aleppo


di David TORO
docente Liceo F.Severi Frosinone

 

 

La prima raccomandazione che faccio ai miei studenti all’inizio dell’anno è molto semplice apparentemente: la Storia è materia molto delicata, una disciplina il cui oggetto di studio non ci permette di scovare regole e meccanismi in grado di prevederne gli sviluppi futuri; e non ci permette spesso di individuare con assoluta limpidezza quali siano i “buoni” e i “cattivi”. Perché la Storia, che è fatta dagli uomini, è soggetta a molteplici variabili, di natura politica, sociale, culturale, religiosa, geografica e così via. Dunque è inutile pensare di poter dire la parola finale su un qualsivoglia evento storico, anche dopo anni, decenni o secoli. E’ una lezione semplice semplice, che dovrebbero apprendere da subito tutti gli studenti; ed anche gli adulti.

Ma non è sempre così, purtroppo. Come già Antonio Gramsci ricordava, “la Storia insegna ma non ha scolari”. E così ci ricaschiamo ogni volta. La Storia ci insegna che da 5000 anni, più o meno, quasi sempre dietro i grandi eventi, anche quelli luttuosi, si celano “ragion di stato”, interessi di parte, strategie e intese segrete; eppure ogni qualvolta si presentano sullo scenario internazionale grandi questioni subito corriamo a schierarci completamente da una parte o completamente dall’altra, dimenticando quella prima ed elementare regola di inizio anno: la Storia è materia complessa, soggetta  a mille variabili, dove non abbiamo mai i buoni o i cattivi tutti da una parte.

Così, se a proposito della questione siriana bisogna riconoscere il sostanziale fallimento della politica del premio Nobel (e “buono”) Barack Obama, con altrettanta onestà intellettuale dovremmo ricordarci che il “cattivo” Vladimir Putin ha liberato Aleppo per fare un favore all’amico Assad (Siria ed URSS erano alleate dalla metà del secolo scorso) e non certo per motivi ideali (a Tartous in Siria c’è la più grande base russa del Medio Oriente); e lo ha fatto usando il solito sistema sovietico (ora russo): uccidere oppressi e oppressori, in una sorta di crudele e tragica tabula rasa.

Certo scrivendo queste cose non ci attireremo le simpatie dei filoamericani, né tantomeno dei filorussi. E allora vorrà dire che abbiamo appreso bene la lezione della Storia, con buona pace di Gramsci e di tutti gli amanti di questa disciplina.

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