Se Ideal Standard è solo una logica conseguenza (di L. Meglio)

La crisi dell'Ideal Standard non è industriale. Ma economica. Ci sono però anche delle radici 'sociologiche'. Come analizza il professor Lucio Meglio dell'Università di Cassino

di Lucio MEGLIO
Sociologo – Docente Università di Cassino

Il recente caso della Ideal Standard è solo l’ultimo di una lunga serie che ha visto il territorio provinciale del frusinate fare i conti con la debolezza strutturale di un tessuto industriale creatosi nel secondo dopoguerra. Nacque con la volontà di cambiare pelle ad un territorio che per sua natura e vocazione era predisposto a tutt’altra sedimentazione economica: l’agricoltura.

 

L’IMPORTANZA DEL TERRITORIO

Il problema forse è stato esattamente quello di non aver rispettato dapprincipio il significato etimologico della parola territorio. Va inteso come il “frutto dell’interazione storica tra lo spazio geografico e l’uomo” che nel corso dei secoli ha portato alla sedimentazione di luoghi con proprie identità, storie e tradizioni.

Il territorio è così un organismo vivente costituito da elementi con vita propria . Costituiscono quell’insieme di risorse collettive e beni immateriali che nel corso del tempo hanno garantito la sopravvivenza e la sussistenza delle popolazioni ad esso legate.

Il territorio della provincia di Frosinone è il frutto dell’unione di due differenti stati nazionali: la porzione settentrionale appartiene a quella che un tempo fu la provincia di Campagna e Marittima dello Stato della Chiesa, mentre la porzione meridionale apparteneva alla Provincia di Terra di Lavoro del Regno di Napoli e delle due Sicilie.

Un’unione quindi di due zone frontaliere tra le cui comunità esistevano rapporti costanti e reciproci e nei cui nomi si rinviene la vocazione naturale di questo vasto territorio: il mondo agricolo.

L’antico perdurare delle denominazioni “Terra di Lavoro” e “Campagna” è dovuto al fatto che questi luoghi hanno da sempre avuto una loro individualità economica, come territori d’intensa e quasi esclusiva vita agricola.

 

LE PRIME INDUSTRIE

Se le prime avvisaglie di un Mezzogiorno industrializzato sono riconducibili al comprensorio del sorano dove si intuì che un bene comune del luogo come l’acqua poteva essere utilizzata per la produzione della carta, nella seconda metà del Novecento la fabbrica fordista mutò radicalmente la vocazione naturale del territorio facendo sorgere su quelle che un tempo erano le fertili radure della Terra di Lavoro e della Campagna romana delle grandi cattedrali laiche di cemento.

Tutto bene finché alla metà degli anni Duemila arrivano i primi segnali di una lunga e costante crisi: il passaggio brusco dalle industrie di Stato alle multinazionali straniere senza volto.

Inizia così a farsi strada un dubbio: il modello di sviluppo fin qui perseguito può essere adottato all’infinito? Se no, come realmente è accaduto, cosa resta del nostro territorio?

Restano cattedrali di cemento inutilizzate, con un danno diretto a quel patrimonio immateriale che ne era la ricchezza e intere famiglie senza lavoro.

 

IL PRESENTE

Allora di cosa abbiamo bisogno oggi? Si dirà: del recupero del nostro patrimonio territoriale; dobbiamo tornare al locale, all’autosostenibilità delle nostre risorse economiche. Così un territorio scopre che forse non bisognava diventare FCA dipendente, ma che al posto delle grandi automobili bastava potenziare il tessuto industriale agro-alimentare perché i pezzi di un auto possono costruirsi ovunque, ma il peperone di Pontecorvo o il pecorino di Picinisco si possono produrre solo qui.

Ecco allora il fiorire di un rinnovato amore per lo sviluppo locale con l’esaltazione di progetti di promozione del territorio e valorizzazione dell’eccellenze nostrane. Fin qui tutto bene, ma chi opera nel campo dei sistemi locali di sviluppo è perfettamente consapevole che per incentivare l’economia locale bisogna che all’interno di un territorio non vi siano quattro condizioni:

  1. la scarsa consapevolezza del turismo come fattore di sviluppo economico;
  2. la mancanza di dirigenti o personale preparato in materia;
  3. i campanilismi tra le varie comunità: le città devono prendere consapevolezza che sono aziende competitive e che solo operando in sinergia tra loro potranno potenziare l’offerta turistica e posizionarla sul mercato internazionale;
  4. scarsa capacità di governo di un settore con molti soggetti in conflitto tra loro;
  5. mancanza di una programmazione a lungo periodo.

Solo l’assenza di queste quattro pre-condizioni potranno far sperare in un futuro di ricostruzione di quel rapporto uomo-territorio che nelle sue distorsioni ha portato al fallimento di un reale sviluppo del mercato del lavoro in provincia di Frosinone.