Infodemia, ordinanze errate e depuratore della discordia (di L. D’Arpino)

Foto © Stefano Strani

Il caso Coronavirus ha portato alla luce un altro termine: l'Infodemia. Che tanti ha colpito in provincia di Frosinone. Ma non lo sanno. Il caso della cartiera Reno de Medici e le cose che ci insegna

Luciano D'Arpino

Giornalista, Regista e Autore teatrale, dirige la redazione di Frosinone de 'Il Messaggero'

Settimana densa di insegnamenti quella appena trascorsa. Sarà stato anche il clima del Carnevale, in cui vige da secoli l’assioma del mondo rovesciato e dello scoronamento del re, ma si è visto e assistito agli spettacoli più disparati. Innanzitutto, abbiamo imparato un nuovo vocabolo: Infodemia. L’Unint l’ha così definita: «la circolazione eccessiva di notizie non vagliate con accuratezza che rendono difficile orientarsi e creano ansia ed allarmismi». In sintesi: la cattiva informazione, veicolata soprattutto dai social e da finti esperti, che fa più danni della presunta pandemia da coronavirus. Il rimedio? Affidarsi solo alle fonti ufficiali e credibili, basta che non siano contraddittorie tra loro.

In Ciociaria, poi, c’è stato il protagonismo di alcuni sindaci che hanno emesso ordinanze restrittive della libertà individuale per imporre una quarantena, a chi tornava genericamente dai Comuni del Nord, e non solo a coloro che provenivano dai centri riconosciuti come focolai del coronavirus. Ordinanze che rischiavano di generare confusione e che sono state annullate dal pronto intervento del Prefetto Ignazio Portelli. Il secondo insegnamento ricevuto, quindi, è che ognuno si limiti a svolgere, possibilmente bene, il ruolo che è stato chiamato a ricoprire, specialmente in situazioni eccezionali. 

La cartiera Reno de Medici

Il terzo precetto è la conferma del vecchio detto che l’unione fa la forza. Per superare lo scoglio di quello che sembrava solo uno scherzo beffardo, vale a dire un depuratore che inquina, c’è voluta la mobilitazione unitaria dei 300 lavoratori della Cartiera Reno de Medici, dei sindacati e delle associazioni imprenditoriali. In sintesi una cartiera, che occupa 300 persone, ha rischiato di chiudere per colpe non sue: per il depuratore Cosilam che non funziona come dovrebbe.

A sbloccare la situazione è stata la decisione del tribunale del riesame di Frosinone. Venerdì, poco dopo le 17, ha emesso la sentenza di revoca del sequestro del depuratore. Dopo la gioia, però, i sindacati hanno ammonito: «Adesso è il momento di mantenere alta la guardia. La società deve mettere in atto quei lavori indicati da magistrati, forestali dei carabinieri e Arpa Lazio. E poi faremo pressione su regione e Provincia per le autorizzazioni ambientali».

Staremo a vedere.

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