Elly la moralizzatrice e Sara che la morale ce l’aveva già: quella del Pd

La Schlein che insegue la morale altrui e un certo Pd che resiste a questa mezza deriva. E che ha scatti di orgoglio vero ed un piano per l'Ue

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

La moral suasion di Elly Schlein sul Pd dopo i casi giudiziari che ne stanno scuotendo alcuni organici regionali ha due rotte, e nessuna di quelle ha il tono dell’organicità al Pd. La prima è quella tecnica per “inseguire” un Giuseppe Conte che ha messo Savonarola a servizio dello score delle Europee targate M5s. La seconda è quella, più complessa, tutta giocata in purezza. E’ la rotta con cui la Segretaria dem proprio non ci riesce, ad agire nel solco del Partito che guida.

Il distinguo è sottile e va spiegato. Elly Schlein sembra sempre una che vuole cambiare il Pd “official” che non la elesse alle Primarie. E che lo vuole fare con quella base di consenso che la spinse ai vertici del Nazareno: quella senza la tessera. In punto di strategia e perfino di una certa etica minoritaria non fa una grinza – alla fine un argine al correntismo tra bande serviva – ma lascia spifferi.

Spifferi ed equivoci dem

Alessandra Todde ed Elly Schlein

Spifferi che sono equivoci macroscopici per cui, ogni volta che qualcuno del Pd finisce rubricato in fascicoli penali, la Schlein non fa troppo per difendere la maggioranza di un Pd che con reati e malcostume non ha nulla a che vedere. Non lo fa perché dà l’impressione di voler usare le circostanze come ramazza aggiuntiva e non come discrimine tra “cacicchi” e buonafedisti. Nasce quindi un cortocircuito politico che, ovviamente e legittimamente, alla fine ammala gli animi e non piace affatto.

A chi? A chi per esempio neanche una settimana fa ha scritto queste parole. “Il Partito Democratico che in tante e tanti abbiamo contribuito a costruire, ha uno statuto e un Codice Etico. E basterebbe attenersi alle regole che ci siamo dati anziché farsi confezionare da altri le ‘liste di proscrizione’ su chi può o no essere candidato nelle competizioni elettorali”.

Lo sfogo di Sara Battisti: sacrosanto

Sara Battisti

Sara Battisti è consigliera regionale dem alla Pisana ed è una che per il Partito ci si è dannata l’anima. E che sul Partito, al netto della solita vulgata scema da “questi stanno bene ma che ne sanno di noi poveracci” non ci ha grattato neanche un Birg da 13 euro. Ed è incazzata. Lo è perché la giostra che oggi vede accuse esterne ed intestine su un Partito Democratico fisiologicamente stantio e mariuoleggiante è giostra pezzotta.

Ma può far male lo stesso, in una società polarizzata, social ed epidermica come quella che oggi recepisce e traduce il mainstream. Battisti ha pubblicato in queste ore un’analisi cruda dello stato dell’arte: in Europa dovranno contare solo tre cose: la consapevolezza che ci sono stati errori. (Leggi qui: Top e Flop, i protagonisti di giovedì 18 aprile 2024).

Poi, e soprattutto: la certezza che il Pd è tra i fattori per sanarli e la carica per adunare tutte le forze prog. Sposando l’orgoglio di chi ha messo gli occhi di un uomo mite sulla sua tessera ma non riuscendo a risolvere il dilemma. Il Pd nacque come crasi tra ex comunisti ed ex democristiani, e se l’iconografia di Enrico Berlinguer è santa per tutti è anche vera un’altra cosa. Ad uno come Castagnetti puoi pretendere che gli stia bene fino ad un certo punto. E Schlein per blandire e fustigare al contempo la base pare le stia provando davvero tutte.

“Guai a chi denigra o fa denigrare”

Elly Schlein con la nuova tessera

Con chi ce l’aveva la Battisti nel suo recente sfogo social? Con tutti quelli che da fuori accusano e con tutti quelli che da dentro avallano l’imputabilità generica di un sistema-partito intero.

“Mai e poi mai bisognerebbe consentire la denigrazione della comunità che ognuno di noi a vario titolo rappresenta. Una mela marcia che può esistere – come esiste in tutti i partiti di tutto l’arco costituzionale – non può rendere marcio un intero tessuto di uomini e donne”.

Flashback, dissolvenza, schermo nero e passiamo un attimo alla rotta che Elly Schlein ha deciso di tenere dopo gli ultimi fatti giudiziari pugliesi. In ogni faccenda su cui sia chiamata a dare focus e dettare la linea la segretaria pare meticolosamente protesa a dare “elementi fattuali per mostrare quanto lei detesti più o meno tutto ciò che il Pd rappresenta”. Lo ha spiegato un Claudio Cerasa al curaro su Il Foglio. Ora, una cosa è essere espressione di una base esterna ed impugnare la legittimità di riformare un sistema complesso. Un’altra è usare quel carisma foresto per attaccare le basi etiche del partito nella sua forma più ortodossa.

La mettiamo meglio e più potabile?

Il diritto di cambiare e il dovere di capire

Michele Emiliano (Foto: Gaetano Lo Porto © Imagoeconomica)

Schlein ha il diritto di cambiare il Pd ed il dovere di epurarne via le mele marce presunte. Ma non ha affatto il diritto di far passare impunemente la narrazione per cui quello è albero marcio dalle radici fino all’ultimo germoglietto primaverile. Un leader screma, non si accoda. Ed impugna il bisturi, non l’alabarda. Il senso di tutto ciò, sia pur generalizzato e sistemico, sta nelle parole di Battisti.

Che pesano. “Quanto accaduto a Bari e Torino richiede giustamente l’attenzione del partito. Che fa bene ad attivare tutti gli strumenti previsti affinché chi ha adottato comportamenti che violano le nostre regole, venga estromesso dalla nostra comunità. Squadernato il preambolo poi però tocca al distinguo: “Ma non posso accettare dichiarazioni di membri di altri partiti o, ancora peggio, di dirigenti del partito stesso. Che si arrogano il diritto di attribuire patenti di moralità o di marchiare il PD con il bollino di un partito di gente disonesta”.

Rinnovare la patente di moralità

Già, la patente di moralità che pare essere diventata un libretto di circolazione politica ma solo per un “certo Pd”. Non va bene, affatto. Perché c’è un’intera classe dirigente che aspetta di essere difesa. E magari non lanciata nel tritacarne di un giustizialismo che sa più di argine a bonacciniani & co che di lavacro santo. Senza mai ammetterlo la leader dem fa capire che tutto sommato Giuseppe Conte sta facendo bene a prendere il largo dal campo largo.

E spiega all’universo mondo che adesso c’è bisogno di un nuovo codice etico. Cioè come se quello preesistente non avesse fatto il suo dovere e non fosse divenuto dogma perché argine loffio a certi appetiti. Quindi ignorabile “alla faccia” di chi ne aveva fatto bibbia.

Partendo dal presupposto tutto garantista della assoluta preliminarietà delle (plurime) vicende giudiziarie del Pd quella che passa è una narrazione da upgrade. Da “carico massimo” su cose fumose in procedura e meritevoli comunque di collocazione contestuale.

Un certo Pd da espettorare via

E non certo di essere elevate al rango di Regola Massima con cui espettorare via il Pd che non piace a Schlein, non un eventuale Pd che non piace al Codice Penale. Cerasa cita esempi foresti che comunque ricondurrebbero alla rotta eccentrica della segretaria. (…) “Il Pd, insieme con il Pse, ha lavorato per molti anni per approvare in Europa la riforma sui migranti”.

Poi l’antinomia: “E Schlein, tradendo la storia del Pd, improvvisamente sceglie di votare contro. Il Pd, insieme con il Pse, ha lavorato molti mesi per approvare in Europa, con il suo commissario all’Economia Paolo Gentiloni, il Patto di stabilità.

Poi l’antinomia: “Ma Schlein invece annuncia che di fronte a quel patto in Parlamento non voterà a favore”. Le parole di Ettore Rosato di Azione andrebbero incise nel bronzo, in questa chiave, a prescindere dalla loro scontata valenza politico-strategica.

“Il Pd è il primo partito dell’opposizione. Dovrebbe provare qualche volta a non farsi dettare la linea dai Cinquestelle. Elly Schlein verrà assorbita dal Movimento se non si deciderà a lanciare qualche segnale di autonomia, che in politica è anche un segno di dignità.

La società civile come bacino di pescaggio

Elly Schlein (Foto © Ansa)

Anche i conati della leader di pescare ad ogni costo nella società civile non sembrano sintomo di una sua diversa sensibilità. Piuttosto prova del fatto che Schlein nel bacino di pescaggio interno ai dem proprio non ci crede.

Non è mai stato un problema di perimetri larghi, ma di un partito che sa solo seguire uste terze. Quella moralista se domina il moralismo e quella dei diritti umani se quei diritti sono kryptonite per una certa ala dem. Inseguendo perennemente non una nuova idea di partito, ma l’idea che questo partito qua proprio non le piace, a Schlein.

Che non vuole dare voce alle sue voci più genuine e sincere. Magari anche quando si chiamano Sara e sul partito ci si sono fatte un mazzo così.