La Corte d'Appello ha condannato l'ex capogruppo Pdl a 3 anni. I soldi facevano parte di un accordo. Che però era illegale. Restituito quasi un milione. Si va in Cassazione.
I soldi che prese facevano parte di un accordo politico. Ma non poteva prenderli in ogni caso. Franco Fiorito è stato condannato anche dai giudici della Corte d’Appello di Roma. Tre anni di reclusione per il reato di ‘peculato’: quattro mesi in meno della sentenza inflitta in primo grado.
LA JEEP E LE VACANZE? REGOLARI
Il processo ha ricostruito che Franco Fiorito non prese i soldi per pagarsi le vacanze in Sardegna e nemmeno per comprarsi le Jeep in occasione della nevicata del febbraio 2012.
La vacanza venne pagata con un bonifico partito dal conto regionale ma solo perché la carta di credito dell’allora capogruppo del Popolo delle Libertà ebbe un problema al momento di fare il check out dall’hotel in Costa Smeralda nel quale Franco Fiorito aveva fatto due settimane di vacanza. Nelle settimane successive – è emerso dal processo – appena rientrato a Roma, il capogruppo restituì quella somma versandola in due tranche.
La Jeep invece – è emerso dagli atti – venne comprata in sostituzione della Volvo di servizio tenuta per 4 anni dal precedente capogruppo, Alfredo Pallone. Non era proprietà di Fiorito ma in uso al Gruppo consiliare per i suoi spostamenti, così come avveniva per le altre forze politiche.
CONDANNA PER GLI STIPENDI
Franco Fiorito è stato condannato invece per i suoi stipendi. Prendeva tre indennità: oltre a quella di Consigliere Regionale aveva diritto anche ad un’aggiunta in quanto Capogruppo. Fiorito ne prendeva però anche una terza perché Presidente della Commissione Bilancio.
Ai giudici ha detto che la tripla indennità faceva parte di un accordo politico, noto a tutti e raggiunto anche con gli altri Partiti. Nel corso del processo d’appello, l’allora segretario generale è venuto a confermare questa circostanza. Che in primo grado non era emersa.
ACCUSA E DIFESA
La Pubblica Accusa, sostenuta in aula dal procuratore generale Pietro Catalani aveva chiesto una condanna a 6 anni di carcere. Ha contestata all’imputato di essersi appropriato di un milione e 300 mila euro dai fondi assegnati al Gruppo negli anni tra il 2010 e il 2012. Inoltre ha messo in evidenza che Fiorito mandava quei soldi all’estero.
La difesa, sostenuta dagli avvocati Carlo Taormina ed Enrico Pavia ha sostenuto una posizione divesa.
Le tre indennità: facevano parte di un accordo politico, valido per tutti gli altri che si trovavano nelle stesse condizioni di Franco Fiorito.
I soldi all’estero: una delle tre indennità veniva accreditata, ogni mese, con bonifico bancario, su un istituto nelle Canarie, dove il defunto papà dell’ex consigliere regionale aveva un’impresa di costruzioni ed ha lasciato in eredità una serie di villini. I soldi andavano a coprire le spese. E venivano girati alla luce del sole, in maniera tracciabile, proprio perché Fiorito riteneva fosse tutto lecito.
Soldi privati: la difesa ha sostenuto un principio già applicato in altri processi ad altri consiglieri regionali in Italia. E cioè che il denaro pubblico era stato assegnato al Gruppo politico, che è ad ogni fine un soggetto privato, con tanto di Partita Iva.
SENTENZA E RICORSO
I giudici hanno stabilito che, anche se previsto da un accordo politico, quel denaro non poteva essere preso. Perché non previsto da alcuna legge.
Inoltre hanno respinto la tesi secondo la quale “il consigliere agiva da privato in quanto quei soldi avevano destinazione di tipo generale e quindi pubblicistica”.
La Corte ha preso atto del fatto che l’imputato abbia venduto doversi beni personali per restituire alla Regione le somme prese in più.
Gli avvocati ricorreranno alla suprema Corte di Cassazione. «Non riteniamo corretta l’impostazione dei magistrati. Attendiamo le motivazioni della sentenza e poi faremo ricorso» ha detto il professor Carlo Taormina lasciando la Corte d’Appello.
IL FUTURO
Lo slogan elettorale che lo accompagnò in Regione era “Il futuro è Fiorito“. Ora qual è il futuro di Franco Fiorito?
Al momento ha staccato il telefono e non fa dichiarazioni. Nulla ha voluto dire subito dopo la sentenza.
«E’ laureato in economia e commercio – ha detto il legale – non appena possibile potrebbe provare la strada della libera professione. Certamente ha abbandonato la politica».
L’ex consigliere regionale ha ricevuto nei giorni scorsi anche l’offerta da una redazione giornalistica: gli hanno chiesto d’occuoparsi di analisi e scenari. Lontano da giudizi. E da rimborsi.