Ai 70 anni di attività del Gruppo sanitario INI della famiglia Faroni, Zingaretti rivela che forse si uscirà in anticipo dal deficit. L'omaggio del ministro. I piani per il futuro. Gli aneddoti segreti.
FUORI DAL TUNNEL IN ANTICIPO
«La Sanità del Lazio potrebbe uscire dal Commissariamento prima della data concordata con il Governo: se continuiamo su questa strada c’è la possibilità di raggiungere in anticipo i risultati di risanamento che ci siamo prefissati»: Nicola Zingaretti sceglie lo scenario dell’Istituto Neurotraumatologico Italiano per lasciarsi sfuggire la notizia. Lo fa a margine della cerimonia con la quale celebrare i 70 anni di attività del Gruppo Faroni: 1200 posti letto e oltre 1400 dipendenti. «Un esempio di quello che è possibile fare tra pubblico e privato, puntando alla qualità dei servizi ed al contenimento dei costi»
Una storia lunga iniziata in uno studio medico specializzato in reumatologia e terapia fisica in via Torino a Roma. Lì, nel 1947, Delfo Galileo Faroni ha creato le basi di quella che sarebbe diventata una delle più grandi realtà sanitarie accreditate di riferimento del centro Italia. Undici cliniche, centri di eccellenza, un polo universitario nel quale sono passati due premi Nobel e la prima litotrisia importata in Italia.
LORENZIN E L’ETICA
Beatrice Lorenzin, ministro della Salute, viene a testimoniare quanto sia stato importante per lo Stato il ruolo del Gruppo. «È grazie a questo tipo di Sanità che possiamo portare le eccellenze anche fuori dalle grandi città. Il nostro nuovo modello di Sanità prevede un sistema di hub e spoke, cioè una rete di eccellenze calate sul territorio (spesso private) ed al centro solo ciò che è veramente grave ed urgente».
La Sanità privata ha svolto un ruolo fondamentale nell’abbattere le liste d’attesa che si sono accumulate nel Lazio a causa dei tagli, del buco da ripianare nei conti sanitari, del blocco delle assunzioni. I privati si sono fatti carico delle liste d’attesa, applicando prezzi più bassi di quello che sarebbe costato fare lo stesso esame in una struttura pubblica. «Ma nel mondo della Sanità non sempre è così – mette in evidenza il ministro – come dimostra la notizia di questa mattina: c’è un nuovo farmaco pediatrico capace di curare un tipo di leucemia infantile, costa 600mila euro, non è accettabile che le case farmaceutiche pretendano di rientrare così in soli 6 mesi di tutti gli investimenti fatti per scoprire quel farmaco. Occorre riscoprire l’etica»
IL LITOTRITORE ETICO
A Grottaferrata fecero in modo diverso dalle grandi case farmaceutiche. Quando portarono in Italia il primo litotritore in assoluto, capace di sgretolare i calcoli e rendendo inutile l’intervento chirurgico, non pretesero di recuperare in 6 mesi l’investimento. Ma tennero in funzione il macchinario quanto più possibile per curare quanta più gente si potesse, rientrando dell’investimento attraverso i grandi numeri. Lo raccontano in sala quelli che all’epoca c’erano.
La qualità e l’innovazione sono al centro dei piani di sviluppo anche per i prossimi anni. «Perché – spiega il dottor Cristopher Faroni – dobbiamo dare l’eccellenza ai nostri pazienti, rendendogli inutile il viaggio verso le grandi città dove andare a fare lo stesso esame che noi possiamo offrirgli sotto casa, facendogli risparmiare tempo, denaro, la fatica e lo stress del viaggio che diventa ancora più insopportabile quando viene fatto per motivi di salute».
LA SFIDA INFINITA
La Sanità è una sfida infinita. Come ricorda la dottoressa Jessica Faroni. «Siamo stati i primi nel Lazio a utilizzare il litotritore per la calcolosi renale e il laser in urologia, i secondi in Italia a utilizzare la risonanza magnetica nucleare, i primi ad avere la Pet mobile. Saremo probabilmente tra i primi a utilizzare il robot in ortopedia. Non solo. Siamo anche il più grande Centro di oncologia dei Castelli e tra i più grandi del Lazio, con un impegno a 360 gradi dalla diagnosi alla terapia, sempre in piena collaborazione con gli ospedali. Continuare su questi livelli è la nostra vera sfida».
Il futuro è già adesso, lo ha ricordato in apertura il ministro. Il gruppo dove sta guardando? «Puntiamo – dice la dottoressa Faroni – ad entrare nel sistema sanitario in qualità di attori e non di comparse. Spero, infatti, che esempi di quanto realizzato all’Ini, in termini di lavoro, qualità, innovazione, collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale e assistenza a 360 gradi del cittadino, possano indurre le istituzioni a pensare, come avviene già nel resto del mondo, al privato convenzionato come una risorsa e non una concorrenza. In una nazione dove la percentuale del Pil per la sanità è così basso, più vicino alla Croazia che ai sette Paesi industrializzati della Comunità europea, risorse come queste vanno incoraggiate non distrutte. Abbiamo progetti importanti per l’oncologia e l’urologia, dove siamo ormai tra i primi in Italia come numero di interventi. Sull’oncologia siamo diventati Centro di riferimento europeo e stiamo cambiando gli acceleratori lineari, sostituendoli con quelli di ultima generazione che garantiscono un trattamento più preciso delle metastasi».
L’ALLIEVO DIVENTATO RETTORE
A rendere omaggio a Delfo Faroni arriva anche il magnifico rettore della II Università di Roma, Giuseppe Novelli. Tiene una lectio magistralis, basando tutto su un libro scritto anni prima da Delfo Faroni. E poi, giunto al termine rivela: «Questo era uno dei libri di testo sui quali studiai Medicina ad Urbino, lo scrisse Delfo Faroni che era il mio professore. E che ancora oggi mi ha insegnato delle cose».
L’APPARTAMENTO DEL SINDACO E LA LEVATRICE
Sono tanti gli aneddoti che si insinuano tra le due sale piene di pubblico venuto a celebrare questo miracolo italiano. Nato da un ambulatorio aperto in via Torino in un posto fortunato: «Era l’appartamento di fronte a quello in cui abitava il sindaco dell’epoca» ricorda al termine dei lavori, il fondatore Delfo Faroni. Lo aprì nel ’47 con altri due giovani medici come lui: i figli di Nicola Pende, padre dell’endocrinologia in Italia.
«Poi loro si trasferirono. Ricordo la disperazione di quel momento: i miei genitori ed uno zio avevano investito tutti i loro risparmi per farmi studiare ed aiutarmi ad aprire quell’ambulatorio. Poi, come per miracolo, bussò alla porta dello studio un’ostetrica, o come si chiamavano all’epoca una ‘levatrice’. Venne a dirmi che la Mutua per la quale lei lavorava mi cercava perché aveva bisogno di un buon reumatologo. In un mese raddoppiai i clienti che prima facevamo in tre medici».
LA MAMMA DIETRO AGLI AFFARI
Nascono così i centri specializzati. Tivoli, Grottaferrata, Veroli, Canistro… Per ognuno una storia: come se fosse il destino a bussare alla porta di quel giovane medico con il pallino per gli affari. Aiutato quasi sempre dall’intuito della mamma: «Era lei che sbucava all’improvviso, appena qualcuno era venuto a propormi un affare importante; mi diceva ‘Delfo, secondo me questa cosa dovresti farla perché ti andrà bene’». Andò così anche il la ‘capitale’ del Gruppo: l’Ini di Grottaferrata. Un ex convento. «Come mia madre sentì che me lo avevano proposto mi disse che non me lo dovevo lasciar sfuggire: il pomeriggio stesso andammo a visitare la struttura. Ed in un’ora avevo concluso l’acquisto. Dopo un paio di mesi già iniziavano ad arrivare i primi pazienti».
Lì sono passati due premi Nobel.
C’era la mamma pure dietro alla nascita del centro di Urologia a Canistro. «Beveva solo l’acqua di Canistro. All’epoca, trovarla non era così semplice. Dissi per scherzo: mamma, quasi quasi compro la fonte così risolvo il problema. E lei mi rispose: bravo Delfo, così la renderai disponibile anche a tenti altri. Nacque così l’avventura con l’Acqua Santa Croce che abbiamo posseduto per anni. Quando andai a trattare l’acquisto dell’imbottigliamento, mia madre notò la struttura che ci stava vicino e mi disse: ‘Perché non ci metti un centro di urologia?’ Nacque di lì a poco».
GLI ANZIANI AL CENTRO
Le strutture alle quali tiene di più? «Tutte quelle in cui ci sono persone anziane. Gli anziani spesso sono pieni di valori, di saggezza, di esperienza. Dico spesso al mio personale di non farsi trarre in inganno dai lunghi silenzi e dal distacco dalle cose quotidiane che spesso c’è negli anziani: non è vuoto spirituale ma è sofferenza per un ruolo attivo che non c’è più, dolore per il distacco dagli affetti, paura per la malattia… Spesso una parola di conforto, detta in modo gentile, è la cura migliore».
IL SEGRETO DEL SUCCESSO
Il Gruppo Ini è l’unico gruppo sanitario italiano rimasto sempre nelle mani della stessa proprietà durante questi settant’anni di attività. A svelarne involontariamente il segreto è il dottor Cristopher Faroni quando, a sorpresa, dice: «Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna». Il riferimento è alla signora Nadia Faroni, moglie del fondatore Delfo e mamma di Cristopher e Jessica.
È lei che, dietro le quinte, controlla, sorveglia, consiglia, giudica: ma sempre rimanendo nell’ombra. Timidamente il figlio dice: «Mamma, forse è il caso che anche tu oggi dica due parole». Lei, a bruciapelo: «Ma ché, sei matto?!» esplodendo in una risata che trascina tutti gli ospiti. Tutta lei.
Il segreto di questo miracolo italiano è quello che una volta era la famiglia italiana,
Non è un caso se durante la cerimonia hanno tributato al professor Faroni (e quindi alla famiglia) tre standing ovation: una al suo ingresso, con uno scroscio di applausi infinito. La seconda quando gli hanno detto che doveva fare un saluto e lui, a 97 anni, ha improvvisato a braccio un intervento che ha sciolto le lacrime anche nei più aridi: l’inflessibile dottoressa Manuela Mizzoni, direttore generale del Gruppo, ha annunciato singhiozzando l’intervento successivo. La terza standing ovation quando ha dedicato il traguardo di questi 70 anni ai suoi dipendenti ed ai pazienti che hanno curato.
Medico, prima che imprenditore, anche dopo 70 anni di attività.