La filosofia di Formigli a Veroli: è obiettiva, non imparziale

Chiusura col botto al Festival della Filosofia promosso dalla consigliera Cerquozzi. Con un Corrado Formigli che ha saputo far riflettere. Perché il vero antidoto all'informazione di regime siamo noi stessi: con la nostra attenzione

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

“Quella del giornalista imparziale è un’impostura”. Dall’affaccio con cui Veroli guarda la valle sottostante e Frosinone quelle parole di Corrado Formigli sono risuonate come un monito. Si parlava di Tecnica ed Umano. E lo si faceva nella serata finale di un Festival della Filosofia che ha dato la cifra di temi spacciati per poco coinvolgenti. E che invece sono stati tanto magnetici e golosi da suscitare ammirazione ed applausi convinti.

Quella dell’intervistatore Alessio Porcu in primis, che ha rilevato una cosa per niente banale. Che cioè ai verolani discutere in mood verticale piace. E che la scommessa messa in piedi quattro anni fa dalla consigliera Francesca Cerquozzi si può considerare vinta. L’altra sera con lei e con il direttore artistico Fabrizio Vona c’erano il sindaco Simone Cretaro, molti consiglieri e, per parte sovracomunale, Mauro Buschini e Sara Battisti. Loro e centinaia di cittadini attratti da ospite, intervistatore e tema.

La formula: aneddoti e parole chiare

Foto: Gian Luca Franconetti © Photo Art Studio

Quale tema? “Comunicare la realtà: problemi, prospettive e opportunità”. Più facile a dirsi che da mettere a setaccio critico. Ma ci si è provato e il risultato è stato niente male. Stuzzicato da un Porcu in spolvero, Formigli ha fatto Formigli, cioè ha puntato tutto su aneddotica e parole chiare.

La neutralità dei giornalisti? Una balla, supportata dal racconto di quanto il ministro Crosetto prese d’aceto ad una domanda fattagli dal giornalista a Piazza Pulita. Quale domanda? Quella al curaro su quando FdI votò contro il Pnrr mentre oggi ne fa vessillo. Il “ministrone” la prese male ed accusò Formigli di faziosità.

Quello che attiene la mission di un giornalista è il racconto della realtà e la chiave di lettura non è il vessillo di una imparzialità farlocca. No, un giornalista ha le sue idee, le palesa in esordio, “gioca a carte scoperte” e poi dà spazio a chi ha idee diverse dalle sue. Così fa messe doppia, perché diventa coscienza critica dei cittadini e spina nel fianco del potere. Amen.

Quand’è che un giornalista è “onesto”

Corrado Formigli

“Il giornalista onesto è quello che fa dire quello che non gli piace e dice quello che pensa: meglio di così non si poteva mettere. Insomma, senza alcuna sovrastruttura di forma per Formigli gli operatori dell’informazione devono giocarsi una sola, vera briscola: quella del pluralismo.

E farlo quando il potere è riottoso alle domande scomode è difficile ma stimolante. Tanto stimolante che Formigli ha “benedetto” il premierato di Giorgia Meloni, che almeno polarizza la dialettica politica ed offre spunti golosi. Lui non ama la parte “gigiona” del mestiere e lo ha detto: “Con Monti o Draghi mi sarei suicidato”.

Il potere ha i suoi trucchi per evitare il confronto. E sì, sul ring ci sono trucchi, artifici per creare una “vulgata” da spacciare per parabola di faziosità. E con essa impugnare il movente con cui “abbandonare lo studio televisivo”, il che, in ottica clickbait, paga molto di più dell’analisi critica di un’idea. Un esempio? Formigli è più peloso dei pelosi che invita, perciò lo ha squadernato. “L’obiettivo è costringere l’intervistatore in una posizione minoritaria radicalizzata”. Che significa?

La chiave di tutto: il pluralismo

Foto: Gian Luca Franconetti © Photo Art Studio

Che con il trucco di non andare in trasmissione e lasciare campo libero ad una sola “campana” i politici sotto ukase, quelli “di Fi, Fdi e Lega” creano un mito evanescente ma efficace. Loro non vanno, impediscono anche all’ultimo dei loro Consiglieri comunali d’andare, per poter poi dire “È una trasmissione sbilanciata”.

Si crea così il mito della “gabbia di leoni faziosi” in cui il solo scopo è attaccare il governo. Loro però non ci vanno e la loro assenza viene contrabbandata per prova provata di una cosa che è più comodo enunciare che sperimentare. Il carattere fumantino del giornalista è un buff comodo di letteratura spicciola, nel senso che sarebbe saggio riconoscere che sono le cose che descrive a fare fumo, non la sua indole.

“Quando Meloni decide di non fare conferenze stampa o nega la sua presenza ai giornalisti fa danno ai cittadini ed ai suoi stessi elettori”. E ancora: “Il pluralismo è quella cosa per cui chi ha il potere deve accettare il confronto. La domanda successiva ha schiuso uno scenario. Ma allora, è il potere che quando va a massa critica si nega o in Italia (pre)esiste una cultura della negazione al confronto? L’amarcord di Formigli è stato lucido, senza derapate emozionali. “Le tribune stampa di una volta sono da rimpiangere, oggi c’è una classe politica scadente. Prima c’erano D’Alema, Fini, perfino Berlusconi.

“Prima ladri, oggi ladri e coglioni”

Foto: Gian Luca Franconetti © Photo Art Studio

Oggi invece, contrapposta a quella generazione che “lanciò le monetine a Craxi”, c’è una classe dirigente imbarazzante. Attenzione, nessuna apologia, solo la crudezza di una “summa” scomoda ma difficile da confutare. “Con la Prima Repubblica c’erano politici più in gamba ma molti rubavano. La questione morale non la si scambia mai con il mito dell’efficienza. Però se prima c’erano alcuni ladri, oggi ci sono lo stesso dei ladri, e molti coglioni.

Per Formigli è difficile scalzare un monopolio televisivo trasversale in cui il giornalismo è equalizzato più o meno tutto sulle frequenze di chi comanda. L’esempio dell’apertura del Tg1 sull’annuncio di Crosetto in merito al blitz dei corpi speciali su una nave “dirottata” è calzante. Non c’era stato alcun arrembaggio e su quella nave c’erano pochi disperati inermi. Ma la new è passata con i toni epici e muscolari di un “pericolo scampato”.

Il che ha posto il problema dei giornalisti e di ciò che i giornalisti dovrebbero fare. Giornalisti sottopagati e sotto scacco del 595 Cp (cioè il reato di Diffamazione) senza che nessuno “punisca la lite temeraria” (cioè chi querela solo per intimidire chi scrive). Anche qui Formigli è stato dirompente: “L’Ordine per me va abolito, io sono stato sottoposto a richiamo per aver esibito la scarpetta di un bambino morto di naufragio”.

Il silenzio dopo Cutro e il tema migranti

Corrado Formigli a Piazzapulita su La7

Poi il petardo di benaltrismo buono: Ieri avevamo Enzo Biagi, oggi abbiamo Bruno Vespa che invita il governo in masseria e fa pubblicità ai suoi vini. La liaison concettuale è stata forte, fortissima: la strage di Cutro. Quella cioè che ha segnato lo spartiacque etico per un Esecutivo che da allora ha deciso di silenziarsi nell’imbarazzo di una “prima” da cancellare in quanto ad interfaccia con la stampa.

E sui migranti Formigli è stato in equilibrio perfetto tra necessità e stimolo a fare altro, e farlo meglio. “Quando la Meloni parla del possibile collasso della Tunisia dice il vero. E purtroppo è necessario parlare anche con i dittatori, tuttavia non si devono chiudere gli occhi”. Da lì l’elenco dei temi cardine: il Trattato di Dublino, il paradosso di Polonia ed Ungheria amiche di Meloni ma nemiche della linea della stessa sui migranti. E poi la bufala elettorale del blocco navale miseramente rientrata dopo il voto del 25 settembre. Quella e le esigenze di un Paese che deve mettere a crasi umanità e numeri di posti di lavoro da coprire.

Foto: Gian Luca Franconetti © Photo Art Studio

Sintesi netta e senza appello dunque? Formigli è solo un giornalista con idee di centro-sinistra che ha trovato il suo totem nero da fustigare? No, perché dopo un excursus sul caso “Lobby Nera” mutuato dall’inchiesta bomba di Fanpage il conduttore ne ha avuto anche per l’opposizione.

Per il M5s e per il Pd, in particolare, che è partito strutturato ed evanescente al contempo. “La faccenda dell’uno vale uno ha fatto danno. E con i Dem prima c’erano le Frattocchie, mentre oggi mancano le ‘best pratices’. Il Pd di oggi è svuotato ed Elly Schlein è una persona per bene ma non ha avuto il tempo di crescere”. Brava ma pivella in pratica, e con l’aggravante di esserlo in un panorama dove l’approssimazione degli avversari incentiva la meschinità.

Orsini e il lettone di Putin

Alessandro Orsini (Foto: Valerio Portelli © Imagoeconomica)

Alla domanda infida dell’intervistatore sul “fenomeno Alessandro Orsini” il giornalista ha disegnato un quadro su cui riflettere. L’esperto ospite di alcune sue trasmissioni tacciate di filoputinismo è un algido tecnico che non ragiona in punto di empatia.

Lui ne intuì il valore pubblicistico e ne esaltò il ruolo di pungolo ad un pensiero non allineato e poco Atlantico. Poi quando, esaltato dai riflettori, Orsini andò in iperbole su un se stesso già abbastanza difficile da gestire lo “mollò” alla Berlinguer. Perché “Orsini è come il cortisone, va preso a scalare”.

Formigli ha sciorinato una serie di considerazioni su casi scuola: quello di Fabio Fazio e di una Rai “povera” per pavidità. E di un Silvio Berlusconi che malgrado sia stato un “evasore fiscale aveva passione ed ha aperto al pluralismo televisivo”. Un Cav che tutto sommato a Formigli stava simpatico. E che ha funto da chiosa aneddotica per una serata bella, piena ed avvincente, una serata che grazie a Veroli ha suggellato il patto tra le gente ed il sapere. “Mi invitò a Villa Grande per un’intervista e mi disse che con quel mio sorriso a 32 denti io ero il migliore. Non era vero, ovviamente, non gli ho creduto e non ci credeva lui, ma lui era così. Mi lusingò e poi mi fece vedere il lettone di Putin.