Se il Movimento comincia a perdere… le stelle

Il salvataggio di Salvini ha rafforzato soltanto la leadership di Luigi Di Maio, che controlla ormai la maggioranza dei gruppi dirigenti. Beppe Grillo è incazzato nero, soprattutto dopo la contestazione al Brancaccio. Con lui Roberto Fico e moltissimi ortodossi duri e puri. Lo “sdoppiamento” di Giarrusso evidenzia la crisi di identità dei pentastellati.

Da una parte ci sono Luigi Di Maio, Davide Casaleggio (il gran sacerdote della piattaforma Rousseau), Alessandro Di Battista e tutta la classe dirigente di ministri e sottosegretari. Oltre alla maggioranza dei gruppi parlamentari. Dall’altra parte ci sono il fondatore Beppe Grillo (incazzato nero), il presidente della Camera Roberto Fico (incazzato viola) e moltissimi militanti ortodossi, duri e puri (incazzati più di Grillo e Fico messi insieme ed elevati alla ventesima potenza).

Il Movimento Cinque Stelle è spaccato, anzi lacerato e ormai ha perso la vocazione originaria, quella dettata da Gianroberto Casaleggio. Il quale sosteneva che “quando si comincia a derogare ad un regola, praticamente la si cancella”.

Tra i valori ispiratori e la permanenza al governo i Cinque Stelle hanno scelto la seconda opzione. E Di Maio ha minacciato di espulsione tutti quelli che non accettano e criticano il verdetto della piattaforma Rousseau.

I vertici pentastellati non se la sono sentita di assumersi loro la responsabilità di non mandare a processo il leader alleato Matteo Salvini e hanno scaricato la responsabilità sugli iscritti, che però si sono scoperti spaccati al proprio interno. Ma non importava questo, importava blindare Salvini. E quindi il Governo. E quindi Di Maio.

Ma non era il Movimento del “vaffa” e di “nessuna protezione alla Casta”? Fra l’altro le contraddizioni sono emerse nel gesto di Michele Giarrusso, che ha mimato le manette nei confronti dei colleghi parlamentari del Pd, dopo che pochi minuti prima aveva vietato l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini. Dunque, giustizialista con i deboli (il Pd è minoranza in Parlamento) e garantista con i forti (Salvini è il capo dei capi della maggioranza gialloverde).

Beppe Grillo è stato contestato al Brancaccio, dove metteva in scena il suo spettacolo. Contestato per il suo ruolo di garante del Movimento. Lui ha criticato la scelta di Di Maio, ma magari un garante, quando vengono scaricati valori e principi fondativi, dovrebbe dimettersi. Oppure cercare di difendere la linea.

In realtà i Cinque Stelle non esistono più nella versione con la quale si sono imposti all’attenzione del Paese, arrivando al Governo. C’è la posizione di Luigi Di Maio. Anzi di “Giggino” come lo chiamano tutti. Evitando di farsi beccare però. Magari rischiano l’espulsione. Senza passare nemmeno per Rousseau.