Il silenzio che uccide i matrimoni, le parole che li salvano

Maria Rita Scappaticci

Psicologa e blogger

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di MARIA RITA SCAPPATICCI

Psicologa e blogger

 

Di recente mi è capitato di imbattermi in un articolo che argomentava, in maniera più o meno specifica, le motivazioni secondo cui un uomo e una donna giungerebbero al divorzio.

I giornali affrontano sempre più spesso questo tema. Ed in genere quasi tutti puntano il dito contro gli stessi problemi: noia, allontanamento, soldi, sesso, figli, in alcuni anche l’età anagrafica.

Gli studi sui quali si basano provengono, in genere, da università americane. Mi sono domandata: ma quanto c’entriamo con quelle ricerche noi che siamo nati, cresciuti, stati educati in provincia di Frosinone? La nostra cultura ha ben poco da spartire con quella americana. Il ‘senso della famiglia’ che abbiamo noi è totalmente diverso da quello che hanno loro. Allora quelle ricerche, quegli articoli di giornale, ci rappresentano? Ho riflettuto sui tanti casi di coppie in crisi che mi sono capitati in questi anni sia a Frosinone che a Castrocielo. Ha preso due appunti.

Sono partita dal vecchio detto che ci parla del matrimonio come della “tomba dell’amore”. In altre parole: la noia che pervade due persone. E’ un elemento che nella società Ciociara era sconosciuto fino ad una generazione fa. Ora anche da noi improvvisamente, marito e moglie scoprono di non avere poi così tante cose in comune. Anche se poi qualcun altro ci tiene a ricordare che in realtà gli opposti dovrebbero attrarsi. Gli impegni di ognuno inevitabilmente conducono a stare lontani, a non vivere costantemente il quotidiano e ad avere una vita propria.

I soldi, nell’era del consumismo, sono fonte di numerosi, continui litigi in famiglia dove costantemente bisogna fa quadrare i conti e dimenarsi tra spese fisse ed eventuali. Il sesso può essere causa di separazione: lo sanno bene le donne che sono stimolate dall’amore cerebrale rispetto agli uomini che si eccitano in maniera più semplice attraverso la vista belle curve. I figli, sono uno dei temi frequenti negli scontri tra coniugi, dove ci si deve equilibrare tra una buona educazione contro un eccesso di permissività rispetto a tutti i campi di vita. Alcuni annoverano tra le cause del divorzio anche la grande differenza d’età tra coniugi che, in età avanzata, potrebbero vedere accentuarsi talune differenze.

Tutte motivazioni assolutamente plausibili, e sicuramente frequenti tra le risposte che i partners danno sia all’avvocato che allo psicologo qualora si tenti di provare a riparare la crisi.

Tutti motivazioni plausibili ma, a mio avviso, secondarie e comunque conseguenti alla più importante causa di noia, distacco e crisi della coppia: la mancanza di dialogo.

Non so a New York, Miami o a Singapore. Ma sul nostro territorio la comunicazione, la cosa più scontata che un uomo e una donna possano pensare, è la causa principale del malessere comune. Non parlare più, non condividere obiettivi, non sapere cosa passa per la testa al nostro coniuge e soprattutto non avere più la curiosità e porsi la domanda.

E’ questo ciò che rompe un legame che, proprio attraverso il dialogo si consolida e si costruisce ogni giorno, soprattutto dopo sposati, dove le cose cambiano.

Nuovi lavori, nuovi progetti, i figli, tutte nuove situazioni che definiscono e reinventano il matrimonio come un continuo processo, dove nessuno è mai come prima e dove ognuno si fa strada per trovare un nuovo equilibrio.

Se manca la voglia di scoprire come l’altro cambia, come l’altro vive la vita, ci si allontana, si pensa individualmente e soprattutto si instaura la pretesa che l’altro debba comprenderci ed immaginare i nostri pensieri.

Come fare per evitare tutto questo? Le regole per una buona comunicazione esistono, sono “banali”, talmente tanto che possono essere date per scontate.

1. in primis “ascoltare attivamente”. L’ascolto attivo sta alla base di ogni forma di comunicazione che sia finalizzata all’incontro tra le parti. Ascoltare attivamente significa essere presenti a ciò che viene detto e non aspettare il proprio turno per poter comunicare indiscutibilmente solo i propri pensieri senza tener conto dell’altro.

2. accogliere. Esimersi dai pregiudizi e dalla rabbia che ci balza nelle vene quando c’è una discussione col partner non è cosa facile ma è punto di partenza se si vuole trovare una soluzione. E se proprio non è il momento ideale si può sempre rimandare la conversazione.

3. “evitare aspettative magiche”. Siamo proprio sicuri che l’altro sa precisamente perché siamo arrabbiati e come fare per risolvere la questione? Nessuno ha il dono della lettura del pensiero!

E’ chiaro che tutto questo ha un senso se alla base c’è ancora la motivazione a stare insieme, se non si sente più la necessità di accogliere l’altro e perseguire un obiettivo comune non si avrà voglia più di stare ad ascoltare ma almeno risparmieremo a noi stessi le scuse del matrimonio fallito a causa delle troppe bollette da pagare.