Buschini, non solo libri per il “cugino nobile”

Cosa c'è dietro alla presentazione del libro di Ernesto Maria Ruffini organizzata ad Ubik da Mauro Buschini. Un libro di pregio, un autore per nulla compassato dagli schemi, un Buschini che gioca a fare il 'cugino nobile' dell'attuale centrosinistra. Ma è a tutti gli effetti a ridosso della prima linea

Ci sono almeno tre segnali che escono dal soppalco della libreria Ubik di Frosinone dove sabato ha presentato il suo libro Ernesto Maria Ruffini: intellettuale, scrittore, ricercatore, appassionato di storia ed in particolare dei retroscena legati ai lavori della Costituente. Sono segnali politici.

Chiari, nonostante la locandina mettesse subito in evidenza che non si sarebbe trattato di una parata, neppure mascherata nonostante l’organizzazione fosse a cura di uno come Mauro Buschini. Cioè l’ex capogruppo Pd in Regione, già presidente del Consiglio regionale del Lazio, presidente dell’Egato durante la sua breve esistenza, ora consigliere d’amministrazione di Saf. Ed Ernesto Maria Ruffini sia il direttore nazionale dell’Agenzia delle Entrate: nominato dal Governo Gentiloni, richiamato dal Governo Conte, confermato da Mario Draghi ed ancora da Giorgia Meloni. È il padre delle rottamazioni, della fatturazione elettronica e della riforma di Equitalia.

Il Ruffini che non ti aspetti

Suo padre Attilio fu un partigiano bianco, esponente della Democrazia Cristiana, ministro degli Esteri nel governo Cossiga. Per una questione di pochi giorni Ernesto Maria non aveva 18 anni quando ci furono le elezioni del 1987 e non potè andare a votare. Il giorno del compleanno suo padre non gli fece né una macchina di seconda mano, né un motorino: gli regalò gli otto volumi che raccolgono tutti i verbali dei lavori della Costituente. Trentamila pagine: “Qui dentro troverai quanto è costato il tuo diritto di voto”.

Ha impiegato vent’anni per leggere tutto. Altri quindici per scrivere il libro “Uguali per Costituzione” che Mauro Buschini gli ha chiesto di presentare a Frosinone nella libreria della famiglia Federico di Veroli. Mentre “scrivevo questo libro ne ho scritti altri quattro”. Tanto per capire il livello: la prefazione è stata scritta dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Ma quello che va in scena è un Ruffini che non ti aspetti. Quanto di più lontano dal grigio topo d’archivio, anni luce distante dal cinico analizzatore di numeri, nulla a che vedere con l’uomo delle tasse. “Oggi non parlo de tasse” esordisce, non nascondendo minimamente la sua romanità, gestita con sapiente intelligenza.

Centinaia di aneddoti

Ruffini cita centinaia di aneddoti. Come la riunione che si tenne fra tre dei futuri padri costituenti, poco prima del Referendum. Dove ragionarono su come far capire agli italiani che con quel voto sarebbero passati dall’essere sudditi ad essere cittadini, “il che comporta una responsabilità nella scelta delle cose a differenza dei sudditi che invece delegano le scelte ad altri. Si confrontarono sul fatto se gli italiani fossero pronti ad assumersi questa responsabilità. Altrimenti è meglio che rimanete sudditi. Una tentazione che abbiamo nel sangue perché preferiamo spesso dare la responsabilità di decidere a qualcun altro”.

Oppure quando Giorgio La Pira, il sindaco di Firenze che ha iniziato il percorso verso gli altari, il primo giorno di lavori si alzò e chiese “che la Costituzione fosse emanata ‘nel nome di Dio’. Dopo poco il pallone venne calciato in tribuna per dare la precedenza ad altri temi. Poi, arrivati al fatidico ultimo giorno di lavori, La Pira si alzò nuovamente e riprese l’argomento. Ne nacque un dibattito di altissimo livello, dove gli atei e comunisti diedero una lezione di dottrina spiegando che Dio è troppo grande per essere compresso in una cosa terrena come una Costituzione”.

Alla Carta, Ruffini attribuisce una parte importante della crescita del Paese “l’Italia – afferma in più occasioni- è un paese migliore proprio grazie alla straordinaria sintesi raggiunta nella Costituzione“.

I tre segnali

Ma al di là del libro sono tre i segnali che arrivano dal soppalco di Ubik. Il primo, Mauro Buschini è ancora un soggetto politico ed ha mantenuto vivi tutti i contatti ed i rapporti che ha intrecciato in questi anni fino ad arrivare alla guida del Consiglio regionale del Lazio. Cosa si è messo in testa e cosa vuole fare adesso?

È il secondo segnale. In questa fase si è dato il ruolo di ‘cugino nobile‘ di questo centrosinistra: in considerazione dell’età anagrafica non è possibile chiamarlo “padre nobile”. Ma come i padri politici, è innegabile che Buschini sia stato per un quarto di secolo tra i protagonisti delle scelte centrali del Partito Democratico sul territorio, compresa la scelta di non riproporre la sua candidatura alle scorse Regionali per concentrare tutta la componente sulla rielezione di Sara Battisti.

A dimostrare le prime due cose c’è il terzo segnale. Dati da chi era presente. Oltre agli appassionati di Costituzione c’erano presenze chiave. Come quella del Presidente Regionale del Pd Francesco De Angelis: a dimostrazione che tra lui e Buschini c’è ancora la sintonia dei vecchi tempi. Quella dell’ex sindaco di Frosinone Domenico Marzi, del presidente emerito della Provincia Giuseppe Patrizi, dell’ex sindaco di Veroli Danilo Campanari. Dopo lungo tempo s’è visto ad un evento di area il presidente nazionale di Confimprese Italia Guido D’Amico. Così come il mondo cattolico incarnato dal direttore della Caritas Marco Toti. È stata la prima uscita ufficiale per Massimo Pizzuti tornato nei panni di Direttore Generale della società che edita i quotidiani Ciociaria Oggi e Latina Oggi.

Atteso anche l’ex abate di Montecassino dom Bernardo D’Onorio: lo hanno trattenuto solo gli esercizi spirituali. Al prossimo libro, dovranno consultare prima l’agenda dettata da padre Ignazio di Lojola.