Emma e la sua tristezza in autunno

Maria Rita Scappaticci

Psicologa e blogger

Si era presentata puntuale, come ogni anno. E le aveva cambiato l’umore da un giorno all’altro. Senza preavviso. Come un temporale che irrompe a sancire la fine definitiva dell’estate.

Emma adorava il sole, la luce, ne era quasi dipendente e non sopportava la fine dell’estate. Non l’aveva mai digerito il cambio di stagione, insieme alle giornate corte ed al torpore del susseguirsi di quei giorni grigi.

L’ autunno le faceva questo effetto, si sentiva più stanca, tanto da desiderare di dormire tutto il giorno.

Portava avanti il suo lavoro con molta fatica, non riusciva a concentrarsi ne ad essere attiva come il suo corpo alla sua età poteva fare. E poi aveva sempre fame. Doveva sgranocchiare sempre qualcosa, e d’inverno il suo peso tendeva a lievitare.

Emma soffriva di depressione stagionale invernale come circa il 3% della popolazione solo in Europa, con un’influenza di quattro volte superiore nelle donne rispetto agli uomini. Gli americani la definiscono “winter blues” e sui manuali di diagnosi è identificata con l’acronimo di SAD (seasonal Affective Disorder).

Chiaramente si parla di un tipo di diagnosi che necessita l’evidenza di sintomi precisi e che perdurano da un arco di tempo stabilito fino ad esaurirsi del tutto nel mese di Maggio.
Di fatto, sono molte le persone che, seppur non arrivando a soffrire di una vera e propria forma depressiva nel senso più stretto del termine, odiano il cambiamento climatico e non riescono a sopportare i repentini sbalzi di temperatura e di luce. Non si riesce a carburare se la mattina ci danno il buongiorno le nuvole e se durante l’arco della giornata neppure un raggio di sole si mostra alla nostra vista.

Alla base ci troviamo di fronte a persone estremamente sensibili dal punto di vista emotivo, che vivono sentimenti di disperazione per il distacco, inclini alla malinconia.

Con l’avvento delle prime piogge e del tempo incerto le persone con depressione stagionale diventano apatiche e perdono di motivazione a fare le cose. Tutto risulta più difficile e uscire di casa è una dura lotta.

I primi segni non vanno assolutamente sottovaluti per evitare di esasperare la situazione e non è difficile rendersi conto che c’è qualcosa che non va soprattutto se siamo persone che amano essere costantemente in attività durante i mesi più solari.

Emma aveva dato finalmente un nome alla sua condizione e, seppur con qualche reticenza, aveva tirato un sospiro di sollievo scoprendo il suo problema perché almeno avrebbe potuto contrastarlo.

Una buona compagna era diventata la sua tavoletta di cioccolato fondente, non più di due quadretti erano sufficienti per dare “da mangiare” all’ormone del buon umore. E poi non rinunciava mai ad almeno trenta minuti al giorno di esposizione alla luce naturale, anche se c’era brutto tempo.

Il percorso non durò a lungo perché il suo spirito di combattimento non ci mise molto ad uscire fuori.

Non aveva imparato ad amare la pioggia e le giornate buie: non ce la poteva fare. Ma aveva imparato a colmare le giornate buie con desideri propri mai espressi.

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