Let’s go Brandon Italian style

L'insulto 'pulito' ma virale che si è abbattuto sul presidente Usa. E l'assonanza con quanto sta avvenendo da noi per individuare il nuovo inquilino del Quirinale

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

Ora vi racconto una breve ed amena storia sulla eterogenesi degli insulti politici. 

Negli ultimi mesi il coro da stadio più diffuso negli Stati Uniti è stato “Let’s  go Brandon”. Un coretto apparentemente innocuo, niente a che fare con i comuni turpiloqui degli stadi italiani. Ma in realtà cela un simpatico trucchetto per mandare a quel paese il presidente in carica Biden.

Era ottobre e si correva una gara Nascar, la Formula Uno americana diciamo, presso il circuito di Talladega in Alabama. Il povero Brandon Brown un giovane pilota di ventotto anni aveva appena vinto una gara e si stava felicemente facendo intervistare da un inviato della NBC. Ad un certo punto il numeroso pubblico sullo sfondo mentre si teneva l’intervista ha iniziato a cantare a squarciagola un tanto grazioso quanto nitido coretto urlando ai quattro venti un inequivocabile “Fuck Joe Biden”.

Non credo ci sia bisogno di traduzione per i non anglofoni ma equivale ad un “vai a quel paese Joe Biden”. Forse un pelino più volgare, un bel “vaffa” diciamo.

Ad un certo punto dallo studio chiedono ingenuamente “cosa canta la folla?” Ed il giornalista, imbarazzato ma pronto, dice subito per sviare il problema: cantano “Let’s Go Brandon”. Il nome del pilota intervistato. Mentre tutti hanno potuto chiaramente udire il collettivo insulto al presidente Biden.

E Let’s go divenne virale

Uno dei gadget con la scritta Let’s Go Brandon

Da quel momento per una delle strane leggi della comunicazione ai tempi dei social e della viralità il coretto “Let’s go Brandon” è diventato urbi et orbi l’equivalente di mandare a quel paese il presidente democratico.

Pochi giorni dopo in un cantiere edile i manifestanti lo hanno apostrofato con lo stesso coro, in una visita successiva lo hanno accolto striscioni con lo stesso slogan e così con la velocità della luce siamo finiti agli stadi, alle pubbliche manifestazioni, dovunque si ode il coretto “Let’s go Brandon” sai che c’è un vaffa presidenziale per Biden.

Sono spuntati gadget e magliette una l’ha indossata pure il figlio dell’ex presidente Trump Barron, c’è chi ha registrato il marchio e chi ha aperto negozi con quel nome.

L’altra sera il povero Biden rispondendo ad alcune domande in diretta in una trasmissione tv ha ricevuto una cortese domanda da un ascoltatore in linea. Fatta con competenza e cortesia se non fosse che alla fine per salutare in diretta tv ha detto con entusiasmo “Let’s go Brandon” prima di attaccare la cornetta, per l’imbarazzo e la ilarità di tutti i telespettatori.

Pensate da allora Nascar ed NBC hanno adottato misure per “limitare il rumore della folla ambientale” per evitare i continui coretti che si udivano in diretta alle manifestazioni sportive e subito dopo li hanno seguiti molte televisioni, di ispirazione democratica naturalmente.

Un anno non esaltante

Lo slogan Let’s Go Brandon sull’insegna di un saloon a Jarbidge in Nevada (Foto: Mitch Barrie)

Da quel momento, sempre in crescendo, questo messaggio insegue il povero cariatide Biden, come se non avesse già tanti guai, in ogni apparizione. Ed è talmente chiaro che tutti capiscono cosa vuol dire, ma non costituendo realmente offesa non si sa cosa fare, non si può denunciare e come ha spiegato uno dei big democratici comunque “a meno che tu non viva in una caverna sai cosa significa!”.

Giunti oggi all’anniversario del primo anno di presidenza Biden, essere mandato a qual paese in ogni angolo della nazione non depone bene, soprattutto se appena dopo un anno la tua popolarità è ai minimi storici ed hai collezionato solo una serie di fallimenti.

Biden non è mai stato meno popolare di oggi a livello nazionale, dopo aver fatto personalmente pressione sul suo Partito e sul pubblico a favore del disegno di legge sulla ricostruzione delle infrastrutture, denominato Build Back Better e quello sui diritti di voto, entrambi senza successo finora.

Inoltre, la sconcertante narrazione di Biden sul Covid ha indotto alcuni suoi ex consiglieri a pubblicare un intervento sul New York Times con un appello per una strategia meno reattiva. E il 13 gennaio la Corte Suprema ha rovesciato il suo mandato sugli obblighi vaccinali per i lavoratori. Biden è sul punto di perdere le due grandi battaglie che ha scelto, nonostante il suo Partito controlli entrambi i rami del Congresso.

Gli mancano i voti

Foto © Eric Haynes

Diciamocelo  è raro che un presidente sia contemporaneamente in contrasto con Repubblicani, Democratici moderati e Democratici liberali, in un anno elettorale che molti Democratici credono che porterà alla loro sconfitta sia alla Camera e forse anche al Senato. 

Il 13 gennaio è stata la terza volta in tre mesi e mezzo che Biden ha visitato di persona il Campidoglio e la terza volta è tornato mestamente alla Casa Bianca senza riuscire a convincere il suo Partito a sostenere i suoi piani.

Certo, al Senato la situazione numerica è 50-50 e c’è un inamovibile centrista democratico, Joe Manchin, che è contro il progetto infrastrutturale del presidente. Ma Biden conosceva bene il gioco dei numeri presente in questi combattimenti.

Allora il nostro amico cariatide Biden ha sviluppato una specie di piano per le prossime settimane:

-I funzionari della Casa Bianca sperano di fare presto progressi su una versione rielaborata di Build Back Better, basata sulle dichiarazioni pubbliche di Manchin.

-Biden invierà presto al Colle una richiesta di fondi di bilancio supplementare per comprare più booster, pillole antivirali, mascherine e test. Ossigeno per la demagogia.

-Il presidente continuerà a spingere per la legislazione sui diritti di voto: “Come ogni altro importante disegno di legge sui diritti civili portato avanti … si deve ritornare provare una seconda volta”  ha tuonato.

Il termometro interno

Joe Biden (Foto: Defense Visual Information Distribution Service)

Come dire ha la testa dura. Nel frattempo, ha davanti a sé molti fronti.

C’è rabbia crescente tra gli attivisti neri: i membri di alcuni gruppi di diritti civili hanno rifiutato di apparire con Biden per il suo discorso di appoggio al voto ad Atlanta.

Alcuni senatori prendono pubblicamente le distanze dalle sue comunicazioni.  

La maggior parte dei sondaggi mette il tasso di approvazione dell’operato di Biden intorno al 42-43%, con oltre il 50% di disapprovazione. In un sondaggio Quinnipiac di questa settimana, Biden aveva un 33% di approvazione, che la Casa Bianca ha definito un “valore anomalo“.

La Corte suprema ha bloccato l’obbligo vaccinale ordinato da Biden per larga parte dei lavoratori.

Il ritiro dall’Afghanistan si è svolto nel modo peggiore possibile.

La Russia lo sta prendendo in giro: gli avvertimenti di Biden non hanno dissuaso Vladimir Putin dal continuare a pianificare un’invasione dell’Ucraina.

Le recenti sconfitte su clima ed energia nei meeting internazionali ancora bruciano.

L‘inflazione è alle stelle: è la peggiore degli ultimi 39 anni.

Gli scaffali vuoti dei negozi alimentari sono ripresi dai network tv. È in parte causa del meteo, in parte del covid, in parte della catena di approvvigionamento: ma è una comoda sintesi visiva per il pessimismo nazionale.

Opposizione interna

Il senatore Joe Manchin

Il progetto Build Back Better doveva essere un momento della sua presidenza che lo accostava a Franklin Delano Roosevelt. I diritti di voto avrebbero potuto essere il suo momento stile Lyndon B. Johnson. Invece, è probabile che finisca il suo primo anno di presidenza con un pugno di mosche su entrambi gli obiettivi.

A fronte di tutto questo che fa quel geniaccio di Biden? Mette in cantiere una riforma per modificare in maniera unilaterale i regolamenti del Senato federale Usa per indebolire gli strumenti di ostruzionismo a disposizione dell’opposizione. Quello che oltreoceano chiamano “filibuster” con evidente assonanza alla parola italiana filibustiere.

Ma chi lo affossa? Due senatori democratici l’irriducibile centrista Joe Manchin (anche questo foneticamente assonante a “mancino”, come il tiro che gli ha giocato) e la senatrice Kyrsten Sinema una brillante bionda avvocatessa di umili origini che è passata alla storia per essere la prima donna bisessuale eletta al Congresso ed al senato.

E Trump gongola

Insomma il povero cariatide Biden prende schiaffi da tutte le parti soprattutto dai suoi, non può contare nemmeno su una vice che lo sostenga perché Kamala Harris è la vicepresidente col minor gradimento nella storia democratica. Dopo essere passata alla storia per aver giurato vestita nello stesso identico modo in cui era vestita Lisa Simpson quando nel cartone animato fu eletta Presidente Usa, non si è registrata la sua presenza significativamente.

Ecco, il prode Biden, dopo appena un anno di mandato e dopo le note figuracce relative alle gaffes ed ai sonnellini, si ritrova con una situazione politica disastrosa e più di mezzo Paese che lo manda a farsi benedire cantando impunito “Let’s go Brandon”.

Intanto Trump gongola, predice sventure e nonostante non sia nemmeno lui un giovanotto medita un imminente disastro ed una prematura rivincita dopo il contestato voto dello scorso anno.

Che poi a me, appassionato anche di politica internazionale, che inevitabilmente poco dopo sappiamo condiziona anche quella nazionale, qualche simpatica assonanza a pochi giorni dalle elezioni presidenziali italiane spunta in mente.

Mi viene guardando le pletore di tifosi politici e anche di dirigenti che si affannano ad urlare chi “Forza Mario” a Draghi, chi “Forza Silvio” a Berlusconi o al loro candidato di turno.

Ma siamo sicuri che, mutuando l’esempio americano, questi presunti sostenitori  non siano proprio i primi, in perfetto italian syle, che surrettiziamente li stiano mandando a fare in…?

Sarà ancora attuale la locuzione latina vox populi vox dei? Lo scopriremo solo vivendo. Let’s Go!

(Leggi qui tutti i commenti di Franco Fiorito)