Indiscreto – Spifferi romani (Venerdì 5 febbraio 2021)

Spifferi dai palazzi romani. La partenza di Bertolaso toglie di mezzo il potenziale candidato del centrodestra a Roma. Chi ha dettato la linea a Salvini. E se l'avvocato (Conte) puntasse al posto dell'avvocato (Raggi)? Zinga spaventa i suoi

Bertolas(ci)o Roma

Tutto da rifare nel centrodestra, che, in vista delle elezioni comunali, a Roma deve riapartire dal via. Guido Bertolaso, l’unica vera proposta fin qui in campo per concorrere a sindaco, da quattro giorni è stato di nuovo assoldato dalla Regione Lombardia.

Fabio Rampelli, Giorgia Meloni, Chiara Colosimo, Guido Bertolaso

Il governatore Attilio Fontana e la vicepresidente Letizia Moratti gli hanno affidato un compito delicato e, soprattutto di lunga (speriamo non lunghissima) durata: coordinare la campagna vaccinale nel territorio maggiormente colpito dalla pandemia Covid-19. Un compito che lo sta assorbendo h24 e che lo terrà lontanissimo da Roma, impossibilitandolo a candidarsi al Campidoglio.

D’altronde, ai suoi fedelissimi, Bertolaso lo ha spiegato chiaramente: se Fratelli d’Italia non è convinta tanto vale che vada altrove a rendermi utile. Il cerino così resta in mano a Giorgia Meloni, che, incassato il no del capo della Croce Rossa Rocca, dovrà trovare con Salvini e Berlusconi un altro civico spendibile. Ma prima va risolta la crisi di governo.

Il bazooka colpisce la Lega

Via degli Uffici del Vicario, esterno giorno. Sono le quattro di pomeriggio quando Matteo Salvini incontra i giornalisti per spiegare la linea sul governo Draghi e detta le condizioni per starci. Ma – spiegano da Montecitorio – le condizioni le hanno dettate a lui Assolombarda e gli industriali veneti.

A Draghi non si può dire di no – il ragionamento del tessuto produttivo del Nord – perché abbiamo bisogno di lui per risollevarci. Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia glielo hanno spiegato in tutte le lingue .

Foto: Benvegnu’ Guaitoli / Imagoeconomica

Salvini, accerchiato per dire sì all’esecutivo dell’ex presidente della Bce. Il problema? Il consenso. Con Giorgia Meloni all’opposizione il Capitano teme che il Carroccio perda altri consensi a favore di Fratelli d’Italia, mentre Giorgetti assicura il contrario: avvicinarsi a Draghi vuol dire introdurre la Lega nel salotto buono della politica europea, migliorare l’immagine internazionale staccandosi dal sovranismo. E poi, in due anni, dare l’assalto ai voti di Forza Italia e dei partitini centristi.

Una svolta moderata – riferiscono autorevoli parlamentari leghisti – chiesta da quegli ambienti economici che rappresentano un alleato fondamentale per la Lega e che oggi chiedono di essere aiutati sostenendo Draghi. Whatever it takes.

Un (altro) avvocato sul Campidoglio?

E bravo Giuseppe Conte. Per non passare nel dimenticatoio e correre il serio rischio che tra due anni nessuno saprà più neanche descriverne la pochette e il ciuffo, ha assunto la prima vera iniziativa politica della sua vita, compiendo la terza camaleontica trasformazione.

S’è presentato ieri con un tavolino a piazza Colonna e ha detto al M5S che lui ne sarà il capo politico (d’accordo con Beppe Grillo, meno con Luigi Di Maio…), poi ha spiegato a Pd e LeU che il loro progetto politico proseguirà, diventerà alleanza e che lui sarà pronto a guidarla (d’accordo con Zingaretti, non si sa quanto col resto del Pd…).

Giuseppe Conte e Virginia Raggi (Foto: Imagoeconomica)

Ma, posto che Conte dal governo Draghi dovrebbe rimanere fuori, cosa farà l’avvocato nei prossimi due anni oltre che l’avvocato? Una suggestione che a Roma s’è fatta voce insistente da qualche giorno vuole che sia proprio l’ormai quasi ex premier il candidato del centrosinistra a sindaco di Roma, sostenuto appunto da Pd, LeU e M5S.

Un modo per farla pagare anche a quegli antipaticoni di Matteo Renzi e Carlo Calenda. Possibile? Qualcuno ci crede davvero, tanto che Virginia Raggi pare aver già capito l’antifona decidendo di rompere gli indugi e dire che il M5S dovrebbe sostenere l’esecutivo di SuperMario. Un modo per trovare un accordo col suo nuovo capo politico? O per lanciare messaggi alla sua nuova coalizione? Magari tutti e due…

Certo con un governo tecnico la fila dei pretendenti per fare il sindaco di Roma rischia di allungarsi: pure Roberto Gualtieri, che comunque è stato eletto deputato alle suppletive, si chiede cosa farà se sarà costretto a fare gli scatoloni da via XX Settembre.

“Io ministro?”. E le chat dei consiglieri impazziscono

Io ministro? Ne parlerò con Draghi”. Poche parole, quelle di Nicola Zingaretti, che sono bastate a mandare in fibrillazione il Pd (ma anche il centrodestra).

Nicola Zingaretti. Foto Paolo Cerroni / Imagoeconomica

Stavolta non c’entrano i palazzo del potere in centro storico. Il panico è tutto in periferia, tra via Cristoforo Colombo e via della Pisana, sedi rispettivamente della Giunta e del Consiglio regionale. Ma come Zingaretti ministro! Fosse vero creerebbe un terremoto, portando a votare la Regione Lazio anzitempo, costringendo decine di politici (non solo gli eletti) a ricandidarsi o a trovare una sistemazione alternativa, togliendo certezze a centinaia di segretari, addetti di staff.

Ma non bastavano i disoccupati creati incaponendosi su Conte?”, si chiede un importante dirigente di sinistra. Fortuna che Zingaretti ha poco dopo precisato: “Sono già molto impegnato a fare il governatore”. Sospirone di sollievo in Giunta e in Consiglio regionale e pericolo scampato. Per ora…