Bentornati Giochi della Gioventù, fabbrica di campioni e valori positivi

Il Governo rilancia la storica rassegna riservata alle scuole. Nati nel 1969 grazie ad un’intuizione di Giulio Onesti, presidente del Coni, erano fermi dal 2017. L’obiettivo è la promozione della pratica sportiva e favorire la socialità dei giovani. Ma saranno anche un contenitore di temi importanti come la sana alimentazione, il rispetto dell’ambiente e l’inclusione

Alessandro Salines

Lo sport come passione

È forse ingeneroso definirli le “Olimpiadi povere” dell’Italia. Al contrario hanno rappresentato un tesoro ricco di valori, storia e ricordi. Hanno consentito a milioni di studenti di praticare sport liberamente e soprattutto gratuitamente. Sono stati il più grande e capillare veicolo di promozione delle più svariate discipline. E dulcis in fundo hanno sfornato tanti campioni, medaglie olimpiche e atleti di buon livello.

Ora a distanza di 6 anni il Governo vuole rilanciare i cari vecchi Giochi della Gioventù, nati nel 1969 su idea di Giulio Onesti, presidente del Coni, dopo il flop (solo 3 ori) alle Olimpiadi di Montreal nel 1969. Una manifestazione storica, sospesa già 2 volte (nel 1996 e nel 2017), e che ha sempre cercato di colmare la scarsa presenza dello sport nelle scuole e favorito la socialità.

Tutti in campo

Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione

Il Governo, come d’altronde anticipato in campagna elettorale e l’anno scorso, riprova a dare nuova linfa ai Giochi della Gioventù. E lo fa tramite un protocollo ad hoc firmato dai ministri dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi, della Salute Orazio Schillaci, dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida, dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin e per le disabilità Alessandra Locatelli. Da settembre dunque in tutte le scuole ripartirà la competizione. Sperando che possa dare impulso allo sport nelle scuole come accade all’Estero. Le poche ore di scienze motorie sono insufficienti e sembrano gocce nel deserto.

“I Giochi della gioventù sono una vera e propria istituzione e fanno parte a pieno titolo della tradizione scolastica italiana – ha spiegato Valditara Coniugando al meglio il mondo dell’istruzione con quello dello sport, veicolano i valori fondamentali nella vita e nella formazione di un giovane: impegno, dedizione, gioco di squadra, rispetto dell’avversario. Abbiamo pensato a una nuova versione dei Giochi che comprenda tra gli altri i temi della scuola, dello sport, dell’alimentazione sana, del rispetto dell’ambiente e del valore dell’inclusione”.

Andrea Abodi, ministro dello Sport

Per Abodi è un passo importante nella valorizzazione dello sport in Italia. “I Giochi della gioventù saranno una formidabile opportunità di socialità – ha dichiarato il ministro per lo Sport – e confronto sportivo tra ragazzi e ragazze delle scuole medie di tutta Italia. Ma sarà anche l’occasione per diffondere e condividere una serie di contenuti utili per la vita. Tutto ciò assume un ulteriore valore soprattutto ora che stiamo per raggiungere l’obiettivo fondamentale dell’inserimento dello sport nella Costituzione, che sono certo ispirerà l’azione del Governo e del Parlamento per rafforzare la presenza dello sport attivo nella comunità nazionale partendo dalle persone e dai luoghi socialmente più in difficoltà”.

Una bella storia lunga oltre mezzo secolo

Per intere generazioni i Giochi della Gioventù sono un ricordo indelebile: tanti ex alunni ripensano con nostalgia a quella che per gran parte di loro è stata l’unica esperienza di sport agonistico. Qualunque disciplina fosse, dalla corsa campestre al salto in alto. Con le varie fasi (comunali, provinciali, regionali e nazionali per i più grandi), i Giochi fino agli anni ‘90 sono stati una rassegna che ha unito il Paese favorendo viaggi, conoscenze e amicizie nell’era ante-internet. Un po’ come sono state le colonie estive oppure il Trofeo Topolino nello sci. 

A partecipare gli studenti dai 7 ai 17 anni che a maggio puntualmente si ritrovavano a competere per una medaglia, semplici trofei con stampati disegni infantili. Semplici erano anche le magliette e i cappellini che venivano distribuiti agli atleti, suddivisi per colore in base all’età, e il simbolo stesso dei Giochi, un omino stilizzato fatto con un nastro.

Foto © Andrea Piacquadio / Pexels

Negli anni ’70 il boom con quasi 2 milioni di ragazzi impegnati in 50 discipline. Il gran finale era fissato allo stadio Olimpico di Roma davanti a decine di migliaia di spettatori. L’obiettivo era avvicinare i ragazzi allo sport “povero” e puro dell’atletica leggera: velocità, staffette, mezzofondo, salto in alto ed in lungo, getto del peso e lancio del giavellotto o “vortex”. La gara regina comunque era la corsa campestre su sentieri fangosi o strade polverose. Temuto banco di prova per gli atleti in erba che arrivavano distrutti al traguardo. 

Dopo lo stop del 1996, i Giochi erano tornati nel 2007 ma senza le fasi nazionali per esaltare il carattere partecipativo e non agonistico. Nel 2017 l’ulteriore sospensione dopo che l’edizione precedente aveva avuto meno di 400mila partecipanti. Ora si riparte con genitori o nonni ad osservarli pieni di nostalgia.

Una fucina di medaglie e titoli

Fabrizio Donato

Negli anni ‘80 e ‘90 i Giochi della Gioventù sono stati una miniera per lo sport azzurro perché hanno fatto emergere tanti campioni. Anche Fabrizio Donato, bronzo nel salto triplo alle Olimpiadi Londra 2012, ha gareggiato a Frosinone ai Giochi. Idem Gabriella Dorio, oro olimpico a Los Angeles nei 1500 metri e primatista italiana negli 800, 1.000, 1.500 e miglio. Figli dei Giochi della Gioventù i gemelli della marcia Giorgio e Maurizio Damilano, quest’ultimo campione olimpico e mondiale. E detentore del record iridato sui 30.000 metri.

Altri campioni che hanno preso parte ai Giochi della Gioventù sono stati il campione mondiale di ciclismo Maurizio Fondriest. E l’ex capitano della Roma ed azzurro Giuseppe Giannini. O la “stella” del basket nazionale Antonello Riva e l’oro olimpico nello sci Paola Magoni.

Non li chiamate le “Olimpiade povere”.