I protagonisti del giorno. Top & Flop del 14 novembre 2019

Top & Flop. Ogni notte, i protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende l’indomani.

TOP 

NICOLA ZINGARETTI

Ogni picconata al Pd è un regalo a Salvini”: lo ha detto il segretario nazionale del Pd Nicola Zingaretti. Destinatario del messaggio: Matteo Renzi.

L’ex rottamatore è uscito allo scoperto, dicendo che la sua strategia è la stessa usata da Macron: svuotare i Socialisti e poi aprire al centro. Significa affossare sul nascere una possibile coalizione di progressisti per opporsi ad un centrodestra sovranista che viaggia con il vento in poppa.

Ormai però Zingaretti non può fermarsi: Italia Viva non può essere considerata un’alleata. Glielo dicono i diecimila che si sono riuniti in piazza Maggiore a Bologna mandando di traverso a Matteo Salvini l’apertura ufficiale della campagna elettorale per le Regionali in Emilia Romagna. È lo squillo di tromba del centrosinistra, atteso ma insperato, come lo fu la manifestazione di Roma che segnò l’inversione di tendenza e l’avvio della scalata di Zingaretti verso la Segreteria Pd.

Quelli di Piazza Maggiore puntavano a raggiungere 6mila adesioni per superare i 5570 posti del palazzetto di Salvini. Ne sono arrivato 10mila. Muti, come sardine, come la più massiccia delle maggioranze silenziose, lasciando spazio alla musica del bolognese doc Lucio Dalla con la sua “Come è profondo il mare” e l’inno della Resistenza “Bella ciao“.

Gridano “Salvini non prenderà l’Emilia“. Un segnale a Salvini, uno a Renzi. E la conferma per Zingaretti che un’Italia pronta a resistere c’è. Una risposta che rafforza la determinazione del Segretario. Pronto alla guerra.

LUCA ZAIA

Il Governatore del Veneto fa quasi tenerezza. Di fronte alla tragedia di Venezia sembra un papero bagnato. La città si allaga due minuti dopo che in Consiglio regionale la Lega “aveva respinto le misure proposte dal Pd sui cambiamenti climatici”.

La conferenza stampa del governatore Zaia con il sindaco ed il Patriarca di Venezia

La Reazione però è pronta e immediata. Il tempo per le polemiche e le colpe verrà. Ora è il tempo della reazione. Corale. Zaia ha saputo cogliere il momento giusto. Sul piano amministrativo ma anche politico. La conferenza stampa insieme al sindaco della città lagunare e al Patriarca non è stata uno spot.

Ha voluto rappresentare l’unità di una classe dirigente non soltanto politica ma anche religiosa. Non si sta fermando un attimo per fronteggiare un disastro che è figlio di più di quaranta anni di fallimenti della politica nazionale.

Luca Zaia non fa parte dei fedelissimi del Capitano Matteo Salvini. E la Lega Veneta ha connotazioni proprie. Rappresenta le radici e la storia del Carroccio. Potrebbe essere tenuto in considerazione per futuri ruoli operativi e di prestigio. Tempestivo.

FLOP

LUIGI DI MAIO

Ormai evita perfino di parlare. Sta portando il Governo Conte verso il precipizio ed i Cinque Stelle sull’orlo dell’estinzione. Sulla delicatissima vicenda dell’Ilva il Movimento non ha cambiato la propria impostazione. Puntando sullo scontro giudiziario con Arcelor-Mittal. Senza rendersi conto che i tempi della giustizia sono biblici.

Luigi Di Maio © Imagoeconomica, Livio Anticoli

E intanto però che fine faranno gli oltre 10.000 operai, senza considerare i lavoratori dell’indotto? Ma c’è un elemento che testimonia meglio di chiunque altro il declino politico di Luigi Di Maio. Il Movimento Cinque Stelle è ancora senza capogruppo alla Camera. I veti incrociati stanno falcidiando chiunque sul nascere.

E lui, Luigi Di Maio, capo del Movimento e ministro degli esteri, non ha più alcuna presa sui gruppo parlamentari pentastellati. Al punto che si parla con insistenza di una manovra dalla base per sostituirlo dopo le prossime elezioni in Emilia Romagna. Fuffa e distintivi.

MATTEO RENZI

Per quale motivo ha fatto cadere il governo gialloverde di Salvini e Di Maio? Cominciano a chiederselo tutti. Non ha una strategia (se non quella di far durare la legislatura per il terrore di andare ad elezioni anticipate), non ha un progetto (se non quello di svuotare il Pd), non ha un’organizzazione sui territori, non si presenta alle elezioni regionali, non ci prova neppure nei Comuni.

Matteo Renzi © Imagoeconomica, Paolo Lo Debole

Ha preferito regnare in un deserto piuttosto che fare parte di una squadra che si poneva l’obiettivo davvero di cambiare il Paese. La sua occasione l’ha avuta e l’ha gettate alle ortiche personalizzando il referendum costituzionale. Non ha altro obiettivo se non quello di restare  in Parlamento.

Poco alla volta emerge il profilo di un politico abile e capace, l’unico con una visione di prospettiva ampia (le nuove società ad 1 euro, Industria 4.0, super Ammortamento, Jobs Act, le ha attuate lui) ma limitato in maniera determinante dalla sua incapacità di essere uomo – squadra e dal leaderismo. Che è del tutto estraneo al dna del Centrosinistra. Sopravvissuto.