Top e Flop, i protagonisti di martedì 16 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 16 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 16 gennaio 2024.

TOP

MICHELA DI BIASE – IRENE MANZI

Michela Di Biase (Foto: Stefano Carofei © Imagoeconomica)

La vicenda del liceo Torquato Tasso di Roma è diventata ormai l’ennesimo ring politico tra blocchi, con la solita polarizzazione e con un’aggravante. Quella per cui non ci si capacita del fatto che il mondo della scuola è mondo a sé, in cui non vale l’applicazione speculare dei metodi applicati in società. Sbaglia settanta volte sette chi creda al mantra banaloide per cui la scuola è una “piccola società” eguale alla società in cui allenarsi alla società vera.

Un po’ è anche così, ma a patto che si dia come precondizione quella del diverso approccio, sennò son guai. E il preside del Tasso Paolo Pedullà, ha un po’ seguito questa falsariga, beccandosi anche gli elogi del ministro Valditara e di Matteo Salvini. Su cosa? Sulla proposta “a seguito dei danni subito dall’istituto durante l’occupazione”, di dieci giorni di sospensione agli studenti coinvolti.

Giorni “di cui due senza obbligo di frequenza, oltre ad attività socialmente utili nel pomeriggio e un voto di 5 in condotta al trimestre”. La deputata del Pd Michela Di Biase non ci sta ed ha riportato la faccenda ad una dimensione più mediata. “Sbagliato esaltare il pugno duro, come fa il ministro Valditara. La punizione pesantissima che la dirigenza scolastica ha proposto per gli studenti piace al ministro perché riflette la sua stessa idea, tutta schiacciata sulla condotta e sul merito.

Per Di Biase si tratta di “un modello sbagliato, perché la scuola deve servire a formare cittadini consapevoli e dovrebbe essere ancorata al principio del dialogo, non delle punizioni”. Ed Irene Manzi, capogruppo Pd in VII Commissione, ha rincarato la dose in punto di saggezza: “Al ministro vorremmo ricordare che la scuola è il luogo dove le regole si imparano, e si impara a rispettarle. Sono luoghi che si fondano sul sacrosanto principio dell’autonomia”.

Cioè luoghi “in cui, prima di comminare le sanzioni agli studenti indisciplinati, si prova a capire le ragioni che spingono alcuni a trasgredire le regole. Non sono le sanzioni il modo migliore per ottenere questo risultato”.

Cadere nella mistica del “pugno duro” e della para-genitorialità di surroga del bel tempo che fu è facile, ma la scuola è una cosa seria. E’ la fucina da cui possiamo far uscire cittadini consapevoli o mostri arrabbiati.

Ponte, mai muro.

RICCARDO DEL BROCCO

Una città che è stata per decenni il caposaldo della sinistra in Ciociaria: l’ultima Stalingrado. Ma che da due mandati è governata da un’amministrazione di destra d’ispirazione sovranista ed identitaria. All’assessore all’Ambiente del Comune di Ceccano Riccardo Del Brocco va riconosciuto il merito di avere compiuto un’operazione con la quale disinnescare questa contrapposizione.

Lo scrimine è ancora più sottile. Perché c’è da sempre a Ceccano un clima da usurpazione ideologica: è come se Fratelli d’Italia avesse il diritto di governare dovunque ma non in quella città operaia e lì in municipio ci fosse finita solo per una distrazione del destino. E non con un’elezione che ha detto per ben due volte e con una chiarezza adamantina che quella sinistra ha fatto il suo tempo. E se vuole tornare ad essere forza di governo deve risintonizzarsi sui tempi.

Riccardo Del Brocco ha ideato e voluto lo scorso fine settimana l’iniziativa In Vino Vetus, percorso enogastronomico organizzato in centro per la valorizzazione di prodotti e tradizioni locali. Bagnata da Cesanese del Piglio e Passerina del Frusinate, vini tipici e di qualità offerti gratuitamente. Dove sta l’operazione intelligente? (Leggi qui: “In Vino Vetus”, Ceccano si riscopre Comunità).

Nell’avere mantenuto il Dna del suo fronte politico, puntando sull’identità di territorio e la sua promozione. Al tempo stesso, mettendo tutto sulla chiave della socialità: iniziativa popolare che coinvolga tutti in maniera trasversale. È stato questo il grimaldello con cui Fratelli d’Italia ha scardinato decenni di schemi politici nazionali: appropriandosi di quel concetto di socialismo che finora erano esclusiva dei movimenti della sinistra ma che invece erano nel patrimonio genetico di un Partito che il suo movimentismo ‘sociale‘ lo aveva fin dal nome e dal cui terreno di coltura è germinata Fratelli d’Italia.

Corretto o infondato che sia sul piano della dottrina politica, resta il fatto che una parte del voto delle masse si sia spostato in maniera determinante alle scorse elezioni. E Riccardo Del Brocco con In Vino Vetus ha avuto l’abilità di mettere in campo un’iniziativa strutturata in maniera assolutamente sociale e trasversale. Con cui disinnescare quell’aura di usurpazione della destra in una città di sinistra. Lo dimostrano le migliaia di persone che hanno partecipato, sentendo come di tutti quell’iniziative e non di una parte politica.

Cin cin a calici levati.

FLOP

SELVAGGIA LUCARELLI

Selvaggia Lucarelli © Imagoeconomica / Benvegnu’ Guaitoli

No, assolutamente no: Selvaggia Lucarelli non può essere additata come “correa morale e mediatica” del suicidio di Giovanna Pedretti. Cioè della titolare di una pizzeria a Sant’Angelo Lodigiano che aveva postato e condannato una presunta recensione omofoba e contro i disabili. Caso mai la giornalista e giudice televisiva ha una responsabilità più sottile di cui oggi è totem indiretto e che investe un aspetto su cui dovremmo riflettere tutti.

Quello della distanza tra i “laqualunque” e chi sui social ribadisce già una sua dimensione gagliarda di notorietà. Nelle primissime ore del mattino di ieri, chiamata in causa per la “gogna mediatica” sulla donna in questione, Lucarelli ha dovuto precisare alcune cose. Ha dovuto farlo perché i dubbi sulla veridicità di quel post diventato a sua volta icona etica e (presunto, molto presunto) input ad un gesto estremo li aveva espressi lei.

“La gogna di cui qualcuno sta parlando, è stata: un servizio di un tg, un post sui social, una storia su Instagram. La signora non è stata ‘sommersa’ da insulti, ma non si riesce mai a raccontare la verità”. E ancora: “In questa triste vicenda ci siano tre protagonisti: a) una persona che purtroppo ha pensato di inventare una storia sfruttando gay e disabili per finire sui giornali. b) I giornali che non hanno verificato la veridicità di uno screen così falso da essere pure ingenuo e hanno spammato su tutte le home la signora con lodi e interviste”.

“E dandole una popolarità enorme e spropositata in poche ore. c) Una persona che per amor di verità fa un asciutto debunking e spiega che la storia è falsa”. Tutto vero, ma manca un fattore: quello della distanza, di una unità di misura quasi metrica per cui chi azzardasse o addirittura imbastisse la sua mezz’ora di notorietà sui social non ha la stessa scorza di cui su social e mainstream ci sta da nume tutelare.

Perciò il guaio, guaio grosso di cui oggi Lucarelli è icona di categoria, è l’impossibilità ormai patologica di capire una cosa. Che a volte non serve la contraerea contro le categorie complesse che sfruttano un dato contesto, perché i proietti potrebbero colpire chi voleva solo una piccola fetta di palcoscenico globale. E volerla, anche a costo di “taroccare”, non è né reato né peccato. E’ solo il mondo come lo abbiamo approntato oggi, tutti.

Ci cadiamo tutti, e questo vale per Lucarelli, per noi e per tutti quelli che in futuro faranno del debunking una crociata da sciabola e non uno sfizio da bisturi.

Arretriamo, tutti.

EUSEBIO DI FRANCESCO

L’amarezza di Eusebio Di Francesco sul 3-0 (Foto: Michele Maraviglia © Ansa)

Premessa: il mister non si discute, il Frosinone non si discute, i canarini stanno affrontando sul campo autentiche corazzate del calcio europeo. E sia detto con chiarezza: quando il Frosinone ha la lucidità per giocare da Frosinone riesce anche a suscitare ammirazione.

Di più ancora: la partita giocata ieri a Bergamo ha messo il Frosinone di fronte ad un’Atalanta che è tra le formazioni più in salute del momento. Vincere avrebbe rappresentato un’impresa oltre ogni immaginazione: ma il pallone è tondo e decide dove vuole rotolare.

Fatte queste premesse, la gara di ieri impone una riflessione: non tecnica ma caratteriale. Perché la Champions del Frosinone è la salvezza e non la Zona Uefa e le gare vanno affrontate con questo spirito e questa consapevolezza. Meglio di chiunque altro lo disse un totem del calcio nazionale, il mitico Orfeo Pianelli presidente del Toro che vinse lo scudetto: ai suoi calciatori che uscivano dallo spogliatoio diceva “Potete anche perderla questa partita, ma quando rientrate qui dovete avere la maglia sporca di fango, avere rivoltato ogni zolla del campo e possibilmente avere anche scheggiato la traversa”.

Questa tigna, che portò i tifosi ad applaudire dalla curva i calciatori del Frosinone appena retrocessi, è l’anima che farebbe piacere rivedere. Reagire. Sempre. E non restare annichiliti. Il 5-0 di ieri poteva anche starci: ma con un Frosinone che si fosse proiettato in avanti all’arrembaggio per onore di maglietta. Invece 15 reti incassate nelle ultime quattro gare, 5 Ko di fila e ben 8 di seguito lontano dallo Stirpe, sono un segnale di arrendevolezza. Inconciliabile con lo spirito del Frosinone.

Sia chiaro ancora una volta: il Frosinone si sta confrontando con colossi del calcio continentale e lo sta facendo con una formazione che ha bisogno di riassetti. Ci sta tutto: a condizione di vedere tigna e sudore.

Questione di tigna.