Top e Flop, i protagonisti di martedì 6 febbraio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 6 febbraio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 6 febbraio 2024.

TOP

ANTONIO MONFELI

Fin dall’inizio delle proteste in trattore si era capito che lui non era disposto a farsi implotonare da una parte politica. Antonio Monfeli, tra i leader più “sul pezzo” della protesta degli agricoltori, le cose le aveva messe in chiaro da subito. Ed in un video aveva spiegato che non c’erano gioghi a servizio di FdI o Lega, in quella scelta.

E che chiunque liberamente si facesse aggiogare non parlava nel nome dei reali temi e problemi da affrontare e risolvere. Insomma, Monfeli aveva tolto dalle mani della politica il giocattolino di un malumore che pareva diventato destriero da cavalcare o poltrona su cui poggiare cappello.

Oggi è la giornata di sunto e focus della “marcia su Roma” dei trattoristi, quella con cui il mondo dell’agricoltura è andato a bussare anche alla porta del Governo. Lo ha fatto dopo i fatti di Bruxelles e dopo una prima lettura di comodo per cui tutti i guai della categoria sarebbero stati solo made in Ue. Il leader viterbese aveva già fatto sapere ieri pomeriggio che il comitato avrebbe inviato un comunicato alla Questura di Roma. Lo scopo? Far conoscere i dettagli della protesta.

Antonio Monfeli

Monfeli è stato netto: “Andremo tutti a Roma per rivendicare i nostri diritti. E per chiedere alla premier Meloni e all’Europa il perché di questa situazione che ci sta soffocando”. E che quella di Monfeli sia una battaglia che non lascia adito agli strusci della politica opportunista lo si è capito quando chiaramente sono stati enunciati i tre target che lui ed i suoi sodali si propongono di raggiungere.

Li ha enunciati La Stampa. “L’Europa, e le sue politiche green ‘devastanti per il nostro settore’”. Poi il nocciolo della vicenda. “La Coldiretti, ‘che non ci rappresenta più’”. Infine colui che per Monfeli è stato più pervicace e goffo nel poggiare il cappello: “Il ministro Lollobrigida, che ‘ha fatto governare la Coldiretti e fa le dichiarazioni che fanno loro’”.

In attesa della soluzione-tampone con cui la Lega ha fiutato l’aria e presentato un emendamento al decreto Milleproroghe per intervenire fiscalmente, Monfeli va avanti per la sua strada.

Dritto, a Roma, e a differenza d’altri illo tempore lui non vuole il beneplacito di nessun re.

Leader libero.

LUCA FANTINI

Luca Fantini

Le operazioni di facciata durano poco: il tempo di una vittoria, non molto di più. Come dimostra l’elezione di Vittorio Sgarbi a sindaco di Arpino. Scelto sulla base di un solo fattore: la convenienza. Legata al suo essere Sottosegretario alla Cultura e quindi alla possibilità di dirottare verso la città di Cicerone finanziamenti strategici per lo sviluppo culturale del territorio.

La sostanza si è vista dopo il successo elettorale: quando è stato il momento di governare. Vittorio Sgarbi ha indossato la fascia tricolore e poco di più: nessuna traccia dei grandi progetti che dovevano prendere forma. In aggiunta, il nome di Arpino si è ritrovato abbinato alle intemerate del suo sindaco. Ora che Giorgia Meloni ha deciso di dimissionarlo non è più Sottosegretario: è venuto meno anche l’elemento principale che aveva indotto alla sua candidatura.

Vittorio Sgarbi dalla sarta

Ad invitarlo a guadagnare l’uscita anche ad Arpino è stato il Segretario provinciale del Partito Democratico di Frosinone Luca Fantini. Ha chiestole dimissioni di Vittorio Sgarbi da sindaco di Arpino. “Mentre è in corso la stucchevole ‘negoziazione’ per la dimissioni da sottosegretario tra Sgarbi e il governo Meloni, credo che il critico d’arte debba velocemente rassegnarle da sindaco di Arpino”.

Dimissioni che Fantini non mette in relazione alla delibera dell’Antitrust o alle altre questioni di carattere giudiziario. Ma si riferisce esclusivamente a motivazioni politiche: “la lunga agonia cui fa riferimento Sgarbi in merito all’uscita dal governo, purtroppo è la stessa che stanno vivendo quotidianamente i cittadini di Arpino a causa di un sindaco assente, che non dà risposte alla comunità, che gioca a fare il primo cittadino di uno dei territori più rappresentativi della provincia di Frosinone senza alcun rispetto per la storia e l’importanza della Città di Cicerone“.

I sindaci forestieri hanno le gambe corte.

FLOP

BENEDETTO LEONE

Benedetto Leone e Fabio Tagliaferri

Le giocate ‘di classe‘ non sono adatte a tutti i campi di gioco: si corre il rischio che non vengano capite, soprattutto lì’ dove si è abituati al catenaccio ed a lanciare la palla in avanti confidando nei polmoni buoni. L’ex vicesindaco di Cassino Benedetto Leone è stato tra i protagonisti di una delle migliori giocate da fuoriclasse della politica che si sia vista a Cassino. Talmente raffinata che in molti ancora oggi non l’hanno capita.

Andiamo alla moviola e facciamo scorrere indietro il nastro. Torniamo allo scorso autunno, cioè a quando iniziano le trattative per creare la coalizione di centrodestra da contrapporre al sindaco uscente Enzo Salera. Fratelli d’Italia reclama la guida del tavolo e manda il commissario Fabio Tagliaferri: non proprio l’ultimo dell’elenco. Benedetto Leone capisce che è un tentativo di assedio al fortino con i voti che hanno fatto diventare assessore regionale Pasquale Ciacciarelli e che saranno determinati per proiettare l’ex presidente del Consiglio Regionale Mario Abbruzzese verso Bruxelles. La partita non è tanto per le Comunali ma per chi del centrodestra controllerà quella piazza.

È lui a sfidare Fratelli d’Italia, indicando le urne delle Primarie per fare una conta all’ultimo voto con cui legittimare il candidato. Una sfida che FdI sa di non poter sostenere e per questo sceglie di stare sul campo della sintesi politica e dell’accordo tra Segreterie. In realtà le Primarie servono solo a delegittimare l’azione portata avanti da Fabio Tagliaferri e preparare uno schieramento alternativo a quello di FdI. Salvaguardando il fortino leghista.

Arturo Buongiovanni jr

Leone spinge al massimo dei giri la macchina delle Primarie. Ottenendo un effetto politico micidiale: Fratelli d’Italia dovrà indicare un nome da candidare come sindaco di Cassino. Ma a quel punto dovrà salutare ogni velleità di esprimere prima o la candidatura del candidato sindaco a Frosinone: alla quale proprio Fabio Tagliaferri pensa da tempo. Perché se FdI indica il sindaco a Cassino è chiaro che non potrà pretendere di farlo anche a Frosinone.

L’uscita di Fabio Tagliaferri dalla scena per andare a guidare ALeS SpA azzera il campo. E consente di lanciare due nomi di convergenza. Il primo è quello del bocconiano Gianrico Langiano sul quale si apre il fuoco di sbarramento, il secondo è quello del presidente del Movimento per la Vita Arturo Buongiovanni jr. Che verrà presentato come candidato sindaco oggi alle 18. Sostenuto da Lega e Forza Italia: FdI se non accetta si autoisola e va alla conta sulla piazza di Cassino; i primaristi se non si aggregano vanno verso una conta di retrovia che difficilmente potranno sostenere senza l’appoggio logistico di Leone; con il rischio di raccogliere numeri marginali. Che andrebbero a confermare la bontà della scelta fatta da Leone.

Una strategia che era prevista fin dal principio. E che ha mandato tutti fuoristrada. Obbligandoli ora a percorrere l’unico ponte a non essere minato. Quello creato da Leone per puntare su Buongiovanni jr.

Giocata di alta classe su un terreno di periferia.

GIORGIA MELONI

I tumulti del mondo agricolo non sono più solo dardi contro Bruxelles ma ormai si sono fatti borbottii forti anche contro Roma. Perciò Giorgia Meloni, prima di involarsi per Tokyo, è corsa ai ripari e sta facendo sapere praticamente all’universo mondo che il suo governo c’è. Il mezzo guaio è che la premier lo sta facendo con una rutilanza che semina non pochi sospetti.

Il primo tra i quali è quello per cui Meloni teme di perdere il brand di “governo amico e sodale” con gli agricoltori. Cosa questa che renderebbe la prevista messe di voti alle Europee roba molto più flebile e ondivaga di quanto i piani di FdI in particolare non abbiano già squadernato.

Ecco perché, già da Catania, era partito il loop della premier sui danè ad una categoria a cui qualche danè lo aveva tolto anche lei nella legge di bilancio, in quota esenzioni Irperf. Solo che quando era passata non c’era ancora traccia dell’input alla miccia partito dalla claudicante Germania. “Le risorse del Pnrr dedicate al mondo degli agricoltori passano a 8 miliardi di euro”.

Da quanto si legge Meloni lo ha annunciato già da quel di Catania. La premier era in visita ad una Giga Factory, la 3Sun del gruppo Enel. “La scommessa è far diventare Catania uno dei poli più importanti nel settore dei pannelli fotovoltaici”. Soffermiamoci un attimo sul contesto. La premier arriva, mette suggello alla riscossa green del Sud e sconfessa ogni assistenzialismo per tamponare il regalino alla Lega, cioè l’autonomia differenziata.

Poi, se vogliamo un po’ fuori contesto, tira fuori il pagliaccetto degli 8 miliardi all’agricoltura, che è roba di fattoria, non di factory. Insomma, l’impressione è che la Presidente del Consiglio abbia voluto correre ai riparti con un annuncio-tampone per evitare di essere cacciata via dalla casella di neutralismo rispetto ai guai del mondo agricolo.

E che lo abbia fatto con fretta, approssimativamente ed usando come totem soldi europei peraltro da venire in V rata, creando quindi un ossimoro, si è visto. Tutto.

In affanno sul tema.