Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 24 aprile 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 24 aprile 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 24 aprile 2024.

TOP

VITO BARDI

Vito Bardi (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Prima il dato crudo e notorio: Vito Bardi, già generale e candidato per il centrodestra nella Regionali in Basilicata, è stato confermato Presidente. Il voto attivo dei cittadini lucani gli ha assegnato il 56,63%. Lo sfidante più accreditato, Piero Marrese del centrosinistra, ha ottenuto invece il 42,16% dei consensi. Eustachio Follia ha avuto invece l’1,21%.

Poi il dato partitico: Fratelli d’Italia è stato il Partito più votato, con il 17,39%. Il Partito Democratico si piazza secondo in gradimento d’urna con il 13,87%. Infine i dati di coalizione, i più interessanti e quelli forse meno scontati: nel centrodestra Forza Italia ha avuto 13,01% dei voti. La Lega non è andata oltre il 7,81% dei consensi ed Azione, che aveva appoggiato Bardi, ha avuto il 7,51%.

Chiosiamo con Tgcom: “Nel centrosinistra il Movimento 5 stelle ottiene il 7,66%, dietro a Basilicata casa comune (11,18%)”. Vito Bardi dunque ce l’ha fatta e non pare una gran novità.

La Lega ai minimi storici
Vito Bardi (Foto: Saverio De Giglio © Imagoeconomica)

Quello che però è stato “nuovo” è il “lessico da alloro” che il vincitore ha usato subito dopo la conferma della vittoria stessa. Con un’affluenza intorno al 49,80% Bardi ha detto: “Voglio ringraziare i lucani per la fiducia che mi hanno accordato, per la seconda volta”. Roba di prammatica dunque, ma la polpa è arrivata dopo.

“Una grande responsabilità che sento verso tutti loro. Anche verso i lucani che non mi hanno votato o che non si sono recati alle urne. Primo segnale politico: ci sono stati molti astensionisti e il neo governatore si è rivolto a loro, di solito lo fanno quelli che le hanno “buscate”, invocando il loro defilarsi come nesso eziologico di una sconfitta da emendare.

Bardi poi ha affondato: “L’affluenza ha sicuramente penalizzato il centrosinistra, che ne è anche in parte la causa”. Qui il “governatore-bis” ha compiuto il suo primo gesto politico e prima ancora di prendere ufficialmente servizio, dimostrando di essere uno “non di primo pelo”.

“Spettacolo triste” della sinistra

E ha detto: “Gli elettori hanno sanzionato lo spettacolo triste che la sinistra ha messo in campo negli ultimi mesi. Hanno perso perché loro parlavano di Bardi mentre noi della Basilicata”. Capito? Bardi non solo ha vinto ed ha espresso rammarico per chi non ha esercitato il diritto di voto.

No, lui ha fatto trapelare anche la lettura – maligna e mezza veristica – per cui a votare non ci sono andati i sodali degli avversari, in evidente credito di grip. E così se li è briscolati due volte: nell’urna e nel mainstream del dopo urna.

Implacabile, furbo, imbattibile.

SARA BATTISTI

Sara Battisti

Più del contenuto è la forma, questa volta, ad essere importante. È il chi a mandare segnali più importanti del cosa. Anche perchè la cosa puzza molto di pretesto: il famigerato monologo di Scurati che si ritiene sia stato censurato dalla Rai ma è stato letto in onda e addirittura pubblicato sulle sue pagine social dalla premier Giorgia Meloni.

Innegabilmente, il modo pedestre con cui la Rai ha gestione la cosa ha plasmato un pretesto perfetto per poter gridare alla censura, attribuendone la paternità ad un governo di destra. Ed in questo pensiero dominante, guai a chi non è presente in prima linea. (Leggi qui: Da Capri parte il peana dell’occidente. Aspettando il 25 aprile).

Ecco allora perché è più importante il chi del cosa. E nelle ore scorse c’è stata chi ha preso la parola in Regione Lazio “a nome del gruppo del Partito Democratico, in relazione a quanto accaduto in Rai, per leggere il monologo di Scurati censurato indegnamente. Perché ritengo che quest’Aula, che è anche figlia delle battaglie che in questo Paese hanno portato alla libertà e alla democrazia di tutti a due giorni dal 25 aprile, debba ascoltare queste parole”. Chi ha preso la parola? La consigliera regionale Sara Battisti.

Antonio Scurati (Foto: Ermes Beltrami © Imagoeconomica)

In questa ondata di indignazione per la censura a Scurati, le iniziative a sostegno di quel testo si succederanno fino al 25 aprile. Poi l’onda finirà e si cercheranno cose più fresche sulle quali fare i titoli. Ma nel frattempo saranno infinite le letture. Ecco perché è importante chi: chi viene delegato a leggerle. Perché è chi rappresenta: un Gruppo, un Partito, una corrente di pensiero, una visione delle cose. Ed a rappresentare il Pd d il suo gruppo in regione è stata Sara Battisti.

Simboli militanti.

FLOP

ELLY SCHLEIN

Elly Schlein (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

“Togli la cera, metti la cera”: lo diceva in loop il maestro Myagi al suo allievo in Karate Kid. Tutto questo mentre il povero ragazzino si faceva un “mazzo” così nell’apprendere il segreto di una pazienza che non aveva. Ecco, magari ad Elly Schlein più che un armocromista servirebbe un sensei politico. E sarebbe comunque già una mezza sconfitta, per la segretaria dem, visto che da una leader ci si aspettano lezioni, non che ne abbia bisogno lei.

Il nome nel simbolo anzi no, niente nome nel simbolo. In sole 24 ore la Schlein è riuscita a far incazzare tutti. Quelli che le contestavano di aver piegato un partito collegiale al leaderismo quando ha deciso di mettere il nome sul simbolo per le Europee.

Tutti spiazzati dalla sua condotta
Elly Schlein (Foto: Fred Marvaux © Eu Press Service)

Quelli che le contestano di avercelo tolto per togliere la faccia da una (probabile) sconfitta e che aspettavano solo quello per esautorarla a ragion veduta. Infine quelli che, vedendola basculare tra la decisione A e la decisione B, hanno rafforzato il loro convincimento primevo.

Quale? Quello per cui Elly Schlein non pare esser ciò che serve al Pd, e per cui il Pd pare proprio non essere quello che completa il nerbo politico di Elly Schlein. Cose che succedono quando ti vota una base foresta, e quando ti ritrovi a guidare un partito senza esserne la “summa” nelle sue già multiformi ed agguerrite anime.

Alla fine Schlein ha ceduto alla slavina di giudizi negativi sui social. E conscia del fatto che la sua candidatura aveva già messo in difficoltà molte candidate donna per l’alternanza di genere, ha desistito.

Come? Con il solito pannicello caldo di una dialettica-brodino in cui una cappellata la fai passare come esito di una ferace dialettica. “E’ stato proposto di inserire il mio nome nel logo, si è aperta una bella discussione”. Bella nzomma…, visto che molti si sono fatti venire le convulsioni, cara Elly. Perché il Pd è di tutti in pari fetta, almeno su carta, e non vuole identitarismi.

L’annuncio-pannicello caldo
Elly Schlein e Giuseppe Conte a Firenze (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

“Ringrazio chi ha fatto questa proposta, ma penso che il contributo lo possa dare correndo accanto a loro, in questa lista. Di una proposta più divisiva che rafforzativa e non ne abbiamo bisogno. Il sunto è stato: io ci provo così stacco un ticket di intoccabilità nel dopo voto se ottengo il 20/21%. Poi però capisco che a quella percentuale col mio nome o non ci arrivo o ci arrivo coi lunghi coltelli ai reni, perciò desisto.

Così senza il mio nome se le buschiamo le avremo buscate tutti e nessuno potrà chiedere la mia testa a fine giugno. Di per sé non è sbagliato, ma è mestamente ibrido.

Perché quello non è stato né il lessico di una leader, né quello di una servizievole delegata. E’ stato lessico da sussidiario.

L’hanno vista tentennare.