Top e Flop, i protagonisti di sabato 27 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 27 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 27 gennaio 2024.

TOP

MATTEO RICCI

Matteo Ricci (Foto: Marco Cremonesi © Imagoeconomica)

Non poteva che essere soddisfatto, anche se da una posizione che a ben vedere lo mette concettualmente alla pari dell’avversario Mario Abbruzzese, che sul tema è soddisfattissimo. Tuttavia l’ossimoro rappresentato da Matteo Ricci è forse il sintomo più chiaro di una politica che pare essersi finalmente convertita al funzionalismo, abbandonando gli steccati ideologici e di bottega.

Ha detto il sindaco di Pesaro che è dem e “poco dem” al contempo: “Bene il decreto approvato in Cdm, relativo al terzo mandato per i sindaci dei Comuni entro i 15mila abitanti, finalmente si esce dall’incertezza, dopo mesi. Si sente tutto, il lessico opportunista (in senso buon) del Presidente di ALI-Autonomie Locali Italiane.

Si sente al punto tale che a questo punto Ricci rilancia: “Dopodiché bisogna riflettere sul fatto che, su circa 8mila Comuni italiani, rimarrebbero esclusi dal provvedimento 736 Comuni, sopra i 15mila abitanti. Insomma, ci sono nodi legiferativi che per loro natura richiedono uno sforzo maggiore, ecumenico, diremmo.

E Ricci lo ha spiegato: “Non si capisce, pertanto, perché questa stessa norma non debba valere anche per questi ultimi Comuni, che rappresentano circa un decimo del totale. Poi la botta di benaltrismo a metà strada tra retorica e situazione contingente: “Inoltre, non esistono limiti di mandato per il Presidente del Consiglio. E per i ministri, per i parlamentari italiani, per i parlamentari europei”.

Il dato è che “il limite vigente rimane solo per i sindaci dei Comuni sopra i 15mila abitanti. Guardando all’Europa, infine, l’unico Paese che impone limiti è il Portogallo, che consente tre mandati consecutivi.

La pezza Ue ci sta tutta perché funziona e va in endorsement con le linee generali di bottega, nazionale e larga. “Sarebbe dunque, opportuno, allineare il nostro ordinamento all’Europa”. E così in petto a Ricci stanno bene tutte e due le sue anime: quella dem e quella amministrativa di rango.

Funzionalista.

VINCENZO FORMISANO

Vincenzo Formisano

Hai voglia a ripetere fino all’ossessione che quello messo in campo è un rinnovamento nella tradizione. Lo sbarco della Banca popolare del Cassinate sulla piazza di Roma è una di quelle operazioni destinate a segnare la storia dell’istituto di credito. Tanto quanto l’intuizione che ebbe il senatore Pier Carlo Restagno nel favorirne la costituzione. E tanto quanto la capacità di presidentissimo Donato Formisano di consolidare quell’istituto predicando ad ogni passo che occorreva prudenza e concretezza “perché la formica quando vuole morire mette le ali”. (Leggi qui: La formica Bpc apre il suo nido a Roma).

L’acquisto del palazzo liberty di via Mercadante 22 a Roma, icona del quartiere Parioli, è una di quelle operazioni che possono facilmente essere scambiate per un tentativo di mettere le ali. A tenere le gambe di Bpc saldamente a terra ci sono la tradizione osservata in maniera ortodossa dal successore del presidentissimo il professor Vincenzo Formisano. E l’innovazione ponderata dal direttore generale Roberto Caramanica, uno che in Bankitalia ci si è fatto le ossa e conosce alla perfezione il solco dentro il quale si cresce con misura e quello oltre il quale si mettono le ali rischiando di morire.

I segnali lanciati con il workshop tenuto ieri in Campidoglio sono chiari. C’era il sindaco Roberto Gualtieri, c’era l’ex sottosegretario a Palazzo Chigi Gianni Letta, c’era l’economista Carlo Cottarelli, il vice presidente degli industriali italiani Maurizio Stirpe, il mondo bancario ed accademico, moderato da Bruno vespa. Una presentazione di altissimo profilo. Ma con un messaggio di umiltà: noi siamo quelli del poco a molti e non del molto a pochi. Più chiaro di così…

L’orgoglio della formica.

PASQUALE CIACCIARELLI

Pasquale Ciacciarelli e Mario Abbruzzese

Il sapore della beffa lo aveva sentito tutto. Perché avere 14mila persone che scrivono il tuo nome su una scheda e vederti superato da uno che di preferenze ne ha portate a casa molte di meno non è una sensazione piacevole. E non mitiga neanche un po’ quel saporaccio la questione delle percentuali, dei resti e del Metodo di Hondt per l’assegnazione dei posti in Consiglio Regionale del Lazio. Pasquale Ciacciarelli ha lo stomaco ispessito dagli anni di politica. Solo per questo è riuscito a mandare giù un boccone di quel tipo, al termine delle scorse elezioni Regionali del Lazio.

Anche se ci sono bocconi che una volta spinti a forza giù per l’esofago, restano comunque lì sulla bocca dello stomaco. Per provare a digerirli, Pasquale Ciacciarelli ha letto e riletto le note alla legge elettorale regionale: che per ironia del destino o provvidenziale fortuna venne scritta dal suo maestro Mario Abbruzzese. È lì che ha trovato la conferma ai suoi dubbi. E cioè che i conti per l’assegnazione del seggio sono stati fatti male. Male perché non sono stati conteggiati in maniera corretta i voti al suo Partito.

Il Consiglio di Stato ha detto che i suoi dubbi hanno un fondamento. Ed ha disposto il riconteggio dei voti in provincia di Frosinone. Con un potenziale effetto domino. Perché l’elezione di Pasquale Ciacciarelli in Aula solleverebbe Francesco Rocca dal dovere morale di ristorarlo con un assessorato in giunta; spalancherebbe la porta alle rivendicazioni di Forza Italia che con l’acquisizione di tre Consiglieri ha raddoppiato la sua forza in Aula ed ora reclama un assessorato; consentirebbe alla Lega di opporsi: perché al posto di Angelo Tripodi (migrato alla corte di Antonio Tajani) entrerebbe in Aula proprio Ciacciarelli che di tornare sulle linee azzurre non ci pensa proprio.

La mossa giusta al momento giusto.

FLOP

ELLY SCHLEIN

Elly Schlein (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

Per oggi è attesa a Cassino, in Aula Pacis ed in Sala Restagno. E rumors dell’ultimo minuto la darebbero anche come presente “a sorpresa” ad un compleanno molto importante per la Città Martire. Importante su un fronte a lei caro ma sul quale tema ha idee leggermente divergenti dal festeggiato. Insomma, Elly Schlein è partita all’attacco per le Europee 2024 ma con qualche remora residue da sanare.

Quale? Per paradosso quella con cui aveva dato l’ultimo segno di debolezza prima di una piccola stagione di marcato recupero culminata con il question-time-duello con Giorgia Meloni. I segnali di ripresa ci sono ma permangono quelli di una mancata messa a fuoco che la segretaria dem farà bene ad equalizzare.

Quali? Innanzitutto quello dello stare in scia con istanze e strategie che sembrano rimandare (o emulare) la linea di Maurizio Landini. Schlein sembra ancora più una sindacalista radicale che una leader votata alla mediazione tra le anime del suo Partito. Un Partito spaccato ancora una volta dopo il caso della consigliera dem rimossa per aver votato contro il fine vita in Veneto. “Siamo pronti alla mobilitazione e non escludiamo nessuno strumento”. Questo ha detto su un tema che, a prescindere dal mood, è importante e sembra essere diventato cardinale: la sanità.

E nel novero delle battaglie identitarie del Pd spicca anche il salario minimo. Tutto bene? “Nì”. Perché ad esempio la mozione sul Medio Oriente approntata con cura certosina è sì sintomo di ripresa rispetto quella, controversa, sull’Ucraina. Tuttavia per paradosso è anche segnale dell’errore commesso in precedenza. Stavolta però Schlein ha fatto le cose “per bene”.

AdnKronos spiega che quella mozione “Poteva essere una nuova mina. Come lo è stato il voto sull’Ucraina con la fronda di alcuni parlamentari tra Camera e Senato. E allora stavolta, a differenza di quella occasione, Schlein ha convocato una riunione congiunta dei gruppi per parlarne. Tutto bene dunque? Certo, ma a Schelin servirà più tempo per registrare i suoi passi falsi che per equalizzare le mosse giuste, dove le seconde forse per la prima volta superano i primi.

Da un punto di vista generale è un bene, ma in campagna elettorale “il particolare” fa peso, massa e curriculum. Specie per un partito che punta alla credibilità totale come alternativa al destracentro, roba da otto in pagella e non si scende per questioni di media.

E si spera che la discussione generale sulla mozione, calendarizzata per lunedì 29 gennaio, dia frutti compatti. Perché oggi Elly Schlein a Cassino ci arriva con una nuova verve e con vecchia ombre. Quale delle due prevarrà lo potrà decidere solo lei.

Sei politico, per ora.

AUGUSTA MONTARULI

Augusta Montaruli

Dopo le note e cassate vicende è passata da un ruolo istituzionale ad uno politico, quello di vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati. Augusta Montaruli ha sempre fatto parte di una cerchia ideale di persone che a Giorgia Meloni piacciono “a prescindere”. Sono quei tipi umani che fanno dell’arrembanza retorica e del cosiddetto “attacchismo” totem imprescindibili.

Cos’è l’attacchismo? In retorica è la capacità in politica di buttarla sempre in cagnara ma con una precisa rotta. Cioè quella d dipingere sé ed il partito in cui si milita come ex reietti diventati scomodi e quindi sempre accerchiati da nemici che attaccano. E per converso, quando si tratta di elogiare tipi umani e sistemi complessi che vanno in endorsement con gli ex “underdog”, si cade sempre nelle categorie emotive. E si commettono errori.

Come ha fatto la Montaruli in queste ore parlando di migranti ed Albania. “Le sinistre si sentono europeiste solo quando l’Europa bacchetta l’Italia. Mentre quando l’Ue sostiene che l’accordo con l’Albania è in linea col diritto comunitario, si voltano dall’altra parte”. Il liscione ci sta tutto, e Montaruli prosegue: “Il merito del governo Meloni è quello di aver voluto di ridisegnare una nuova politica per l’immigrazione. Prima aumentando i flussi e la possibilità di ingresso in Italia attraverso i canali legali, poi attraverso il memorandum con la Tunisia volto al blocco delle partenze, che sta dando i suoi frutti a distanza di mesi.

Rama il “francescano”

I dati dicono che è falso, ma la narrazione retorica ed il sigillo di garanzia del nome della premier funziona. Un po’ come il “senza zuccheri aggiunti” nei succhi di frutta che di zuccheri sono pieni comunque. “Così come la più grande opera di solidarietà con l’Africa è il Piano Mattei voluto dal governo Meloni”.

Il capolavoro al contrario era in agguato ed è arrivato: Il presidente Rama e il popolo albanese stanno realizzando nei confronti dell’Italia il più grande atto di solidarietà sull’immigrazione. L’Albania sta facendo semplicemente con noi quello che altri Paesi avrebbero dovuto fare con altre nazioni”. Ora, parlare di solidarietà di Tirana verso Roma fa tanto ridere che alla fine nessuno ci fa caso.

Perché il quadro di Montaruli sarebbe quello di una Ue sorda e di un’Albania che come San Martino taglia il mantello in due per il poverello. Ed ovviamente non è così, perché il ruolo dell’Albania nei piani di Meloni è compensato, compensato tanto, anche se indirettamente. E se Montaruli parla di “solidarietà” allora le è venuto un “attacco di attacchismo” anche a lei.

Più Erodoto che Tucidide.