Top e Flop, i protagonisti di venerdì 12 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 12 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 12 gennaio 2024.

TOP

LUCIANO D’AMICO

Luciano D’Amico

C’è una quadra che il Partito Democratico cerca da tempo, e che cerca per arrivare a contare senza contarsi solo in casa. E’ di fatto una quadra obbligatoria, a tener in considerazione i numeri del destra-centro, e Luciano D’Amico è colui che quella “summa” oggi la rappresenta al meglio. E’ ufficiale infatti: per le elezioni regionali in Abruzzo che si terranno il 10marzo ed in cui andrà sfidato il governatore uscente di FdI Marco Marsilio sarà D’Amico a correre.

Correre con un magnetismo di rappresentanza al paragone del quale il campo largo battezzato da Nicola Zingaretti pare un’aiuola da case Gescal. L’ex rettore dell’università di Teramo Luciano D’Amico, che è anche Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, rappresenta una sorta di miracolo vivente.

L’accademico ha messo infatti tutti d’accordo, ma proprio tuttitutti eh? Per lui voteranno Pd, M5s, Iv, Azione e liste civiche. A benedire l’accordo arriverà Elly Schlein domani. Lo scopo, come spiega AdnKronos, è “allargare il più possibile le alleanze in modo da presentare una proposta alternativa competitiva al voto amministrativo”.

E c’è un dato tutto regionale che è anche sintomo (o stimolo) al quadro nazionale. Quello per cui “finora mai in un appuntamento elettorale così importante come le regionali il centrosinistra si è compattato in questa maniera”. E perciò “con l’Abruzzo che di conseguenza potrebbe essere una sorta di laboratorio per le strategie future delle attuali forze di opposizione”.

Che sia candidato-provetta o persona di amplissima capacità di aggregazione D’Amico ha già vinto. Innanzitutto su un certo talebanesimo del centrosinistra, che pur di affermare fumose identità alla fine le prende e resta identitario in ogni sua parte. Identitario ed incerottato.

Campo larghissimo.

DANIELE MAURA e ALESSIO D’AMATO

Il medico pietoso fa la piaga putrida: cruda ma efficace la sintesi dei proverbi. Perché di fronte alle malattie si deve intervenire subito e senza pietà, altrimenti si rischia procedano con il loro corso e la situazione diventi tanto grave da non essere più gestibile. Come nel caso della Reno de Medici di Villa Santa Lucia.

Per essere chiari: non parliamo di una realtà decotta e vicina al collasso. Al contrario: quello stabilimento è RDM Group è il secondo produttore europeo di cartoncino patinato a base riciclata, il primo in Italia in Francia e nella Penisola Iberica. IQuello di Villa Santa Lucia è uno dei 6 stabilimenti del Gruppo: ha una capacità produttiva di 220mila tonnellate, concentrate nel settore Wlc. È un gioiellino.

La prospettiva di chiusura maturata ieri con l’avvio dell’iter di licenziamento collettivo non è uno scherzo. I fondi non usano queste strategia di basso profilo per smuovere le acque: una notizia del genere ha riflessi sulla quotazione del loro brand. Significa che la situazione è seria. E lo è perché dietro c’è un’indagine della Procura, dietro la quale c’è un evidente fenomeno di inquinamento, dietro al quale c’è un evidente carenza nell’iter di pre trattamento degli scarichi. Troppo facile ora dire che la responsabilità sia della fabbrica, di chi ha il controllo della depurazione o di chi ha pianificato. Proprio su questo la Procura sta lavorando: per capire chi non ha fatto cosa e perché. Le risposte, spesso stanno in più luoghi e non sono delle più edificanti.

Alessio D’Amato

In questi casi, la cosa più comoda per la politica è quella di indossare la grancassa e piazzarsi davanti ai cancelli sventolando una bandiera urlando che così non va bene. In parte è quello a cui si è assistito nelle ore scorse. Forse è per questo che si nota l’andamento controcorrente tenuto dai consiglieri Daniele Maura (Fratelli d’Italia) ed Alessio D’Amato (Azione). Sono intervenuti in maniera chirurgica e mettendo in chiaro che la Reno ora si trova sull’orlo di un baratro. Soprattutto mettendo in chiaro che non c’è moltissimo da fare.

La loro posizione politica li mette nella comoda posizione di poter dire che la colpa deriva dalle mancanze di chi c’era prima. Invece Maura e D’Amato nella sostanza hanno detto che la Regione sta facendo il possibile ma non può derogare: c’è un atto della Procura, così come c’è una difesa processuale da parte dell’azienda. Maura ha sollecitato l’impiego di Arpa Lazio per dire subito se le modifiche sui depuratori fatte da Reno siano efficaci o meno. L’intento è quello di agevolare una soluzione. Senza grancasse e con una visione concreta.

Per evitare che tutto vada a rotoli.

FLOP

GIORGIA MELONI

Il braccio di ferro sulla candidatura alle Regionali in Sardegna è un sintomo. Ed è sintomo pericoloso. Quello per cui Giorgia Meloni starebbe marcatamente andando a slavina in una dimensione cesarista che non fa bene all’alleanza di cui è guida. Guida, semmai leader, ma non certo tiranna, e la decisione di Meloni di sfidare apertamente Matteo Salvini di quello sa, di una cosa che richiama molto Onofrio del Grillo ed il suo iconico “io so’ io”.

Attenzione, nei film di Monicelli certe cose fanno ridere, ma in politica nazionale un po’ meno, lì fanno lividi grossi. Sono cose meste che inducono ad una riflessione seria. Se quella che ha imposto Paolo Truzzu come candidato del destra centro in Sardegna in barba all’uscente Christian Solinas su cui punta Salvini è una premier autocrate, che succederebbe in altri casi?

Cioè con la famosa riforma del premierato che Meloni ha in animo di varare nel corso del suo mandato a Palazzo Chigi o nella prospettiva di un Meloni-bis molto probabile? Mettiamola meglio: se “questa” comanda così trucemente sulla base del peso specifico del suo partito, cosa e come comanderà quando dovesse diventare prima ministra plenipotenziaria e blindata?

Da sempre in Italia il potere di rappresentanza percentuale all’interno delle alleanze è sottoposto ad un regola non scritta: non fare come il gallo senone Brenno.

Cioè non esagerare nel far pesare la spada più lunga sul piatto della bilancia. E lasciare quindi che ognuno si gestisca le sue caselle di “potere” secondo una rotta di segreteria, non secondo i desiderata del vertice in purezza. La Lega non è mai andata ad imporre candidati dove ce n’erano già di consolidati ed in forza ad altri partiti alleati, vedere Giovanni Toti in Liguria, ad esempio.

E perfino un “Giulio-Claudio” patentato come Silvio Berlusconi buonanima lasciava margine decisionale. Lo concedeva a partiti che alla sua Forza Italia dei tempi migliori avrebbero potuto spicciare casa, e sapeva che ci avrebbe guadagnato in compattezza.

Poi avrebbe deciso tutto lui, ma dopo quell’hommage formale, così dava l’illusione a tutti di contare e contava solo lui proprio in forza di quella magia perfetta. E soprattutto non si metteva scontenti in casa. Un’illusione che alla Meloni “underdog” non interessa. Perché tra ciò che vuole in petto e che ciò che ottiene alla fine lei non ci sta mettendo più un ingrediente fondamentale: l’equilibrio.

Da “sòra” a marchesa è n’attimo.