Top e Flop, i protagonisti di venerdì 29 settembre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 29 settembre 2023

Top e Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 29 settembre 2023.

TOP

MARIO ABBRUZZESE

A Roma la danno per fatta. E considerano certa la sua candidatura al Parlamento Europeo: con un ruolo da protagonista della Partita e non da riempitura. Mario Abbruzzese torna così primo attore sulla scena politica del Lazio dopo la parentesi dal Presidente del Consiglio Regionale e l’elezione a Montecitorio sfumata in favore della praticamente sconosciuta Ilaria Fontana (M5S) la cui azione sul territorio non è stata particolarmente individuata.

Dietro alla scelta di schierare in lista l’ex uomo forte di Forza Italia ai tempi del binomio con Alfredo Pallone c’è un dato numerico. Sono gli oltre 14mila voti esibiti alle Regionali del Lazio nello scorso febbraio sul nome di Pasquale Ciacciarelli. È un dato impressionante: il numericamente più ricco tra i vari candidati. Chiaro quindi che la Lega abbia deciso di ripartire da un uomo esperto e soprattutto con una macchina del consenso ben collaudata.

A questo punto partiranno gli attacchi per mettere in discussione quella scelta. Ma il presupposto su cui poggia è difficilmente discutibile: per essere eletti a Bruxelles e Strasburgo occorrono le preferenze, il vento di Salvini non soffia più sulle vele dei candidati come invece avveniva cinque anni fa. Allora serve gente capace di mobilitare, convincere, ottenere che il proprio nome venga scritto sulla scehda dagli elettori. È il ritratto di Mario Abbruzzese.

L’uomo buono per tutte le stagioni.

MATTEO RICCI

Matteo Ricci (Foto: Marco Cremonesi © Imagoeconomica)

In Italia da sempre quando qualcuno ritiene di avere qualcosa di fondamentale da dire scrive un libro. Sembra tutto giusto e dorato ma non è proprio così: in realtà si dovrebbe scrivere un libro quando si ha qualcosa di utile da dire. Oppure quando ciò che si dice è flebile o marginale ma lo si sa buttar giù in maniera talmente tonda e bella che va bene lo stesso.

Ecco, con “Pane e politica” Matteo Ricci ha centrato il suo target e lo ha fatto con il format fattosi volume in uscita a novembre: dal Sindaco in famiglia al diario di viaggio. E sarà un “viaggio che diventa libro, una serie di appuntamenti conviviali che si fanno racconto, memoria e promemoria per il futuro politico del Paese”.

Matteo Ricci lo conosciamo: è sindaco di Pesaro, coordinatore dei Sindaci Dem e presidente di Ali – Autonomie Locali Italiane. Ma soprattutto è un esponente dei quei dem a trazione concreta che nella galassia composita del Nazareno servono come il pane, specie di questi tempi. Da Adn Kronos si apprende che “un anno fa ha voluto intraprendere un viaggio nella provincia italiana, dal quale nasce appunto il volume ‘Pane e Politica’”.

Lo edita Paper First e quelle pagine raccoglieranno “le esperienze e le testimonianze raccolte nelle serate in cui Ricci si è confrontato, a tavola, con le famiglie della provincia italiana: da Matera a Legnano, passando per Gualdo Tadino, Camisano Vicentino e Salemi. E ancora: “Pane e Politica affonda le sue radici nell’esperienza locale del Sindaco in famiglia, portata a livello nazionale”.

Un format che si fa mastice di “comunicazione calda e digitale, convivialità e temi di stretta attualità, e che, a breve, si tramuterà in un diario di viaggio”. Perché a volte sì, si ha qualcosa da dire e si hanno i numeri per dirlo senza cadere nel vaniloquio.

Anti-Vannacci?

FLOP

GIORGIA MELONI

Cosa ha colpito in queste ore di Giorgia Meloni che da premier bascula tra consenso e dissenso in maniera quasi fisiologica? Ad esempio il fatto che sull’Europa e sulle Europee lei ci punti molto, dando a volte l’impressione di averci puntato tutto. Il che per un leader maturo è sempre mossa sbagliata, dato che in politica le quote di possibile successo vanno divise per piani. Il Nadef ha dato disco verde a 14 miliardi di base per una manovra che non sarà “lacrime e sangue” ma che qualche pianterello lo promette.

L’argomento a cui invece Meloni sembr aspirare in maniera quasi narcotica? “Il presente e il futuro dell’Europa”. Meloni ha affrontato il tema con i principali alleati ‘sovranisti’ della premier, come il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, quello ceco Petr Fiala e la leader del partito di destra Veri Finlandesi Riikka Purra.

Per Meloni il voto del 2024 è cruciale nell’ottica di una affermazione del centrodestra e in particolare di FdI. “Se i sondaggi di oggi saranno confermati l’anno prossimo dovremmo ottenere 26 europarlamentari”. Questo lo ha detto una fonte ad AdnKronos, ma la fonte dovrebbe riflettere su due dati. Primo: Meloni è capo di un partito fortemente identitario che potrebbe patire la “delusione di ritorno” di una base indispettita.

Secondo: Meloni è in perenne bilico tra sovranismo e mood liberal, cioè tra Ecr e Ppe. Ma sembra non aver deciso ancora da che parte stare nettamente e quale blocco favorire. Il che la rende più vulnerabile di quanto non lasci intendere il suo lessico di ghisa. Ma la manovra 2024 del governo Meloni ha uno spazio in deficit decisamente ostico. E’ stato ricavato dalle stime fissate dall’esecutivo nella Nota di aggiornamento al Def approvata dal consiglio dei ministri.

Ma cosa significa? Che l’economia cresce ma non troppo, che il sovranismo paga ma non sempre e che ora bisognerà fare i conti con una Ue in cui Roma si è fatta più nemici che amici.

Magari è un po’ confusa.

LUCA SANTOVINCENZO

Luca Santovincenzo

Il mandato elettorale è libero, pieno, senza vincoli se non quello della propria coscienza nel modo di interpretare la volontà degli elettori. E ad Anagni è chiara la volontà di LiberAnagni di non fare squadra con il resto della minoranza. Lo dicono le posizioni assunte nelle scorse sedute, lo confermano quelle assunte durante il Consiglio di giovedì.

L’esponente di LiberAnagni Luca Santovincenzo in una circostanza ha votato contro, mentre il resto dell’opposizione si asteneva; nel caso successivo si è astenuto, mentre il resto dell’opposizione votava contro.

Ferma restando la sua libertà di scegliere quale sia la posizione da assumere di volta in volta su ogni punto, la sommatoria delle scelte fatte in questi mesi apre la strada ad un sospetto. E cioè che anche ad Anagni ci sia un piano analogo a quello messo su ad Alatri da Antonello Iannarilli finché è stato in Aula, dall’ex capogruppo FdI Gianluca Borrelli, dal coordinatore cittadino Damiano Iovino.

E cioè tenere una posizione che sia di netta distinzione da chiunque altro. Per potersi presentare tra quattro anni come gli unici che non hanno avuto a che fare né con le scelte della maggioranza né con quelle dell’opposizione.

Se così fosse, sarebbe una scelta legittima: tanto ad Alatri quanto ad Anagni. Ma sarebbe più logico delineare la propria strategia sulla base delle cose di cui la città ha bisogno. E non sulla base di quelle che sono le scelte degli avversari.

Ad Alatri è intervenuto un Commissario per dire che quella strategia non andava bene. Ma lì la questione riguardava un Partito in maggioranza. Qui non possono esserci commissari a mettere bocca e la lista sta all’opposizione. La strategia è un po’ quella usata da Giorgia Meloni quando non è voluta entrare in alcun modo nel Governo Draghi e nelle sue dinamiche. A lei ha pagato, ad Anagni potrebbe pagare. Ma questo non toglie che così si genera un progetto ‘contro‘ e non ‘per‘ qualcosa.

Bastian contrario.